Le Vitamine

In questo articolo vengono approfondite le differenze tra vitamine liposolubili ed idrosolubili, considerandone il fabbisogno giornaliero che uno sportivo necessita.

Inoltre, è presente anche un breve trattato sulla formazione dei radicali liberi e dei danni muscolari ad essi connessi. I radicali liberi sono una minaccia che lo sportivo non deve sottovalutare.

Gli atleti hanno l’esigenza di ottimizzare l’alimentazione quotidiana in modo da avere energia supplementare per l’allenamento, come anche i nutrienti necessari per i processi di costruzione e riparazione dei corpo.

L’alimentazione per un miglior rendimento sportivo non riguarda soltanto ciò che si mangia prima o dopo l’esercizio fisico che avete prodotto. Ogni giorno bisogna mangiare una varietà di alimenti che forniscano i nutrienti essenziali e l’energia necessaria per espletare le normali attività quotidiane. In quanto atleti però, si ha l’esi­genza di ottimizzare l’alimentazione quotidiana in modo da avere energia supplementare per l’esercizio, come anche i nutrienti necessari per i processi di costruzione e riparazione del corpo. Ci sono sei categorie di nutrienti di cui il corpo ha bisogno per sopravvivere: i quattro nutrienti base noti anche come macronutrienti sono l’acqua, i carboidrati, i grassi, e le proteine, oltre le due classi di micronutrienti che sono le vitamine ed i sali minerali. Per raggiungere quindi il massimo rendimento, tanto nelle attività quotidiane quanto in un programma di training, è necessario introdurre nell’alimentazione le forme più sane di questi nutrienti cercando di mantenere sempre l’equilibrio di macro e micronutrienti più adatto al vostro stile di vita ed al tipo di attività fisica svolta. Purtroppo la tipica alimentazione occidentale comprende quantità eccessive di grassi saturi ed un’eccessiva percentuale di zuccheri semplici. Dobbiamo quindi cercare di aumentare l’assunzione di acidi grassi “buoni”, e diminuire al contempo il consumo di alimenti trattati industrialmente che risultano ricchi di zucchero e poveri di nutrienti essenziali. Quotidianamente i carboidrati, i grassi e le proteine ci forniscono energia per svolgere le nostre attività quotidiane e per le funzioni di conservazione e di ricostruzione del tessuto muscolare oltre che al nostro sistema osteoarticolare. Per ottenere un adeguato apporto di questi macronutrienti, si dovrebbe assumere il 60% di calorie provenienti dai carboidrati, il 25% dai grassi e il 15% dalle proteine. Chi pratica attività sportive, vedrà il proprio fabbisogno aumentare, per cui saranno necessarie maggiori quantità di macronutrienti, prestando bene attenzione all’assunzione di proteine, in modo da bilanciare parte della scomposizione delle proteine che avviene durante l’esercizio fisico. Questo potrebbe essere ottenuto utilizzando integratori proteici nella dieta, soprattutto quelli a basso contenuto di scorie azotate che appesantiscono la funzione renale. Come appare bene evidente la corretta assunzione di macronutrienti è fondamentale per raggiungere e mantenere un buono stato di salute, così come lo sono altrettanto i micronutrienti, vitamine e sali minerali. Questi sono necessari in quantità minime ma sono fonda­mentali per un rendimento ottimale di tutte le nostre funzioni. Questi agiscono da cofattori, ovvero essi devono essere presenti affinché altre sostanze e fattori possano svolgere le loro molteplici e diverse funzioni: sono come le microscopiche viti che consentono agli ingranaggi del nostro orologio di girare e farlo funzionare. Quindi come cofattori sono coinvolti nella produzione di energia, nel trasporto dell’ossigeno, vero elemento vitale dell’uomo, nell’azione muscolare e nella crescita. Rappresentano anche importanti componenti strutturali, oltre al fatto che alcuni tipi di vitamine e di minerali svolgono attività antiossidante, proteggendo organi, apparati e tessuti dal danno dei radicali liberi. Emerge a questo punto quanto delicato e composito risulti articolare una buona alimentazione e l’uso degli integratori non rappresenta una scorciatoia alla soluzione del problema, anche perché non è molto agevole sapere se si assumono vitamine e sali minerali nelle quantità adeguate per garantirsi un buono stato di salute. Per avere la garanzia di soddisfare i fabbisogni di una salute ed un rendimento ottimale è consigliabile seguire un sistema di raccomandazioni alimentari chiamato PDI (Performance Daily Intakes) o Dosi Giornaliere per il Rendimento indicate specialmente per gli sportivi che compensano il maggiore fabbisogno nutritivo che gli atleti hanno rispetto ai non atleti.

Che cosa sono le vitamine

Per soddisfare i bisogni e ottenere un rendimento ottimale si consiglia di seguire il sistema alimentare PDI Performance Daily Intakes – o Dosi Giornaliere per il Rendimento. Le vitamine sono a composti organici che regolano e facilitano milioni di reazioni chimiche che avvengono nel corpo. Non forniscono energia al corpo di per se, ma aiutano la scomposizione dei macronutrienti per produrre energia. Il corpo non è in grado di produrre da solo le vitamine, o quanto meno non in quantità sufficienti, per cui occorre recuperarle dal cibo o dagli integratori. Le tredici vitamine essenziali si dividono in due, gruppi. Un gruppo consiste nelle vitamine liposolubili, che il corpo è in grado di assorbire ed immagazzinare per settimane o mesi nel tessuto adiposo. Il secondo gruppo consiste nelle vitamine idrosolubili, che si trovano nei liquidi corporei, e devono essere integrate ogni giorno perché vengono escrete rapidamente.

LE VITAMINE LIPOSOLUBILI

Le vitamine A,D,E e K sono vitamine liposolubili che il fegato ed i tessuti adiposi immagazzinano finché il corpo non ne ha bisogno. Queste sostanze per essere veicolate ed assorbite richiedono la presenza di grassi nella dieta. La carenza di tali vitamine si riscontra soprattutto in quei soggetti che seguono una dieta povera di grassi. Inoltre occorre essere molto cauti con le integrazioni di queste vitamine tramite integratori, perché quando assunte in eccesso, possono raggiungere livelli tossici, data la foro capacità di accumulo proprio nelle cellule adipose.

La vitamina A


La vitamina A è importante per i suoi effetti positivi sulla vista. Risulta necessaria per la crescita e lo sviluppo cellulare, per il mantenimento e l’integrità dei tessuti epiteliali, che costituiscono la pelle e le cellule che rivestono i tratti respiratori e digerente. Agisce inoltre sulla formazione delle ossa e dei denti ed è fondamentale per il mantenimento in efficienza dei sistema immunitario. Buone fonti di vitamina A sono il fegato, l’olio di fegato di pesce, il rosso d’uovo, il latte intero e derivati come burro, panna e margarina. La vitamina A può essere convertita nel nostro organismo dai carotenoidi, composti chimici che si trovano nel pigmento delle piante rosse e gialle. il più famoso è il betacarotene. che svolge un’azione antiossidante che neutralizza i radicali liberi e i danni da essi provocati.

La PDI di vitamina A varia dalle 5.000 alle 25.000 IU (Unità Internazionali). Per il betacarotene, la PDI può andare dalle 15.000 alle 60.000 IU per gli atleti non impegnati in attività di resistenza, mentre può salire dalle 20.000 alle 80.000 IU per gli atleti impegnati in attività atletiche di resistenza.

La vitamina D


Questo composto favorisce l’assorbimento dei calcio ed il fosforo, che rappresentano due dei fondamentali componenti dei tessuto osseo. Si ritiene che la vitamina D migliori la forza muscolare e anch’essa migliora il funzionamento dei sistema immunitario. La PDI di vitamina D va dalle 400 alle 1000 IU e si trova in alimenti quali: uova, burro, fegato e in alcuni tipi di pesce come aringhe, sgombro, sardine, salmone e gamberi. Anche il latte arricchito con vitamina D è, ovviamente, una buona fonte alimentare.

 

La vitamina E


E’ fondamentalmente un antiossidante e quindi molto importante nel proteggerci dai danni dei radicali liberi. Interviene nei processi di riparazione dei tessuti, in quanto è uno dei fattori di regolazione della coagulazione dei sangue. Le fonti sono rappresentate dagli oli di soia, di mais, di semi di cotone. La vitamina E si trova in quantità sufficienti nelle verdure a foglia verde, nei legumi, nelle noci e nei cereali integrali. La PDI di vitamina E per gli atleti varia dalle 200 alle 1.000 IU.

 

La vitamina K

La vitamina K è un composto fondamentale perché è necessario per la sintesi della protrombina, una proteina cardine dei processo di coagulazione dei sangue. Gli alimenti ricchi di vitamina K sono le verdure a foglia verde, gli asparagi, i broccoli e i cavoli, mentre latte e derivati, uova, cereali e frutta ne contengono una piccola quantità. La PDI va dagli 80 ai 180 microgrammi per persone che praticano attività fisica.

 

LE VITAMINE IDROSOLUBILI

Le vitamine B1 (tiamina), B2 (riboflavina), B3 (niacina), 85 (acido pantoteni­co), B6 (piridossina), B12 (cobalamina) e C (acido ascorbico), l’acido folico e la biotina sono tutte vitamine idrosolubili. Questo significa che il nostro organismo assorbe con facilità questi microcomposti, ma con altrettanta facilità vengono escreti rapidamente con le urine, non si riesce ad immagazzinarli in quantità sufficienti ed è per questo motivo che è importante assumerne dosi adeguate quotidianamente.

 

Il complesso vitaminico B

Le vitamine appartenenti al gruppo B sono importanti coenzimi, ossia cofattori o elementi che consentono agli enzimi di svolgere le loro funzioni, come l’utilizzazione dei carboidrati, i grassi e le proteine per produrre energia.

 

CONOSCIAMOLI MEGLIO
Radicali liberi, i killer delle cellula Radicali liberi

Di recente molti studi si sono concentrati sul rapporto tra la formazione di radicali liberi e i danni muscolari ad essi connessi. Cerchiamo prima di tutto di spiegare cosa sono i radicali liberi: questi si formano come normale conseguenza dei processi metabolici dell’organismo, e possono essere causati anche da fattori ambientali come l’inquinamento e le radiazioni. Tuttavia sarete sorpresi nello scoprire che anche l’esercizio fisico è associato alla formazione di radicali liberi. Cosa sono dunque queste molecole, e quale è la minaccia che rappresentano per l’atleta?

Tutte le cellule dei corpo sono composte da atomi che, a loro volta, contengono coppie di particelle chiamate elettroni. Quando ciascun elettrone di un atomo è accoppiato con un altro elettrone, si parla di atomo stabile. Un radicale libero è un atomo, o un gruppo di atomi (molecola), privo di un elettrone, e viene considerato un elemento molto instabile. Per ritrovare il proprio equilibrio, il radicale libero si attiva per cercare di sottrarre un elettrone ad un altro elettrone. Queste molecole sono note anche come ossidanti perché di solito è l’atomo di ossigeno che perde un elettrone e che quindi sottrae elettroni di altre molecole. Il danno da radicali liberi viene perciò anche chiamato stress ossidativo. E’ stato dimostrato che attività aerobiche a lungo termine, come la corsa, il ciclismo o lo sci di fondo, aumentano la produzione di queste molecole molto instabili. I danni che queste molecole possono determinare sono soprattutto a carico delle membrane delle cellule con le quali vengono a contatto; esse possono essere cellule del sangue o di organi o apparati, come ad esempio l’apparato vascolare dove il danno determinato sulle cellule endoteliali (le cellule che circondano i vasi) può essere considerato propedeutico ai danni cardiovascolari. Inoltre attaccano le pareti delle cellule muscolari e dei mitocondri (piccoli organelli intracellulari che sono fondamentali nella produzione di energia), dove provocano la scomposizione delle proteine e sono anche, almeno in parte, responsabili delle infiammazioni e del dolore muscolare, tutte condizioni che contribuiscono a ridurre la resistenza.

Le ricerche hanno dimostrato che gli antiossidanti possono essere elementi fondamentali nel ridurre il dolore muscolare post esercizio e limitare i danni dello stress ossidativo. Le vitamine e nutrienti simili alle vitamine possono neutralizzare l’azione dei radicali liberi. La vitamina E e la vitamina C sono tra i più noti ed efficienti antiossidanti.

A cura di SPORT & MEDICINA
www.sportmedicina.com
autore: Fausto Spagnoli (Unità Endocrino Metabolica)
da “SPORT E SALUTE” (Anno I, numero 2 – Novembre 2004)

L’ energia nei sistemi biologici e la caloria-Kilocaloria come unità di misura

Le trasformazioni che avvengono nell’organismo umano sono finalizzate alla produzione di energia necessaria per tutti i processi vitali.

Grazie agli alimenti il nostro organismo ricava l’ energia necessaria alla vita e alle sue funzioni tramite i processi di ossidazione o, semplicemente, di “combustione”, che avvengono all’interno del nostro corpo alla temperatura di 37°, sviluppando lentamente energia.

L’energia ricavata dalla combustione degli alimenti si trasforma in:

– lavoro esterno

– calore

– riserve energetiche

Tutte funzioni necessarie alla vita quotidiana.

In un sistema biologico possiamo definire l’energia come una grandezza che può essere trasformata in lavoro. Questa trasformazione viene ricondotta alle attività vitali e al lavoro meccanico che un essere umano può eseguire. La misurazione di queste trasformazioni (Metabolismo Energetico) avviene tramite due unità di misura : la caloria e la Kilocaloria

Caloria (cal)

Fisicamente definiamo caloria la quantità di calore necessaria per innalzare di 1°C la temperatura di 1 kg di acqua, da 14,5° a 15,5° in condizioni standard.

Nel sistema biologico la caloria è la quantità di energia che utilizziamo bruciando le sostanze alimentari in presenza di ossigeno.

Possiamo misurarne l’energia derivata grazie all’utilizzo di un calorimetro

Kilocaloria (Kcal)

Non è nient’ altro che un multiplo della caloria; 1 Kcaloria, infatti, corrisponde a 1000 calorie.

Questo multiplo viene utilizzato prevalentemente in ambito nutrizionale per definire le kcalorie derivate dalla combustione delle proteine, dei carboidrati e dei grassi.

1g di protidi fornisce 4 Kilocalorie

1g di glucidi fornisce 4 Kilocalorie

1g di lipidi fornisce 9 Kilocalorie

Mentre i carboidrati ed i grassi vengono a livello metabolico completamente bruciati, i protidi no, perché necessitano di un’ulteriore operazione di smaltimento del residuo di scorie, derivate dalla loro metabolizzazione/scomposizione. Si può verificare, tramite misure spirometriche, in quali proporzioni vengono utilizzate dall’organismo umano i tre macronutrienti principali (proteine, carboidrati, grassi). La verifica di tale operazione prende il nome di QR (quoziente respiratorio) che indica il rapporto tra la CO2 prodotta e l’O2 consumato nell’unità di tempo. L’ importanza di tale misurazione consiste nel fatto che gli alimenti che bruciano in presenza di ossigeno liberano energia formando CO2, H2O e, a seconda del macronutriente utilizzato, eventuali scorie.

Il quoziente respiratorio dei carboidrati è 1
Il quoziente respiratorio dei grassi è 0,7
Il quoziente respiratorio delle proteine è 0,82, chiaramente per le proteine il rapporto è approssimativo, poiché bisognerebbe valutare la quantità di scorie azotate eliminate dalle urine.

Come si può capire, il QR può diventare veramente efficace nella verifica metabolica e del consumo dei singoli macronutrienti poiché, grazie alla spirometria, possiamo apprendere in che rapporto consumiamo proteine, grassi e carboidrati in diverse situazioni indotte, come, ad esempio, mentre ci alleniamo o quando riposiamo.

La Banana

In questo articolo mi propongo di fare chiarezza sulla effettiva utilità e sulla modalità di utilizzo della banana, in un contesto nutrizionale di un ambito culturistico ovviamente.

Tanto per non essere cafoni, prima di discutere le nostre tesi (le mie più che altro…), facciamo un po’ di presentazioni. Una banana pesa 125-200gr, e la sua composizione è così ripartita:

il 75% è acqua, il 15% sono glucidi (che possono presentarsi più sotto forma di amido se la banana non è completamente matura) e la rimanente parte è costituita da vitamine, minerali, fibre, ecc. La banana è ricca di potassio come molti di voi sanno (350mg per 100gr), presenta inoltre vitamina C, vitamina A, alcune vitamine del complesso B (1 e 2) ma in misura maggiore, una significativa quantità di vitamina PP (chiamata anche B3), la vitamina che protegge dalla pellagra (malattia che anticamente era scambiata per lebbra, tanto per darvi un’idea dell’importanza di questa vitamina).

Non so se vi è mai capitato, ma agli albori della vostra “carriera” in sala pesi, il vostro istruttore nei suoi “suggerimenti nutrizionali” (dato che non si possono prescrivere diete senza una apposita laurea) vi inseriva una banana, prima o dopo l’allenamento. Domanda: Perché? Ma soprattutto, è giusto? O quantomeno, che prospettive apre questa scelta e su quali presupposti è basata?

Prima di rispondere a queste domande, bisogna rispondere ad altre domande basilari, che gettano le basi della teoria che andremo a discutere: la banana si può usare in massa? E in definizione? Prima o dopo l’allenamento? E in pasti lontani dall’allenamento?

I preparatori sono in genere convinti di saper collocare esattamente una banana nei loro “consigli nutrizionali”, la verità è che probabilmente sbagliano tutti!! Ma non perché sono idioti, semplicemente perché per loro la banana è un frutto con caratteristiche organolettiche stabili e ben definite, ma la realtà è davvero differente.

La definizione, intesa come obiettivo, differisce dalla massa principalmente per quantità e qualità dei carboidrati assunti (siete d’accordo?…) oltre che implicitamente, per le calorie, ed è importante a questo punto inserire un concetto che ci servirà per la tesi di questo articolo: l’indice glicemico! Se non sapete cos’è l’indice glicemico (e la carica glicemica) forse allora quest’articolo è ancora un po’ troppo tecnico per le vostre esigenze nutrizionali attuali, e spiegarli in modo dignitoso richiede una apposita trattazione, per cui suggerisco indottrinamento preventivo. Per i “ganzi” invece tutto apposto.

La tavola internazionale degli indici glicemici e dei carichi glicemici della Sydney University’s Glycemic Index Research Service (la più completa ed attendibile fonte in merito) ci insegna molte cose curiose ed utili, nonché ovviamente l’occulto che c’è dietro la nostra povera banana. Alcuni pensano che la banana sia un frutto ad alto indice glicemico: sbagliato!!! Altri pensano che sia un frutto a basso indice glicemico: sbagliato di nuovo!!! Volete capire perché? Beh facile: la qualità dei carboidrati presenti in una banana dipende essenzialmente dai suoi processi di maturazione, dal momento del raccolto e pertanto dalla sua provenienza. La famosa tavola di cui vi parlavo pocanzi, la dice lunga a riguardo. Ecco cosa dice:

Banana italiana, testata su 8 soggetti affetti da diabete tipo 2, ha IG 58, test effettuato a 3h dall’assunzione di una porzione di 120gr contenente 23gr di carboidrati usando il pane bianco* come cibo di riferimento;

Banana canadese, testata su 6 soggetti affetti da diabete tipo 2, ha IG 58, test effettuato a 3h dall’assunzione di una porzione di 120gr contenente 25gr di carboidrati usando il pane bianco come cibo di riferimento;

Banana canadese, testata su 6 soggetti sani, ha IG 62, test effettuato a 2h dall’assunzione di una porzione di 120gr contenente 25gr di carboidrati usando il glucosio come cibo di riferimento;

Banana sudafricana, testata su 8 soggetti sani, ha IG 70, test effettuato a 2h dall’assunzione di una porzione di 120gr contenente 23gr di carboidrati usando il glucosio come cibo di riferimento;

Banana USA matura, testata su 7 soggetti affetti da diabete tipo 2, ha IG 51, test effettuato a 5h dall’assunzione di una porzione di 120gr contenente 25gr di carboidrati usando il glucosio come cibo di riferimento;

Banana danese acerba, testata su 10 soggetti con diabete tipo 2, ha IG 30, test effettuato a 4h dall’assunzione di una porzione di 120gr contenente 21gr di carboidrati usando il pane bianco come cibo di riferimento;

Banana USA leggermente acerba, testata su 7 soggetti con diabete tipo 2, ha IG 42, test effettuato a 5h dall’assunzione di una porzione di 120gr contenente 25gr di carboidrati usando il glucosio come cibo di riferimento;

Banana USA sovramaturata, testata su 7 soggetti con diebete tipo 2, ha IG 48, test effettuato a 5h dall’assunzione di una porzione di 120gr contenente 25gr di carboidrati usando il glucosio come cibo di riferimento;

Banana danese sovramaturata, testata su 10 soggetti con diabete tipo 2, ha IG 52, test effettuato a 4h dall’assunzione di una porzione di 120gr contenente 20gr di carboidrati usando il pane bianco come cibo di riferimento;

*Quando si parla di pane bianco, il valore dell’IG è comunque espresso basandosi sulla scala del glucosio, è stata fatta la conversione matematica, ma lo studio prevedeva il confronto con il pane bianco.

Il glucosio ha un IG = 100 e il pane bianco = 70, mentre se il pane bianco è riferito a un indice di 100, il glucosio ha 143 come indice, un po’ come dire gradi Celsius e Farenheit.

Bene!… O male, come preferite, ciò che conta è:

Potete senza ombra di dubbio stabilire l’esatta provenienza della banana che andrete a consumare?

Potete senza ombra di dubbio stabilire l’entità della maturazione?

Potete senza ombra di dubbio prevedere l’effetto che avrà, pur conoscendo tutti i parametri esaminati, sulla vostra glicemia?

E cosa accade se ingerite una porzione che non sia di 120gr esatti come le porzioni nello studio, senza nemmeno peraltro sapere quanti carboidrati effettivamente contiene?

Come avrete capito, la banana è un frutto di difficile gestione all’interno di un piano alimentare, quindi mangiare a caso una banana prima o dopo l’allenamento, può fare tutto e nulla, ed è comunque una scelta tecnicamente mediocre poiché ci sono alternative migliori e più attendibili. Certo se avessi tutti i parametri sotto controllo, probabilmente in massa mangerei una banana danese acerba 90 minuti circa prima dell’allenamento e una banana sudafricana subito dopo; in definizione invece (diventa anche questione di gusti) abbandonerei la banana sudafricana e consumerei solo quella danese acerba subito dopo l’allenamento… tutto questo naturalmente è soggetto ai gusti personali, voglio dire in definizione probabilmente io personalmente non assumerei carboidrati di alcun genere, ne prima ne dopo l’allenamento ma solo aminoacidi, che sono comunque insulinogeni già di loro.

Vi lascio con un altro paio di nozioni che vi potrebbero interessare; sono quasi sicuro che molti di voi si sono soffermati solo sul concetto di indice glicemico, mentre un altro concetto rilevante è quello del carico glicemico, e cioè del prodotto tra l’indice glicemico di un alimento e la quantità ingerita (tutto diviso 100), qualcosa insomma che avrete sicuramente inteso leggendo quanto redatto prima; in soldoni, mangiare 1 kg di fichi d’india (alimento a bassissimo IG) non è più dietetico del mangiare 100gr di gelato al cioccolato, poiché come avrete finalmente inteso la glicemia è influenzata sia dal tipo di carboidrato che dalla sua quantità, oltre che da tutta una serie di fattori sui quali non mi soffermo. Adesso la chicca: purtroppo la banana è un frutto molto vulnerabile, si dice che sia addirittura in via di estinzione, pertanto per arrivare nel vostro cestino in tutto il suo splendore richiede intensivi trattamenti fitofarmacologici (compresi alcuni antivirali). Quindi, se non si può usare e forse è pure un po’ tossica, meglio scegliere un altro frutto no? 😉 Ora però fatemi un favore e promettetemi che mi racconterete come è andata: andate dal vostro istruttore (se vi ha prescritto una banana) e ditegli: -Senti mi è venuto un dubbio, ma con banana intendevi dire una banana canadese leggermente acerba o una banana sudafricana matura?…- Poi ditemi che faccia fa!…

A proposito, tutto questo discorso è estensibile a svariati altri alimenti, per alcuni dei quali entrano in gioco nuovi fattori quali, ad esempio, il tempo di cottura, la temperatura di cottura, ecc… La stessa università di Sydney sconsiglia di prendere tutti i valori ottenuti come attendibili ma solo come orientativi, poiché ad esempio fattori come la frequenza di svuotamento gastrointestinale (influenzata a sua volta dal ph, dall’osmolarità e dalla fibra solubile) può alterare l’effetto di un determinato tipo di alimento.

Un rigraziamento speciale

all’ autore e redattore dell’ articolo: Enrico De Stefani

Caffè come Doping

Il caffè, come tutte le bevande affini (il tè, il mathè, e la guarana), è un infuso ottenuto con foglie o semi di piante essiccate.

Per quanto nel caffè siano contenuti moltissimi composti (oltre 400), il principio attivo è dato dalla caffeina, il cui contenuto medio è di 60-80mg per tazzina di caffè e di 30mg per tazza di tè.

 

In una bottiglia di Coca-Cola vi sono 40mg di caffeina e in una tavoletta di cioccolato 25mg.

EFFETTI DEL CAFFE’

Essi sono ben noti ma, date le non poche polemiche a proposito, è bene precisare che:

Il caffè può dare tachicardia (aumento della frequenza del battito cardiaco), ma questo effetto è modesto; è dubbio che provochi anche l’aumento della pressione arteriosa. Che la caffeina, dunque, faccia male al cuore (in dosi moderate) è ancora da dimostrare, anche se può certamente facilitare le aritmie cardiache nei soggetti nervosi.

Il caffè facilita la secrezione gastrica: è nozione comune che il caffè faccia digerire. Ogni tipo di caffè appare comunque sconsigliato per un ulceroso. In alcuni soggetti, il caffè scatena diarrea.

Il caffè aumenta fino al 100% gli acidi grassi nel plasma e anche il colesterolo: da qui l’accusa di facilitare l’infarto.

La caffeina aumenta lo zucchero nel sangue: da ciò una cautela d’uso nei diabetici.

La caffeina notoriamente facilita la diuresi.

Gli effetti favorevoli sulla resa muscolare e su quella celebrale sono noti, ma molto variabili da individuo a individuo. Spesso la caffeina aumenta il tremore alle mani.

Contrariamente a quanto asserito, il caffè non rimuove lo stato di ubriachezza, anzi lo trasforma in una specie di ubriachezza “sveglia” peggiore di quella abituale.

Talvolta la caffeina scatena una vera crisi d’ansia.

L’ ABUSO DI CAFFE’

Chi consuma abitualmente dosi eccessive di caffè, vale a dire oltre 6 tazze al giorno, può andare incontro a una certa assuefazione(particolarmente evidente a livello cardiaco-vascolare) e, quando decide di smettere, ha una microcrisi astinenziale (mail di testa, irritabilità, ecct.).

Per quanto si sia indagato a lungo, non è stata ancora raggiunta una sicura dimostrazione di una correlazione tra consumo di caffè e la comparsa di tumori.

A titolo prudenziale, il caffè è sconsigliato in gravidanza e durante l’allattamento.

Si consiglia di limitare nei bambini, nei cardiopatici ed in soggetti particolarmente sensibili l’uso di caffeina (Coca-Cola, cioccolato, caffè, tè, ecct.)

Il Latte e i Muscoli (piccole pillole)

“il latte fa ingrassare, è duro da digerire, pericoloso per i problemi di cuore e va bene solo per i bambini“.

Questo genere di concetti ha creato al latte seri problemi di immagine. Nonostante si tratti di un vero e proprio alimento di sopravvivenza, ricco di calcio, proteine, vitamina A, D, B12, ultimamente è stato oggetto di un attento screening dal punto di vista nutrizionale.

 

 

E’ il suo contenuto in grassi a far sì che molti body builders scartino il latte e i suoi derivati.

Tutto il clamore fatto intorno al latte è però ingiustificato, infatti nuovi studi dimostrano che il calcio contenuto nel latte può aiutare a ridurre il colesterolo, controllare l’ipertensione, prevenire l’infarto e certe forme di tumore e continuare a fortificare le ossa.

Il grasso del latte intero fa “ ingrassare” , ma il latte scremato e i suoi prodotti possono essere veramente un “bonus” per i muscoli.

Il latte è una eccellente fonte di proteine di qualità che forniscono aminoacidi essenziali, contiene la vitamina B riboflavina che aiuta a convertire il cibo in energia, il calcio, le vitamine e il fosforo necessari per mantenere uno scheletro forte.

Le integrazioni di calcio non possono competere con il latte in quanto ad efficacia.

Ormoni regolatori del metabolismo degli zuccheri

Gli idrati di carbonio, meglio conosciuti da tutti come ”carboidrati”, sono il combustibile di eccellenza per il lavoro muscolare (ovviamente qui escludiamo per un attimo il sistema di chetosi).

Esistono nell’organismo dei sistemi regolatori che assicurano la costante regolazione energetica.

La glicemia, in condizioni basali, rimane relativamente costante, compresa tra concentrazioni oscillanti tra 60 e 110mg.
Aumenta in misura maggiore o minore dopo l’assunzione alimentare di carboidrati, o in situazioni di stress e diminuisce durante il lavoro muscolare o il digiuno.

Tuttavia il nostro organismo si oppone sia alla iperglicemia che alla ipoglicemia, salvo complicazioni patologiche, che fanno entrare in gioco – a seconda dell’irregolarità – quadri clinici e patologici ben precisi.
I carboidrati, rapidamente assorbiti durante i processi digestivi, si traducono per una piccola parte in glucosio disponibile e, se non immediatamente utilizzati, vengono immagazzinati nel fegato (e in parte nei muscoli), come riserve di glicogeno.

Un altro sistema di immagazzinamento dei carboidrati alimentari è la loro trasformazione in riserve di grasso (adipe).
Il fegato è di primaria importanza nel metabolismo degli zuccheri.
Infatti, all’occorrenza, può fornire in 24 ore 250-300g di glucosio e, cosi, far fronte ad un’improvvisa richiesta energetica del nostro organismo.

Il glicogeno epatico non deriva solamente dai carboidrati alimentari, ma anche dagli aminoacidi derivanti dalle proteine alimentari.

Questo processo di estrazione di glicogeno degli aminoacidi prende il nome di gluconeogenesi .
Possiamo, quindi, definire il metabolismo del glicogeno epatico un processo dinamico che, a sua volta, prevede processi sintetici (glicogenesi) a partire dagli zuccheri e dagli aminoacidi alimentari e dei processi di scissione e di rilascio di glucosio (glicogenolisi).

La glicemia non è altro che un indice di riflesso dell’apporto alimentare e, di conseguenza, della regolazione metabolica del sistema epatico.

Tutti questi sistemi dipendono dall’equilibrio dei meccanismi di controllo endocrino che possiamo classificare in questo modo :

– SISTEMA IPOGLICEMIZZANTE, l’ormone adibito a tale funzione è l’INSULINA

– SISTEMA IPERGLICEMIZZANTE:

a) nel breve termine dipende da ormoni come il GLUCAGONE e l’ADRENALINA

b) a lungo termine dipende da ormoni come il CORTISOLO, STH ad alte dosi, TIROXINA e gli ORMONI OVARICI.

Vitamine : alleate per combattere la stagione fredda (seconda parte)

Seconda ed ultima parte dell’analisi di 13 vitamine, composti organici essenziali per l’uomo e tra le più importanti che ci possono dare una mano a combattere il freddo invernale e rimanere in salute.

Vitamina B12, C, D, E, H e K.

VITAMINA B12 (Cianocobalamina)
Indispensabile nel metabolismo protidico,glucidico e lipidico ,questa vitamina favorisce la produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo.
La sua CARENZA causa anemia,rischio elevato d’ aborto, scarso tono muscolare e depressione.
Il suo FABBISOGNO giornaliero è di 2,2mcg sia per i maschi sia per le femmine adulti.
In caso di SOVRADOSAGGIO si manifestano acne e allergie.

PICCOLI ESEMPI DI FABBISOGNO GIORNALIERO RICOPERTO DAGLI ALIMENTI:

60g di carne di maiale
30g di fegato di maiale
30g di sgombro o aringa
80g di salmone
100g di camembert
320g di ricotta magra

Spesso questa vitamina è carente nelle persone che abbracciano l’ alimentazione vegetariana, in questi casi sarebbe meglio integrarla con un multivitaminico.

VITAMINA C (acido ascorbico)
Questa vitamina è adibita alla formazione e il mantenimento del collagene, aiuta ferite e ustioni a rimarginarsi,limita i danni delle rotture dei capillari causate dall’ attività sportiva, svolge anche la funzione antinfiammatoria e antiossidante, rafforzando il sistema immunitario.
La sua CARENZA causa facilità alle infezioni, inappetenza,stanchezza , innalzamento del tasso di colesterolo.
Il suo FABBISOGNO giornaliero è di 60mg nei soggetti adulti di sesso femminile e maschile.
In caso di SOVRADOSAGGIO possono manifestarsi malumori,vomito,formazioni di calcoli renali e diarrea.

PICCOLI ESEMPI DI FABBISOGNO GIORNALIERO RICOPERTO DAGLI ALIMENTI:

50g di ribes
1 kiwi
80g di peperoni
100g di cavolo riccio
150g di fragole
1 grossa arancia
300g di patate

Se accompagniamo la vitamina C ad alimenti che contengono ferro , miglioriamo l’ assunzione di questo minerale.

VITAMINA D (calciferolo)
Questa vitamina è prevalentemente presente nei grassi di origine animale, ma il nostro corpo riesce a sintetizzarla anche dalla luce solare, quando la nostra pelle viene esposta ad essa.
La sua funzione metabolica è quella di regolare il fosforo ed il calcio nel nostro organismo , favorendo la calcificazione ossea e impedendo l’ insorgere di crampi muscolari.
Questa vitamina tramite altri processi metabolici è in grado anche di migliorare la sintesi degli aminoacidi.
La sua CARENZA causa nei bambini delle gravi malformazioni ossee e dei denti, mentre nell’ adulto causa un abbassamento delle difese immunitarie.
Il suo FABBISOGNO giornaliero è di 15mcg per entrambi i sessi.
In caso di SOVRADOSAGGIO si possono manifestare vomito,diarrea,dolori articolari, di testa e sedimentazione di calcio negli organi.

PICCOLI ESEMPI DI FABBISOGNO GIORNALIERO RICOPERTO DAGLI ALIMENTI:

1 cucchiaino di olio di fegato di merluzzo
150g di pesce grasso
1 cucchiaino di burro

La vitamina D resiste nei cibi cotti, surgelati e in scatola.

VITAMINA E (tocoferolo)
Nello sportivo questa vitamina ha la capacitò di rinforzare le membrane cellulari, inoltre è un diuretico fisiologico che regola la pressione del sangue e aumenta l’ apporto di ossigeno ai globuli rossi.
Svolge anche la potente funzione di antiossidante.
La sua CARENZA causa deperimento muscolare,disturbi della digestione e allergie.
Il suo FABBISOGNO giornaliero è di 12mcg per entrambi i sessi.
In caso di SOVRADOSAGGIO si manifestano disturbi visivi, stanchezza,mal di testa e debolezza muscolare.

PICCOLI ESEMPI DI FABBISOGNO GIORNALIERO RICOPERTO DAGLI ALIMENTI:

2 cucchiaini di olio di germe di grano
250g di scorzonera
50g di mandorle
1 grosso avocado
200g di finocchi
300g di cavolo riccio

Gli oli che contengono questa vitamina devono essere conservati in bottiglie di vetro scuro e al riparo dalla luce solare che è in grado di distruggere questa vitamina.

VITAMINA H (biotina)
Questa vitamina oltre che essere presente negli alimenti , può anche essere sintetizzata dai batteri intestinali.
Tramite processi organici la vitamina H contribuisce alla produzione di ATP, inoltre questa vitamina è indispensabile all’ accrescimento del volume cellulare.
La sua CARENZA si verifica solo bloccando la sintesi della biotina ed in questo caso si verificano alterazioni cutanee, dolori muscolari e spossatezza.
Il suo FABBISOGNO giornaliero è di 1mg.
Non si è mai verificato un caso di SOVRADOSAGGIO di vitamina H per questo non se ne conoscono gli effetti.

PICCOLI ESEMPI DI FABBISOGNO GIORNALIERO RICOPERTO DAGLI ALIMENTI:

400g di pane integrale
300g di funghi coltivati
100g di lievito di birra
30g di lenticchie
2 uova cotte
100g di fegato di pollo

La biotina viene distrutta dall’ avidina, sostanza presente nell’ albume d’ uovo crudo.

VITAMINA K
Nominata anche vitamina anticoagulante, è indispensabile nella formazione della protrombina (proteina che svolge la funzione di coagulare il sangue).
La vitamina K protegge il fegato e lo aiuta a trasformare il glucosio in glicogeno.
La sua CARENZA causa una lenta guarigione delle ferite e un frequente sanguinamento delle gengive.
Il suo FABBISOGNO giornaliero per i maschi adulti è di 80mcg mentre per le femmine è di 65mcg.
Si verificano reazioni allergiche delle pelle solo in caso di SOVRADOSAGGIO dovuto all’ assunzione della vitamina K tramite iniezione, infatti l’ alimentazione da sbocco a reazioni allergiche.

PICCOLI ESEMPI DI FABBISOGNO GIORNALIERO RICOPERTO DAGLI ALIMENTI:

20g di cavoli di Bruxelles, cavolo o rapa o cavolfiore
30g di petto di pollo
150g di fiocchi d’ avena o muesli
200g di riso integrale
400g di carne di manzo

Altri alimenti molto ricchi di vitamina K sono gli asparagi,noci,latte,fegato e ortaggi a foglia verde.

Naturalmente i dosaggi consigliati fanno sempre riferimento a persone sane che svolgono una leggera attività fisica poiché nel caso di persone con un ‘ intensa attività fisica i dosaggi arrivano fino a triplicare il fabbisogno giornaliero.

Vitamine : alleate per combattere la stagione fredda (prima parte)

Le vitamine sono composti organici essenziali per l’uomo. Esse sono incluse tra quei micronutrienti che devono essere assunti con la dieta, quotidianamente ed in piccole quantità, poiché non vengono sintetizzati dall’organismo umano.

Prenderemo in considerazione 13 vitamine, tra le più importanti che ci possono dare una mano a combattere il freddo invernale ormai alle porte.

VITAMINA A (retinolo)
Ha la funzione di proteggere e favorire la crescita della pelle, mucose, ossa e denti.
Inoltre favorisce la capacità visiva nelle ore crepuscolari , è un antiossidante in grado di proteggerci dai dannosi radicali liberi.
La sua CARENZA causa fotofobia,abbassamento della vista,congiuntiviti , inappetenza, stanchezza e disturbi al fegato.
Il suo FABBISOGNO è di 600mcg per gli uomini e le donne adulte , ma può arrivare fino a 750mcg per le gestanti e a 950mcg nell’allattamento.
In caso di SOVRADOSAGGIO la vitamina A può essere letale.

PICCOLI ESEMPI DI FABBISOGNO GIORNALIERO RICOPERTO DAGLI ALIMENTI :

3g di olio di fegato di merluzzo
10g di fegatini di pollo
100g di carote
150g di cavolo riccio
150g di finocchio
200g di spinaci
200g di formaggio a pasta dura
250g di mango
800g di pomodori

La luce e l’aria distruggono in parte questa vitamina, quindi è bene consumare frutta e verdura fresche.

VITAMINA B1 (tiamina)
Questa vitamina entra in funzione nel processo di trasformazione dei carboidrati in energia e riveste un ruolo primario nella trasmissione degli impulsi nervosi ai muscoli.
La sua CARENZA causa aritmia cardiaca, difficoltà di concentrazione ,perdita del sonno e dell’ appetito, disturbi della digestione.
Il suo FABBISOGNO giornaliero è di 1,2mg per i maschi adulti e 0,9mg per le femmine.
In caso di SOVRADOSAGGIO si verificano crampi,mal di testa e problemi cardiaci.

PICCOLI ESEMPI DI FABBISOGNO GIORNALIERO RICOPERTO DAGLI ALIMENTI :

10g di lievito di birra
100g di carne di maiale magra
130g di soia
500g di pane integrale
60g di germe di grano
60g di semi di girasole
130g di arachidi

In caso di un eccessiva introduzione di te, alcolici o bevande contenenti troppo zucchero la tiamina viene parzialmente distrutta.

Le Proteine

Nella vita di tutti i giorni spesso non facciamo nemmeno attenzione a quello che mangiamo e non pensiamo al fatto che alcune delle cose che ingeriamo sono indispensabili per la nostra sopravvivenza: tra queste ci sono le PROTEINE , parola derivante dal greco “proteos” che significa appunto di PRIMARIA IMPORTANZA.

Se analizziamo i processi organici, ci accorgiamo che il nostro corpo può vivere sia senza grassi (LIPIDI) sia senza zuccheri (GLUCIDI), ma che non può fare a meno ne delle proteine ne dell’acqua ed infatti questi due elementi sono fondamentali per la nostra vita.
Qualcuno potrà obiettare che il cervello per alcune sue funzioni necessita obbligatoriamente di zuccheri (affermazione per altro veritiera), ma è necessario tenere presente che il nostro organismo in mancanza di essi è in grado tramite complicati processi, attuati solo in casi estremi in quanto comportano grave stress per il nostro corpo, di ricavarli comunque da altri elementi.

Le proteine sono basilari e presenti in tutti gli organismi viventi; esse sono molecole particolarmente complesse e composte da fondamentali unità chiamate aminoacidi; attualmente ne conosciamo 22 tipi, (20 ordinari, più 2 aminoacidi codificati recentemente, e presenti solo in alcune specie: la pirrolisina e la selenocisteina) tra questi il nostro organismo ne sintetizza solo 14 e fra questi 14 aminoacidi sintetizzati solo 8 sono essenziali (fenilalanina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, treonina, triptofano, valina), poiché il nostro organismo non li produce ed è inevitabile che debbano essere introdotti con l’alimentazione.

Quando si vuole determinare il valore nutritivo di una proteina, bisogna stabilirne il suo profilo aminoacidico e quindi la percentuale di aminoacidi che la proteina in questione contiene.
Infatti tanto più la proteina contiene nella molecola  aminoacidi (soprattutto essenziali) tanto più il suo valore biologico è alto.
Quando invece nella molecola proteica vi è mancanza di aminoacidi soprattutto quelli essenziali la proteina stessa presenta un basso valore biologico.

Esistono delle classificazioni proteiche che ne determinano il valore biologico, delineando cosi quali sono gli alimenti con un ottimo profilo aminoacidico.

PRIMO GRUPPO  di classificazione , possiamo vedere che contiene alimenti ad alto valore biologico:

ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE
-uova
-latte e derivati
-carne

SECONDO GRUPPO di classificazione ,chiaramente con proteine a basso valore biologico

ALIMENTI DI ORIGINE VEGETALE
-cereali
-riso
-legumi
-verdura
-frutta

La FORMA proteica  all’ interno dell’ organismo (cellula vivente) viene indicata con il nome di STATO NATIVO o NATURALE, in questo forma la proteina, non può essere digerita.
Per esemplificare la struttura proteica contenuta nella carne e quindi renderla digeribile si passa attraverso la fase di DENATURAZIONE in cui la struttura proteica viene per così dire alleggerita, in parte tramite la cottura della carne ed in parte grazie all’ ACIDO CLORIDRICO prodotto dal nostro stomaco.
Rese semplici le strutture proteiche (DENATURAZIONE) i nostri enzimi digestivi spezzano  i legami che uniscono gli aminoacidi rendendo cosi gli stessi di facile assimilazione.
Le proteine poi verranno scomposte in parte nello stomaco, grazie all’ACIDO CLORIDRICO e alla PEPSINA (un enzima) ed in parte nell’intestino tenue ,tramite enzimi secreti dal pancreas ed enzimi prodotti  dalle cellule intestinali.

L’intestino assorbe gli aminoacidi, che così scomposti, attraverso la vena PORTA verranno trasportati al FEGATO, ed in seguito ai tessuti ed agli organi dove a seconda delle esigenze, verranno ricomposti in proteine strutturali delle cellule, o enzimi, o ormoni.
Da qui se ne ricava che ogni tipo di proteina ha funzioni diverse, essendo esse elementi costitutivi di pelle, ormoni, globuli rossi… etc.

Alcuni tipi di proteine determinano anche i caratteri ereditari ed altre grazie alla capacità di allungarsi e contrarsi costituisco quello che noi body builder chiamiamo muscolo, o meglio tessuto muscolare.
Vista l’importanza della proteine per il nostro organismo, dobbiamo considerare i molteplici aspetti che la loro assimilazione comporta; infatti un eccesso proteico non sempre è indicato e se un surplus proteico adeguato è ottimo per chi pratica body building un abuso o un eccesso comporta fondamentalmente una conversione proteica in zuccheri, che serviranno al bisogno a produrre energia ma in caso non risultino indispensabili verranno depositati in grasso (l’effetto indesiderato che noi body builder non vogliamo).
L’eccesso o abuso causerà comunque un’ espulsione delle proteine tramite i reni con l’urea, attenzione però in quanto a lungo andare i reni potrebbero subire gravi problemi, per un sovraccarico ed un eccessivo lavoro.
Generalmente si è calcolato che per vivere occorrono da 0,5 a 1g di proteine per kg di peso corporeo.
Ovviamente per chi pratica sport come il body building il fabbisogno proteico è chiaramente maggiorato e va da 2g fino a 5g per kg; anche qui ovviamente si potrebbe discutere su chi ne usa di più o di meno, su chi usa farmaci e quindi ha una sintesi proteica maggiore e su chi da natural ovviamente ha una sintesi proteica nella media; sappiate quindi che andare oltre i 3g a lungo andare potrebbe portarvi a gravi patologie epatiche e renali.

La loro funzione nel body building è davvero e vasta vengono usate per :
-produrre energia
-per la riparazione dei  tessuti distrutti dall’ allenamento
-per la costruzione di nuova massa muscolare

I vantaggi di una dieta iperproteica sono:
-lucidità mentale
-compattezza muscolare
-positività costante del nitrogeno cellulare  (è indispensabile per la crescita)
-disidratazione del tessuto sottocutaneo, maggiore evidenza muscolare
-aumento del metabolismo basale
-facilità di recupero
-produzione maggiorata di enzimi/ormoni
-produzione maggiorata di anticorpi

Ricordate infine che è bene consumare le proteine provenienti da fonti magre e con un elevato profilo aminoacidico.

Gli Zuccheri Veloci

Molte persone ignorano quali e quanti tipi di zuccheri esistano…..vediamo allora di fare un po’ di chiarezza.

Lo zucchero utilizzato comunemente per cucinare è denominato SACCAROSIO ed appartiene alla famiglia dei DISACCARIDI, ovvero vanta l’unione di una molecola di glucosio ad una di fruttosio; questo tipo di zucchero fornisce circa 4 kcal per grammo ed un suo uso smodato può condurre a varie patologie ( tra cui il diabete) in quanto ilsuo indice glicemico è molto elevato. Se noi ingeriamo dosi eccessive di saccarosio, costringiamo il nostro pancreas a lavorare in maniera eccessiva poiché con l’innalzamento della glicemia è proprio il pancreas a dovere produrre insulina per ripristinare un indice glicemico ottimale; provocando stress eccessivo e continuato al pancreas rischiamo che questo non riesca più a sopperire a queste impennate glicemiche causando appunto il diabete.

Recenti studi consigliano di non assumere più di 25gr di saccarosio al giorno (escludendo ovviamente quello contenuto negli alimenti).

Fortunatamente però, esistono zuccheri con un impatto meno elevato sulla nostra glicemia come il FRUTTOSIO o LEVULOSIO, un carboidrato presente nei vegetali (soprattutto nella frutta).

Il DESTROSIO o GLUCOSIO, appartenente alla famiglia dei MONOSACCARIDI è composto in forma semplice da una molecola di glucosio oppure in forma complessa da più molecole di glucosio, dando così vita ad AMIDI, CELLULOSA e GLICOGENO; proprio per questo la sua affinità al fegato è altissima ( infatti i depositi di glicogeno non sono altro che catene di glucosio).

Proprio per questa sua caratteristica è utilizzato da molti body builder nei giorni di “ricarica” durante diete lipolitiche come sostituto di pasta e riso. Quando le risorse di glicogeno epatico vengono esaurite, dosando opportunamente il destrosio avremo la certezza di ricaricare solo la quantità mancante senza accumulare grassi in eccesso.

In conclusione nella vostra alimentazione giornaliera evitate il saccarosio come dolcificante preferendogli il fruttosio ed utilizzate il destrosio per ricariche di glicogeno durante specifiche diete di preparazione alle gare.