I cereali integrali: tra realtà e marketing
Molti si chiedono come sia a tutt’oggi compatibile, vista l’indiscutibile pericolosità dei cereali e il loro strettissimo legame con le malattie della Sindrome Metabolica, la sempre più forte raccomandazione a consumare cereali integrali – dipinti come apportatori di benessere e salute – in particolare perché ricchi di fibre.
Abbiamo valutato con attenzione queste affermazioni. Una moltitudine di studi anche recentissimi parrebbe dimostrare i benefici asseriti ma a ben guardare si ha la dimostrazione di risultati poco tangibili e deludenti. Si ha altresì la sensazione che la ricerca si sia piegata al marketing delle multinazionali del grano e delle merendine preconfezionate, verosimilmente preoccupate di contrastare l’evidenza sempre più forte che lega i cereali alle malattie metaboliche dilaganti. Abbiamo ricercato e analizzato decine di studi pubblicati su giornali autorevoli e accreditati a livello mondiale senza trovare riscontri significativi. Nessuno di questi lavori è risolutivo, tutti mostrano benefici minimali o per loro stessa ammissione inconsistenti, mentre si spalleggiano l’un l’altro con referenze reciproche altrettanto incerte e fumose.
Le fibre alimentari
Le fibre sono parte integrante dei cibi vegetali, dei quali costituiscono le pareti cellulari. Si tratta in pratica di carboidrati a catena lunga non assimilabili dal nostro sistema digestivo. Alcune di esse – ma non tutte – possono essere digerite dai batteri presenti nell’intestino tenue provocando però gonfiore e flautolenza. Anche se sono considerate non nutrienti, le fibre hanno notevole influenza sul metabolismo e sul funzionamento del nostro apparato digestivo. Fonti alimentari diverse danno alle fibre caratteristiche e proprietà diverse. Si distinguono fibre solubili che si dissolvono in acqua e divengono gelatina che rallenta l’assorbimento dei nutrienti e fibre non solubili che aggiungono massa alle feci e accelerano il transito intestinale del cibo.
Principali fonti di fibre alimentari
Le fibre solubili si trovano nella polpa della frutta, particolarmente di arance, mele e banane, nell’avena, nelle verdure e nei legumi. Cereali integrali, mais, cavolfiore, patate, fagiolini verdi, sono ricchi di fibre insolubili così come la buccia della frutta. La frutta è particolarmente ricca di pectina mentre i legumi lo sono di cellulosa e i cereali di emicellulosa[1]. La quantità giornaliera raccomandata di fibre è per l’adulto intorno ai 20 – 35 grammi. Una eccessiva ingestione di fibre può provocare gonfiore intestinale, diarrea e aggravare la sindrome del colon irritabile. Viene altresì ridotto l’assorbimento di proteine, vitamine e sali minerali particolarmente se le fibre derivano dai cereali.
Primi studi ed evidenze
L’interesse e lo studio sulle fibre, o meglio la loro riscoperta, è relativamente recente. Solo a partire dagli anni 70 infatti si è posta l’attenzione sul legame tra malattie croniche e fibre alimentari[2]. Si è iniziato così ad analizzare il contenuto in fibra dei vari alimenti sviluppando metodi di estrazione[3]. Al tempo stesso si sono realizzati i primi studi sul loro ruolo protettivo e benefico[4] e se ne è raccomandata una maggiore assunzione per la supposta capacità di ridurre il colesterolo, i rischi di malattie cardiovascolari, l’ipertensione e per un migliore controllo della glicemia[5].
I cereali integrali
Fino dal loro primo apparire nella nutrizione umana, 10 – 12.000 anni fa, i cereali sono stati consumati integralmente. Solo con l’avvento dell’Industrializzazione, non più di 200 anni fa – nel probabile tentativo di eliminare quegli antinutrienti che si era visto provocare malnutrizione, rachitismo e disturbi della crescita – si è cominciato a separare l’endosperma dalla fibra[6]. Questo processo, chiamato raffinazione ha evidentemente cambiato la qualità delle farine, portando oggi all’evidenza di ulteriori e forse più drammatiche malattie. Come si sa il seme è costituito dall’embrione, dall’endosperma e dalla fibra che lo riveste. Vitamine, minerali ma anche antinutrienti sono contenuti principalmente nella fibra, mentre l’endosperma contiene quasi esclusivamente amidi e un poco di proteine di scarso valore biologico.
Differenze nella composizione di cereali integrali e raffinati
Anche se la struttura dei cereali è analoga, la percentuale di fibra varia da una pianta all’altra, dal 6% del granturco fino al 16% del grano. Quando insieme al germe viene eliminata la fibra si ritiene vengano sottratte sostanze benefiche per la salute, tra le quali carboidrati fermentabili, antiossidanti, lignani, fitoestrogeni e altri ancora. I principali composti e i relativi meccanismi protettivi elencati a seguire[7], sono il risultato di studi che spesso i loro stessi autori definiscono scarsamente significativi o casuali.
Carboidrati fermentabili
Sono le fibre, gli amidi resistenti, e gli oligosaccaridi. Questi carboidrati sono fermentati nel colon dalla flora intestinale che li trasforma in acidi grassi a catena breve e gas. Questa trasformazione sembra correlata alla riduzione di colesterolo nel sangue e a un minore rischio di tumori. Le fibre solubili sono messe in relazione con una migliore risposta all’insulina mentre quelle non solubili consentirebbero una evacuazione più rapida con minore probabilità per gli agenti mutageni di sviluppare tumori. Le fibre solubili sono messe in relazione con una migliore risposta all’insulina mentre quelle non solubili consentirebbero una evacuazione più rapida con minore probabilità per gli agenti mutageni di sviluppare tumori. Il consumo di cereali integrali inoltre rallenta la digestione e l’assimilazione degli amidi abbassando così la concentrazione del glucosio nel sangue e la produzione di insulina attraverso tre meccanismi, 1) l’aumento della viscosità dell’intestino tenue, che riduce l’assorbimento degli zuccheri 2) la formazione di legami col glucosio che lo rendono indisponibile 3) la capsularizzazione degli amidi che ritarda l’azione delle amilasi[8]. Gli oligosaccaridi, inulina e oligofruttosio avrebbero sull’intestino un effetto analogo a quello delle fibre e in più aumenterebbero la presenza di bifidobatteri riducendo così le concentrazioni di escherichia coli, clostridia e varii batterioidi.
I grassi
Sono presenti nel germe del grano in piccole quantità soprattutto sotto forma di acido oleico e linoleico. Altri grassi sono i tocotrienoli, gli steroidi vegetali e l’orizanolo che potrebbero contribuire alla diminuizione del colesterolo nel sangue.
Antiossidanti
Si tratta di vitamine, minerali a alcuni antinutrienti, tra i quali l’acido ferulico e l’acido fitico. La vitamina E inibirebbe la formazione di nitrosamine, ma non esistono studi decisivi in proposito.
Lignani e fito estrogeni
Potrebbero proteggere da alcune malattie di origine ormonale e, avendo una struttura simile a quella degli estrogeni, svolgere un’azione endocrina analoga.
Antinutrienti
Inibitori proteasici e amilasici, acido fitico, emoagglutinina, composti fenolici, tannini potrebbere ridurre il rischio di tumori del colon e della mammella e ridurre il livello di glucosio, insulina e colesterolo nel sangue. Altri probabili meccanismi protettivi riconducibili ai cereali integrali bloccherebbero i danni del DNA cellulare e avrebbero effetti protettivi sui problemi coronarici e vascolari[9].
L’inconsistenza delle prove
Molto si può dire sull’autorevolezza degli studi che esaltano i benefici dei cereali integrali. Anche a livello scientifico ufficiale i dubbi non mancano. In un recente editoriale, Vasanti S. Malik e Frank B. Hu del Department of Nutrition della Harvard School of Public Health, MA[10], facendo riferimento ai numerosi studi e ricerche incentrati sull’argomento, hanno dovuto riconoscere che si tratta ancora di una sfida che l’epidemiologia deve affrontare e che le attuali, scarse evidenze derivano comunque da motivi complessi e multifattoriali.
Solo le fibre dei cereali sono quelle giuste?
Già dalle prime ricerche si evidenzia che i benefici per la salute sarebbero semmai da accreditare alle fibre in generale. Spiller, 1981[11]indicava i benefici della cellulosa contenuta nelle verdure nei riguardi delle malattie del colon retto e la protezione nelle diverticoliti, nella colite ulcerosa e nel morbo di Crohn. In quegli stessi anni Chen sottolinea[12]che la pectina della frutta e la gomma di guar hanno effetti superiori ai cereali integrali nella riduzione del colesterolo. Nel 1994, Anderson[13] esalta i benefici delle fibre presenti nelle verdure, frutta e cereali senza distinzione. Successivamente lo stesso punto di vista viene espresso riguardo al rischio di infarto evidenziando la modesta riduzione dello 0,59% senza distinzione tra tipo di fibra introdotta[14]. Infine Hsu dimostra[15] una sia pur modesta riduzione del colesterolo con fibre di carota.
La riduzione del colesterolo
Nel 1981, ancora Chen evidenzia a questo proposito la superiorità della pectina e delle fibre solubili, che peraltro sono scarsamente presenti nei cereali. La riduzione del colesterolo è comunque modesta, quasi insignificante in relazione allo stesso effetto sortito dalle terapie a base di statine. Marlett, 1994[16] evidenzia un decremento dello 0,01% dei livelli senza che vi siano modificazioni del pool degli acidi biliari. Più recentemente[17] si è riscontrata l’efficacia del beta-glucano dell’avena nella riduzione del colesterolo sia totale che LDL pari allo 0,3%. La percentuale è ritenuta modesta dagli stessi ricercatori. Oltretutto il beta-glucano è una fibra solubile presente anche nella frutta e nella verdura.
Sensibiltà all’insulina
Lo studio di Liese[18] dimostra un aumento della sensibilità all’insulina (frutto di alimentazione ricca di cereali integrali) pari allo 0,082% e nessuna variazione dell’insulina a digiuno. Il risultato, a detta degli stessi ricercatori scarsamente significativo, viene successivamente contraddetto da Andersson[19] che sottolinea come i cereali integrali non siano in grado di migliorare questo fondamentale parametro così come sono inefficaci nel ridurre la perossidazione dei grassi, la proteina C-reattiva, la pressione del sangue e la concentrazione dei grassi ematici.
Diabete, obesità, sindrome metabolica e arteriosclerosi
Nei riguardi dell’incidenza sul diabete adulto, dieci anni di osservazione[20], portano alla conclusione di un rischio ridotto dello 0,58%, apparentemente dovuto alle fibre dei cereali e non a quelle di frutta e verdura. Risultato comunque ovvio dato che tra cereali integrali e raffinati c’è una evidente differenza in quanto a carico glicemico e capacità di assorbimento degli zuccheri: il passaggio da un tipo all’altro di cereale fa ovviamente una, sia pur minima, differenza. Nel 2005, Bazzano pubblica i risultati di uno studio condotto per oltre 10 anni su 17.881 soggetti[21] in merito a obesità e consuetudine di fare la prima colazione. Chi fa colazione con i cereali integrali ha il 22% di probabilità in meno di ingrassare. Ma nello studio si chiarisce che chi ha questa abitudine fa anche più esercizio fisico ed è già magro, è meno propenso a bere e fumare, usa integratori alimentari. Come dire che lo stile di vita, non i cereali integrali, fa la differenza nella prevenzione dell’obesità. Lo conferma un’altra ricerca[22] che evidenzia una riduzione di rischio nei confronti della Sindrome Metabolica (0,005%) e della mortalità (0,04%) praticamente inesistente se direttamente correlate alla introduzione di cereali integrali, indipendentemente dallo stile di vita e da altri fattori alimentari. Si tratta di differenze lievissime in relazione al gruppo che usa cereali raffinati. Nel quartile di maggiore consumo integrale si verifica quanto segue:
In uno studio del 2007 effettuato su 1178 partecipanti, l’arteriosclerosi delle carotidi e la sua progressione in relazione al consumo di fibre da cereali integrali hanno mostrato rispettivamente un inconsistente meno 0.049 nel rischio di malattia e nessun miglioramento riguardo alla sua progressione. Secondo gli autori si tratta di una relazione scarsa e non significativa. Tuttavia, stranamente concludono, che l’introduzione di cereali integrali è inversamente associata alla arteriosclerosi della carotide[23].
Cancro
Secondo l’Harvard School of Public Health[24] le fibre hanno scarso o nessun effetto sul rischio di cancro. La loro prescrizione basata su studi limitati è stata smentita da ricerche più approfondite tra le quali una in particolare, effettuata su 80.000 infermiere e protratta per 16 anni[25]. Più di recente Schatzkin[26] a seguito dell’osservazione di 197.623 donne tra i 50 e i 71 anni seguite per 5 anni complessivi, conclude che le fibre non hanno relazione col rischio di tumori al colon e semmai l’uso di cereali integrali potrebbe attenuare modestamente tale rischio.
Piorrea
Più consistente e credibile appare lo studio di Merchant[27] (12 anni su 51.529 soggetti) che evidenzia una riduzione della malattia pari al 23%. E’ evidente che i cereali integrali grazie alle fibre lasciano meno residui di amido nelle cavità interdentali e di conseguenza meno AGEs, stress ossidativo e citochine. Comunque si evidenzia ancora una volta come i soggetti beneficiati fossero fisicamente più attivi, meno propensi a fumare e più magri rispetto alla categoria a rischio. Inoltre consumavano più frutta, verdura e noci.
In conclusione
Le fibre alimentari sono indubbiamente essenziali per la nostra salute. La loro presenza consente un più veloce transito del cibo attraverso il sistema digerente e un assorbimento ritardato degli zuccheri con molti e verificati benefici. Questo si realizza indipendentemente dalla fonte nella quale sono contenute. Però le fibre dei cereali per la loro stessa natura a fronte di benefici specifici minimali o inesistenti possono provocano gravi problemi.
Anche se non si vuole escludere il consumo di cereali resta difficile dire se l’opzione integrale sia la migliore. Tuttavia i rischi che ad essi correlati sono troppi e troppo gravi per renderne ragionevole la scelta. E’ preferibile eliminarli completamente, (assieme ai legumi che presentano problemi analoghi) e attingere le fibre necessarie dalla frutta e soprattutto dalla verdura. Certamente è singolare come ci siamo abituati a considerare normale la digestione lenta e laboriosa, la spossatezza post pranzo, i cali della glicemia, la pancia gonfia e come viceversa non ci si renda conto delle sensazioni di benessere che l’alimentazione priva di cereali e legumi ma ricca di proteine e verdure ci può dare. Appetito fisiologico, digestione breve e leggera, energia elevata e stabile, addome piatto e rilassato dovrebbero rappresentare la normalità, ma certamente pochi l’hanno provata e di conseguenza pochi sono in grado di apprezzarla.
Giovanni Cianti
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