Come si presenta una tendinite?
Chi di noi almeno una volta nella vita non ha sperimentato quella fastidiosa sensazione di peso e vago dolore, o localizzato su una articolazione (la spalla, il ginocchio o il gomito) o anche irradiato a monte o a valle di essa, magari dopo uno sforzo prolungato, a freddo, dopo un periodo di inattività?
Il “fastidio” spesso è stato così intenso e prolungato da ostacolare le normali attività sportive o quotidiane per settimane o mesi. I soli anti infiammatori, pur fornendo un beneficio temporaneo, non lasciano giovamento dopo la sospensione.
E allora iniziava la trafila di consigli, confronti con i compagni di allenamento, visite specialistiche, ecografie, risonanze magnetiche, radiografie, quasi sempre inconcludenti.
E poi, dopo un tempo indeterminato, quasi senza ragione apparente il sintomo svanisce come è insorto.
Probabilmente si trattava di una tendinite.
Queste comuni e indesiderate compagne delle nostre attività sportive sono state oggetto di studio dei maestri della traumatologia dello sport. Interi trattati, libri di testo, articoli pubblicati quotidianamente sulle più quotate riviste scientifiche ne parlano con intramontato interesse.
Anatomia di base:
Il muscolo scheletrico è responsabile del movimento delle ossa, permettendo di camminare, sollevare, saltare e compiere movimenti di vario genere. L’esecuzione del movimento è possibile grazie alla contrazione di un muscolo attivatore (agonista) dell’articolazione tributaria ed al rilasciamento del suo antagonista. La struttura che trasmette la forza della contrazione muscolare al capo osseo tributario è il tendine, una struttura fibro-elastica flessibile e particolarmente resistente.
I tendini sono di diverse sezioni e dimensioni.
Alcuni, presenti negli arti superiori a livello dell’avambraccio, pur essendo molto piccoli e sottili, consentono non solo l’esecuzione di movimenti fini delle dita, ma anche l’azione della presa, di intensità spesso notevole, come avviene negli esercizi di sollevamento pesi.
Altri ancora, come il tendine quadricipitale e achilleo sono molto più spessi e sono deputati a contrastare la forza di gravità nella stazione eretta in fase statica e dinamica (passo-corsa).
Quando funzionano normalmente i tendini scorrono nelle loro logge lubrificate (guaine tendinee) in maniera fluida ed efficiente.
Quali sono le cause di una tendinite?
Talvolta, per diverse ragioni, un tendine si infiamma, il movimento del tendine nella sua strada anatomica perde di fluidità ed il meccanismo di trazione esercitato dal muscolo diviene un ulteriore stimolo irritativo.
La causa più comune di tendinite è su base irritativa per il sovraccarico funzionale.
Comunemente l’atleta dilettante avvia un programma di esercizi senza una tecnica di allenamento di base (riscaldamento, controllo del movimento) , o incrementa i propri carichi di lavoro sconsideratamente, e allora inizia a sperimentare le tendiniti: infatti il tendine che non sia preparato ai nuovi carichi di lavoro non è “educato” allo sfruttamento delle proprietà di elasticità che lo contraddistinguono, ed il suo sovraccarico comporta una infiammazione. Questa, se misconosciuta può cronicizzare nel perseverare di un allenamento improprio.
Un’altra causa comune di tendinite è su base degenerativa correlata all’età (tendinosi).
Con il passare degli anni, il tendine perde le proprietà elastiche e vascolari che lo caratterizzano nelle prime 2-3 decadi di vita. L’aumento relativo della sua rigidità , comporta una minore compliance del tendine agli stress meccanici sulle fibre costitutrici, che si possono lacerare per non guarire (sfibrillamento) o guarire male (deposizione di sali di calcio – tendinopatie calcifiche). Nelle forme degenerative, è piuttosto frequente anche la rottura del tendine (es. tendini della cuffia dei rotatori della spalla, tendine d’Achille).
Un ultimo gruppo di flogosi tendinea è quello delle tenosinoviti, in cui non è tanto il tendine ad essere infiammato, quanto la guaina sinoviale (loggia lubrificata) in cui scorre. In questi casi, o per la presenza di piccole deformità del tendine (cisti irritative o degenerative) o per alterazioni infiammatorie della guaina stessa, il tendine non scorre con la dovuta fluidità, ma “grippa”, irritando ulteriormente la guaina.
Classificazione anatomo-patologica
Tendinopatie inserzionali
Tenosinoviti stenosanti
Tenosinoviti ipertrofico-essudative
Peritendiniti
Tendinosi
Forme miste
Lussazioni
Rotture sottocutanee
Le sedi più colpite
Tutte le articolazioni, dalle grandi (spalla, anca, ginocchio) alle piccole (gomiti, caviglie) possono essere sede di tendiniti. Tra i praticanti di body-building a livello amatoriale a farla da padrone è la tendinite del Capo Lungo del Bicipite Omerale della spalla.
Il disturbo spesso insorge dopo uno sforzo eseguito in fase di contrazione eccentrica dei muscoli della spalla ad esempio in fase di spinta su panca piana, panca inclinata o lento dietro. Il tendine, stirato oltre quanto concesso dalla sua riserva elastica si lacera in maniera invisibile ad occhio nudo, e si genera una infiammazione. Dopo una fitta iniziale il disturbo diviene più vago, associato ad un senso di peso doloroso anche notturno nella regione antero-mediale della spalla, spontaneo o provocato dai movimenti. Occasionalmente si può avvertire una sensazione meccanica di click-clack nella stessa sede, ai movimenti di intrarotazione o extrarotazione della spalla (sublussazione del tendine).
La diagnosi
La comparsa di sintomi sospetti deve allertare l’atleta, e porlo nelle condizioni di identificare, se possibile, un “primum movens” del disturbo.
In prima istanza si impone il riposo funzionale dell’articolazione colpita, con la sospensione immediata di tutte le attività motorie non necessarie. Questa, da sola può essere risolutiva,e talora, diagnostica della patologia.
A dispetto di qualunque accertamento diagnostico fai da te resta necessaria una visita ortopedica o fisiatrica, che grazie alla anamnesi ed all’esame obiettivo, permette nella stragrande maggioranza dei casi una tempestiva diagnosi. Solo nei casi dubbi, in cui si sospettino lesioni associate, può essere richiesta una ecografia o una risonanza magnetica mirata su un territorio specifico. Nelle forme degenerative, il sospetto di tendinopatie calcifiche può richiedere anche l’impiego di RDX in particolari proiezioni.
Il trattamento
Le forme acute, subacute, croniche, qualunque esse siano, tutte richiedono in primis il riposo, con buona pace dell’anima (dura lex sed lex!!).
Sulla base della diagnosi clinica e strumentale è possibile identificare la sede e le caratteristiche del disturbo, ed approntare le terapie appropriate che variano molto a seconda che si tratti di tendinite acuta o cronica.
Generalmente queste sono:
terapia fisica (crioterapia, stretching, potenziamento isometrico-isotonico contro resistenza, tecarterapia, ionoforesi)
medica (FANS o Corticosteroidei assunti per os o infiltrati localmente)
terapia chirurgica (riservata a casi cronici selezionati, resistenti alle terapie mediche).
Resta sempre doveroso segnalare che questo semplice articolo vuole avere un carattere unicamente divulgativo. Dovere del medico è prima di tutto scoraggiare qualunque iniziativa terapeutica fai da te, ed indirizzare il paziente verso un coscienzioso inquadramento delle problematiche cliniche, degli iter diagnostici e delle terapie più utili e adeguate.
Dr. Luigi Mossa
Medico Chirurgo specializzando in Ortopedia