FATTORI PRERECETTORIALI, RECETTORIALI (GENETICI) E POSTRECETTORIALI (INTRACELLULARI) NELLO SVILUPPO DELL’ INSULINO RESISTENZA (Zierath 2000)
Lo stato di insulina resistenza si determina da una profonda disregolazione delle azioni metaboliche intracellulari dell’insulina nei tessuti insulino dipendenti (stimolazione della glicogenosintesi, lipogenesi e proteino sintesi, inibizione della lipolisi, glicogenolisi, proteolisi, ecc).
L’insulino resistenza è una condizione tipica nello sviluppo del diabete tipo 2, così come nell’obesità e in altre condizioni patologiche.
In essa possiamo distinguere fattori prerecettoriali, recettoriali (difetti genetici) e postrecettoriali (intracellulari) in grado di determinare lo sviluppo di insulino sensibilità. L’insulino resistenza nell’obesità e nel diabete tipo 2 è caratterizzata da difetti a molti livelli in cui è possibile constatare una diminuita concentrazione dei recettori insulinici e della loro rispettiva attività chinasica, una diminuita concentrazione e fosforilazione degli IRSs, una diminuzione dell’attività della PI 3-Kinasi, una diminuita traslocazione delle proteine GLUT4 coinvolte nel trasporto del glucosio, una diminuita attività degli enzimi intracellulari, ecc. Nei soggetti allenati si osserva una riduzione della secrezione di insulina che è espressione di una maggiore sensibilità dei tessuti all’ormone e quindi, in termini pratici significa minor probabilità di sviluppare uno stato di insulino resistenza.
Fattori prerecettoriali
TNF alfa (Steensberg 2001, Saltiel 2001)
Serve a limitare l’espansione della massa adiposa. E’ prodotto dagli adipociti e dalle cellule infiammatorie e svolge un ruolo importante nell’insorgenza dell’insulino resistenza e dell’aterogenesi. La sua produzione è inibita dall’interleukina 6 (IL-6), che è una citochina prodotta in corso di esercizio dai muscoli coinvolti nella contrazione in quantità correlata all’intensità e alla durata dello sforzo e dal livello endomuscolare di glicogeno. Bassi livelli di glicogeno favoriscono la produzione di IL-6 che ha diversi effetti: a livello del tessuto adiposo favorisce la lipolisi dei trigliceridi e inibisce la produzione di TNF alfa che ha un ruolo patogenetico nell’insorgenza dello stato di insulino resistenza e a livello epatico favorisce la glicogenolisi. La sintesi di TNF alfa è aumentata negli adipociti dei soggetti obesi ed è il responsabile della fosforilazione della serina degli IRS-1, determinando in questo modo una riduzione dell’attività dei recettori tirosina-chinasici e quindi dello stato di insulino resistenza. Nei roditori, reagenti anti TNF alfa migliorano significativamente l’insulino resistenza; nell’uomo alcuni limitati studi hanno invece documentato che questo meccanismo non produce nessun o scarsi effetti sull’insulino resistenza. Il TNF alfa aumenta inoltre la degradazione delle sfingomieline la cui concentrazione risulta correlata positivamente con l’obesità.
Adiponectina (Acrp30) (Berg 2001, Saltiel 2001)
Sono stati identificati un cospicuo numero di fattori coinvolti nel metabolismo energetico che sono espressi esclusivamente o in forma predominante e rilasciati dal tessuto adiposo. L’Acrp30 è uno di questi fattori che risulta coinvolto nel controllo sistemico dell’insulino sensibilità ed è costituito da una proteina di 247 aminoacidi. Recentemente è stato osservato che elevando farmacologicamente i livelli di Acrp30 si determina un transitorio abbassamento dei livelli glicemici, mentre nei soggetti obesi e diabetici di tipo 2 sono stati evidenziati bassi livelli plasmatici di adiponectina indicando in questo modo una correlazione con l’insulino resistenza. Questo effetto viene principalmente ottenuto attraverso una riduzione del rilascio del glucosio da parte del fegato in conseguenza di una migliorata insulino sensibilità. In laboratorio sono stati prodotti modelli che si basano su roditori che esprimono elevati livelli di Acrp30 tre o quattro volte superiori ai livelli normali che risultano caratterizzati da una notevole sensibilità dei recettori insulinici, da un diminuito livello plasmatico degli FFAs, da una ridotta quantità di trigliceridi nei muscoli e nel fegato e da una aumentata espressione dei geni coinvolti nell’ossidazione degli acidi grassi e nella spesa energetica. Questi tipo di studi dimostrano il coinvolgimento diretto e indiretto dell’Acrp30 nel metabolismo dei carboidrati e dei lipidi e quindi sulla sensibilità insulinica. Per quanta riguarda gli effetti dell’esercizio fisico non accompagnato a riduzione di peso non sono state osservate modificazioni significative dei livelli plasmatici di adiponectina in contraddizione con un paio di abstracts presentati a San Francisco (USA) nella Diabetes Conference 2002 in cui invece si mette in evidenza che l’attività fisica determina un incremento di questa proteina.
Obesità (Khan 2000, Booth 2002)
Un soggetto viene considerato obeso quanto il suo peso corporeo supera del 20% rispetto a quello raccomandato per una data altezza. L’obesità consiste in una espansione della massa adiposa oltre i limiti fisiologici causando, molto spesso (80% dei casi), uno stato di insulino resistenza i cui meccanismi non sono ancora ben chiari. La prevalenza di diabete è circa tre volte maggiore nelle persone obese. L’insulino resistenza è la conseguente iperinsulinemia, oltre ad essere causate dall’obesità, possono contribuire esse stesse allo sviluppo eccessivo della massa adiposa. La funzione degli adipociti può essere considerata anche come ghiandola endocrina, con ampi effetti in altri organi incluso il cervello. Il rilascio di una notevole quantità di molecole che includono ormoni quali la leptina, le citochine come il TNF alfa, e i substrati quali gli FFA permettono al tessuto adiposo di avere un ruolo fondamentale nel bilancio energetico dell’organismo e nell’omeostasi glucidica. Le sfingomieline (ceramide) risultano positivamente correlate all’obesità. L’adiponectina (acrp30) è un fattore rilasciato dal tessuto adiposo che ha un’importante funzione nel metabolismo energetico ed è coinvolta nel controllo della sensibilità sistemica dell’insulina. Un aumento farmacologico di questo fattore ha dimostrato un ridotto livello glicemico da diminuito rilascio epatico di glucosio in conseguenza della migliorata sensibilità all’insulina. L’ossidazione degli FFA non solo provvede a fornire energia ai tessuti, ma implica anche una ridotta utilizzazione del glucosio. Questo effetto regolatore degli FFA è conosciuto come ciclo glucosio-acidi grassi. L’obesità può essere parzialmente spiegata come iperfagia e ridotta attività fisica che determinano un bilancio energetico positivo con deposito di energia chimica sotto forma di trigliceridi nell’organismo. Il tessuto adiposo è l’organo più importante per il deposito dei lipidi. Miglioramenti metabolici associati ad una riduzione della massa adiposa includono dei cambiamenti riguardanti il metabolismo dei carboidrati e dei lipidi che possono ridurre il rischio di sviluppare malattie quali il diabete e le patologie cardiovascolari generalmente associate ad una obesità distrettuale localizza a livello dell’addome (obesità viscerale). L’obesità viscerale in particolare interagisce con l’inattività fisica incrementando in questo modo il rischio di malattia coronarica e di diabete tipo 2, che è un altro fattore di rischio indipendente di malattia delle coronarie. Secondo alcuni recenti studi, l’obesità si associa ad un peggioramento del sistema di trasferimento interno del segnale insulinico determinando nell’adipocita una diminuita attività del trasduttore IRS-1, che contribuisce ovviamente allo sviluppo di insulino resistenza. Da sottolineare un paradosso molto importante. Sia l’eccesso che l’assenza di tessuto adiposo causano insulino resistenza mettendo in evidenza la complessità di questa correlazione. Il tessuto adiposo, considerato oggi come un organo endocrino, svolge funzioni complesse (vedi es. secrezione della leptina ed effetti multipli da essa prodotti, ecc.). Conoscenze scientifiche prodotte nell’ultimo decennio hanno evidenziato importanti aspetti biologici degli adipociti che come ghiandola endocrina finiscono per produrre i loro effetti in altri organi, in particolare a livello del sistema nervoso centrale. Il rilascio di una varietà di sostanze quali la leptina, il TNF alfa e substrati quali gli FFAs permettono al tessuto adiposo di svolgere un ruolo importante nell’omeostasi del glucosio e nel bilancio energetico del soggetto. Nella opulenta società moderna, l’obesità ha raggiunto proporzioni epidemiche per cui si rende necessario, ai fini della prevenzione delle patologie ad essa associate, spostare l’equazione relativa all’assunzione ed utilizzazione energetica verso una ridotta scorta lipidica offrendo in questo una grande opportunità di modificare positivamente il decorso della patologia umana. In corso di esercizio fisico, specialmente di bassa o moderata intensità il tessuto adiposo provvede a fornire una parte considerevole di substrati al muscolo scheletrico (30-90%). Durante l’attività fisica di moderata intensità la lipolisi nel tessuto adiposo aumenta di due o tre volte rispetto al valore basale. Inoltre, la percentuale di acidi grassi riesterificati nel tessuto adiposo diminuisce e conseguentemente un’aumentata quantità di acidi grassi vengono forniti ai muscoli in attività. I principali stimolatori della lipolisi in corso di esercizio fisico sono costituiti da un aumento dell’attività del sistema nervoso simpatico adrenergico e da una diminuzione della concentrazione di insulina. Alcuni studi inoltre dimostrano che la sensibilità del tessuto adiposo alla risposta adrenergica aumenta nel corso di una singola seduta di esercizio fisico. I soggetti allenati, in corso di esercizio, ossidano una maggiore quantità di acidi grassi rispetti ai soggetti sedentari. Gli effetti dell’allenamento sull’attività dell’enzima lipasi ormono sensibile (HSL), che costituisce il fattore limitante nella lipolisi, ha effetti contrastanti in quanto sono stati evidenziati aspetti che determinano un aumento e una diminuzione di attività. Studi scientifici documentano che la lipolisi nel tessuto adiposo da soppressione insulinica è più sensibile nei soggetti allenati rispetto ai sedentari. Gli FFAs sono prodotti durante la lipolisi dei trigliceridi in molti tessuti e fino a tempi recenti non è stato possibile valutare direttamente in corso di esercizio fisico il ruolo relativo dei vari depositi. La quantità delle scorte del tessuto adiposo intraddominale si correla direttamente con l’insulino resistenza ed è considerata un fattore importante nello sviluppo del diabete tipo 2, dell’iperlipemia e dell’ipertensione arteriosa. L’ossidazione generale degli acidi grassi aumenta in risposta all’esercizio e raggiunge il suo picco massimo a circa il 60% della VO2 max. Inoltre, l’ossidazione lipidica aumenta con la durata dell’esercizio caratterizzato da moderata intensità. L’esercizio incrementa lipolisi sia nel tessuto adiposo sia nei muscoli coinvolti nella contrazione, mentre gli FFA plasmatici derivanti dai trigliceridi contribuiscono nel periodo postprandiale solo molto parzialmente al metabolismo dell’esercizio.
Leptina (Zaccaria 2002; Gabriely 2002, Nindl 2002, Saltiel 2001)
La concentrazione serica di leptina è ridotta in presenza di un bilancio energetico negativo. La leptina è una proteina scoperta nel 1994 che è espressa e prodotta dal tessuto adiposo ed ha la funzione di controllare l’assunzione degli alimenti mediante l’attivazione di segnali di sazietà a livello ipotalamico (neuropeptide Y), che è il centro di controllo dell’appetito nel cervello. In condizione di equilibrio energetico la leptina è considerata un buon indice della quantità di grasso depositata nell’organismo, mentre in condizioni di sbilancio la leptina non può più essere considerata un marker fedele della quantità di energia chimica di tipo lipidico presente in un determinato soggetto. Infatti, nel digiuno prolungato caratterizzato da un bilancio energetico negativo la concentrazione di leptina è diminuita, mentre nella sovralimentazione in cui si determina un bilancio energetico positivo il livello di leptina è aumentato. Solo l’esercizio fisico estremo che determina un elevato dispendio energetico è in grado di ridurre la concentrazione di leptina. I risultati contradditori sulle risposte della leptina ai vari tipi di esercizi potrebbero essere spiegati sulla base delle differenti procedure sperimentali (es. protocolli di esercizi, dieta prima e durante esercizio fisico, ritmi circadiani). Il digiuno prolungato provoca una caduta della leptina a partire dalla 12a ora. La somministrazione cronica di leptina fa diminuire l’assunzione di cibo determinando conseguentemente una riduzione della massa adiposa in particolare a livello viscerale, con un parallelo significativo miglioramento dell’azione dell’insulina a livello epatico e periferico. La leptina dal p.v. molecolare è un peptide di 16-K prodotto dagli adipociti che può modulare molte alterazioni metaboliche associate ai processi di invecchiamento (obesità, cambiamento della distribuzione adiposa, insulino resistenza). La somministrazione cronica di leptina fa diluire l’assunzione cibo e induce una riduzione della massa adiposa a livello viscerale con un parallelo significativo incremento dell’azione epatica e periferica dell’insulina. Le azioni principali della leptina riguardano il controllo dell’assunzione alimentare, la massa adiposa e la sua espressione genica a livello degli adipociti. La leptina comunica lo stato delle scorte energetiche dell’organismo al SNC. L’invecchiamento e l’obesità determinano uno stato di leptino resistenza con conseguente aumento del livello plasmatico della leptina stessa. I soggetti obesi presentano alte concentrazioni di leptina nel tentativo di ridurre l’introduzione calorica alimentare e di aumentare la termogenesi, entrambi meccanismi fisiologici di rimozione dell’energia chimica. La leptina funziona non solo come segnale di sazietà e di soppressione dell’appetito, ma anche tramite i suoi recettori presenti nelle cellule e nei vasi di recente formazione interviene nel modulare l’attività immunologia ed emodinamica. Con l’invecchiamento aumentano i livelli plasmatici di leptina che determinano uno stato di resistenza all’azione della stessa leptina e possono spiegare perché le persone anziane presentano un’obesità di tipo addominale accompagnata spesso da insulino resistenza.
Amilina (Kraemer 2002)
L’amilina è un ormone polipeptidico di 37 aminoacidi cosecreto con l’insulina dalle cellule beta pancreatiche delle Isole del Langherhans in risposta agli stimoli alimentari. Esercita la sua azione sul controllo glicemico post prandiale essenzialmente traimite i seguenti meccanismi:
a) soppressione della secrezione di glucagone che è uno dei più potenti stimoli della glicogenesi a livello epatico;
b) modulazione della disponibilità dei nutrienti nel transito stomaco-duodeno;
c) riduzione di assunzione di cibo mediante stimolazione dei rispettivi recettori ad alta densità localizzati nel SNC la cui stimolazione è in grado di anticipare il senso di sazietà e quindi di limitare l’assunzione di cibo e la relativa introduzione calorica. Nei pazienti diabetici tipo 2 il deficit parziale di amilina, che tende ad accumularsi al di fuori della cellula beta assumendo le caratteristiche tintoriali dell’amilodie, contribuisce a determinare uno sbilanciamento glicemico dovuto ad un alterato rapporto fra entrata ed uscita di glucosio. Protocolli di esercizio fisico intermittente di moderata e media intensità hanno dimostrato degli importanti aumenti plasmatici di amilina.
Bilancio energetico (Khan 2000)
Ci sono evidenze scientifiche che incriminano il bilancio energetico positivo derivante da un eccesso di assunzione calorica alimentare oppure da un ridotto dispendio energetico da inattività quale fattore centrale nello sviluppo dell’insulino resistenza e nella patogenesi di molte altre malattie metaboliche. Con l’invecchiamento si verifica una graduale riduzione del metabolismo basale, non accompagnato molto spesso da una proporzionale riduzione dell’assunzione dei nutrienti alimentari. Il tessuto adiposo, considerato oggi come un organo endocrino, riveste un ruolo fondamentale in grado di dire che cosa fare ad altri organi che si occupano di accumulare energia. L’effetto dell’allenamento nel mantenimento di un equilibrato bilancio energetico è un importante aspetto nella prevenzione del diabete tipo 2, così come di altri tipi di patologie.
SFFA (Shulman 2000, Saltiel 2001, Sihna 2002)
Gli FFA sono mobilizzati dal tessuto adiposo e vengono ossidati dal muscolo e dagli altri tessuti dell’organismo.Viaggiano nel plasma trasportati dall’albumina la cui concentrazione esercita un ruolo parziale nel controllo dell’ossidazione lipidica nel muscolo. Non solo, l’ossidazione degli FFA esercita entro determinate condizioni anche un controllo sul tasso di utilizzazione ed ossidazione del glucosio. Il ciclo glucosio-acidi grassi ha quindi un ruolo nell’insulino resistenza e nel disturbo metabolico ad esso associato. L’ossidazione degli FFA può inibire l’utilizzazione del glucosio e del glicogeno. L’allenamento determina la capacità di indurre una aumentata rimozione dei TG dal circolo. Una notevole percentuale dei grassi ossidati durante l’esercizio è di provenienza intramuscolare. Molti dei rimanenti grassi ossidati provengono dagli FFA originati dal tessuto adiposo. Ci sono molte evidenze scientifiche nelle quali si dimostra che gli FFA vengono captati dal muscolo tramite la mediazione di uno specifico sistema di trasporto. A causa della scarsa solubilità, il 99% degli FFA si trova nel plasma legato all’albumina che manifesta un’alta affinità per questo tipo di lipide. In condizioni di iperlipemia un’alta percentuale del flusso totale di FFA avviene tramite la via della diffusione passiva. La sostituzione alimentare degli acidi grassi saturi con gli insaturi determina un minore accumulo di tessuto adiposo a livello addominale e conseguentemente migliora l’insulina sensibilità. Quando gli acidi grassi nei muscoli e nel fegato non sono sufficientemente utilizzati, il loro accumulo non solo impedisce all’organismo di consumare calorie ma può portare all’insulino resistenza, che aumenta il rischio di sviluppare diabete. Elevati livelli di FFA sono caratteristiche di obesità, insulino resistenza e diabete tipo 2. L’insulino resistenza è uno dei maggiori fattori nella patogenesi del diabete tipo 2 e recenti studi hanno dimostrato una forte correlazione fra l’aumento della concentrazione plasmatica degli acidi grassi e molti stati di insulino resistenza, fra cui il diabete tipo 2 e l’obesità. E’ stata osservato, anche a digiuno, una correlazione inversa fra concentrazione degli acidi grassi e insulino sensibilità, supportanto l’ipotesi che un alterato metabolismo lipidico può contribuire a determinare un ulteriore stato di insulino resistenza nei pazienti diabetici. Inoltre, alcuni recenti studi effettuati tramite biopsia muscolare o tramite NMR hanno dimostrato una forte correlazione fra accumulo intracitoplasmatico di trigliceridi nella cellula muscolare e insulino resistenza. Sembra che il meccanismo tramite il quale gli FFA inducono insulino resistenza sia costituito da una maggiore proporzione di acidi grassi saturi dei fosfolipidi di membrana e dalla quantità e saturazione degli acidi grassi intramiocellulari. Infatti, gli acidi grassi saturi, quali l’acido palmitico, specificatamente inibiscono l’attivazione della PKB e conseguentemente anche la captazione cellulare del glucosio mediata dall’insulina e la capacità di sintesi del glicogeno. L’attività fisica determina l’attivazione del catabolismo generale inducendo quindi un incremento della lipolisi nono solo nel tessuto adiposo ma anche a livello muscolare. Per un certo periodo di tempo si è pensato che il principale meccanismo coinvolto nella lipolisi intramuscoalre fosse determinato dalla lipoproteina lipasi intracellulare. Comunque, questo enzima è sintetizzato come una proteina secretoria e non ha un appropriato ottimo pH. Queste caratteristiche non sono applicabili alla lipasi ormono sensibile del tessuto adiposo, che recentemente è stata trovata anche nel muscolo. La lipasi ormono sensibile nel muscolo può essere simultaneamente fosforilata e attivata dalla proteina kinasi cAMP dipendente. La degradazione dei trigliceridi e del glicogeno nel muscolo può essere regolata da enzimi, rispettivamente lipasi ormono sensibile e glicogeno fosforilasi, che sono attivati in parallelo e sotto il duplice controllo del calcio e degli ormoni. Ci sono infatti evidenze scientifiche che dimostrano l’attivazione simultanea, nel muscolo, della lipoproteina lipasi (LPL) e della lipasi ormono sensibile. La cellula adiposa è importante nella regolazione metabolica generale quanto rilasciando gli FFAs riduce la captazione del glucosio da parte del muscolo, la secrezione insulinica delle cellule beta e aumenta il rilascio ematico del glucosio da parte del fegato. La cellula adiposa secerne anche le “adipokine” quali ad esempio la leptina, l’adiponectina e il TNF, che regolano l’assunzione di cibo, la spesa energetica e l’insulino sensibilità.
VEDI ANCHE:
Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (prima parte)
Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (terza parte)
Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (quarta parte)
Laurea in Scienze Motorie
Tesi di laurea: Ruolo dell’esercizio fisico nella prevenzione primaria del diabete tipo 2: aspetti molecolari
Relatore: Ch.mo Prof. Federico Schena
Laureando: Ginetto Bovo
Anno accademico 2001-2002
Ginetto Bovo
Dr. in scienze motorie, docente di educazione fisica