Pettorali: come allenarli…

In questa occasione parlerò della mia esperienza sull’allenamento dei pettorali, muscoli eccezionalmente affascinanti e ricordo a tal proposito con piacere le emozioni che provavo quando guardavo posare Arnold, in particolare nella posa del più muscoloso rimanevo incantato!

Sono i muscoli più indicativi o perlomeno più rilevanti ed eccitanti da allenare per il neofita culturista. Mi capita ancora spesso che ragazzi alle prime armi insistano più del dovuto con l’allenamento di questo muscolo, peraltro considerato da molti il più simbolico e virile muscolo maschile: il petto.

Questo muscolo riveste la sezione superiore della cassa toracica e svolge una funzione antagonista rispetto ai muscoli dorsali. E’ importante ricordare che i pettorali, i dorsali, i lombari e gli addominali sono definiti anche muscoli posturali, per questo è fondamentale che siano sviluppati in modo proporzionale da non creare scompensi alla struttura scheletrica; quindi è sbagliato concentrarsi sul lavoro di questo muscolo e trascurare il resto.

Grande Pettorale anatomia parte superiore del corpo(Pectoralis major muscle,Original by sv:Användare:Chrizz, 27 maj 2005)

 

Il muscolo GRANDE PETTORALE si divide in tre parti : la parte clavicolare, la parte sternocostale e la parte addominale.

La parte clavicolare ha origine dalla metà mediale del margine anteriore della clavicola;

la parte sternocostale ha origine dalla fascia sternale e dalle cartilagini della 2^- 6^ costa;

la parte addominale si inserisce nella porzione più superiore dell’omero rispetto le altre due.

Sul tubercolo maggiore, protuberanza dell’omero, le tre parti si inseriscono incrociandosi.

Il muscolo grande pettorale è molto robusto e forte. Esso ha forma quadrangolare a braccio pendente lungo il corpo, mentre è a forma triangolare a braccio alzato. Il muscolo abbassa con forza e velocità verso in avanti il braccio, inoltre determina l’adduzione del braccio (avvicinamento al corpo rispetto al piano sagittale) e lo intraruota. Infine tale muscolo collabora nell’azione di inspirazione dilatando il torace se l’arto è fisso.

Infatti ci capita di vedere l’atleta stanco che puntando le mani ai fianchi immobilizza le braccia, per utilizzare questi muscoli quali respiratori ausiliari. A seconda della suddivisione tra fibre che formano le tre parti fondamentali del grande pettorale possiamo distinguere tre modalità diverse di come eseguire l’esercizio rispettando angolazioni precise.

Piccolo Pettorale anatomia muscolare parte superiore del corpo(Pectoralis minor muscle, Original by sv:Användare:Chrizz, 1 juni 2005)

Per esempio se vogliamo sviluppare la parte superiore del gran pettorale dobbiamo sollecitare maggiormente il lavoro della parte clavicolare, quindi eseguiremo esercizi di base o esercizi complementari tenendo il busto inclinato a 30°/45°/60° max in modo che la traiettoria della forza nei confronti del busto abbia tale angolazione poiché angolazioni superiori sposterebbero il lavoro più a carico del deltoide clavicolare (detto anche deltoide anteriore) e non sul muscolo in questione. Al contrario se vogliamo sviluppare la parte addominale quindi la fascia inferiore del petto si eseguirà l’esercizio con il busto declinato e infine per lavorare in modo centrale il petto basterà eseguire l’esercizio con il busto completamente orizzontale o verticale, l’importante è che la traiettoria della forza esercitata sul muscolo quindi le posizioni delle braccia siano perpendicolari rispetto al busto; ad esempio con panca piana (bench press) o pectoral machine, chest press (ecc…)

Roberto Eusebio campione nazionale assoluto body fitness muscolo pettoraleFig. 1- Roberto Eusebio in allenamento

Per quanto riguarda l’allenamento personalmente col passare degli anni mi sono reso conto che i migliori benefici la migliore congestione l’ho ottenuta lavorando con i manubri piuttosto che con macchine o bilancieri ed ora vi spiego il motivo. Come abbiamo analizzato il movimento ci siamo resi conto che questo muscolo ha anche una funzione di adduttore. Con i manubri durante le distensioni su panca a qualsiasi grado di inclinazione (vedi fig.1) nella fase di estensione nella quale il braccio si trova teso, ci accorgiamo che avviciniamo i due manubri, cosa che non avviene con il bilanciere, ove la posizione delle mani rimane ferma, quindi con i manubri nella fase finale dell’esercizio l’adduzione e la contrazione è massima.

In fisica il lavoro è determinato da forza per spostamento, dove per forza si intende il carico sollevato e per spostamento si intende la massima escursione del movimento compiuto durante l’esecuzione dell’esercizio. Questi parametri sono direttamente proporzionali al lavoro, quindi più è alto lo spostamento più lavoro avrò sul muscolo.
Congestionare al massimo i pettorali con i manubri richiede un certo grado di esperienza. Per principiante consiglio di iniziare ad educare la percezione neuro-muscolare del pettorale con esercizi dove non è richiesta particolare concentrazione all’equilibrio o alla tecnica, in scarico della colonna vertebrale per esempio le Chest Press e le Pectoral. Infine con i manubri la traiettoria della forza che segue l’articolazione è esattamente la nostra naturale ovvero quella dell’articolazione stessa. Per questo motivo se l’ atleta avanzato utilizza carichi elevati il rischio di avere traumi con i manubri è minore.

Sostengo inoltre che, malgrado i manubri siano eccezionali per la congestione muscolare, abbiano purtroppo alcune limitazioni. Infatti per lo sviluppo della massa muscolare è necessario seguire dei programmi di forza in quanto l’ipertrofia muscolare è direttamente proporzionale alla forza. Eseguire dei programmi di forza con i manubri risulterebbe alquanto difficile per maneggiarli, alzarli e posizionarli per eseguire delle serie con carichi massimi.

Quindi i miei allenamenti per i pettorali iniziano quasi sempre con i Bench Press detti anche distensioni su panca con tutte le sue varie inclinazioni. Ricordiamo che il Bench Press è un esercizio di base pluri-articolare, infatti coinvolge sia l’articolazione della spalla che quella del gomito, quindi per avere la massima congestione sul pettorale dobbiamo eseguire l’esercizio in modo scrupolosamente corretto.

Sono molti quelli che vedo durante l’allenamento nelle distensioni su panca che commettono l’errore nell’estensione di sollevare in avanti la spalla, forse pensando di avere più forza per ultimare l’esercizio, ma in realtà creano un’atteggiamento cifotico delle spalle che non fa altro che rilasciare il muscolo caricando il lavoro alla spalla e non più al pettorale. La spalla in è un muscolo nettamente più piccolo del pettorale quindi il risultato è che faranno più fatica a migliorare la forza rispetto a coloro che rimangono con una postura corretta.

Questo di seguito è l’indicazione corretta di come eseguire l’esercizio:

    • sdraiati sulla panca dobbiamo mantenere il petto in fuori unire le due scapole e mantenere tale posizione per tutta la durate del movimento. Importante mantenere la spalla ben appoggiata alla panca senza sollevarla per nessun motivo. In questo modo risulta impossibile estendere completamente l’articolazione del gomito e la congestione del pettorale è assicurata al massimo.
    • Per assumere la posizione corretta delle braccia l’omero deve essere perfettamente parallelo al terreno formando un angolo di 90° con il gomito .
    • L’impugnatura troppo stretta sposta il lavoro sulle braccia in particolar modo a carico dei tricipiti.
    • La fase negativa deve essere sempre eseguita in modo lento e controllato , qualunque sia il carico di lavoro; mentre, nella fase concentrica o positiva, utilizzando forza elastica, esprimo la massima potenza.

 

Ritengo sia un ottimo esercizio di base. Personalmente eseguo quattro o cinque serie da cinque o sei ripetizioni con un minuto e trenta di recupero tra una serie e l’altra. Successivamente passo ai manubri con tre o quattro serie e ripetizioni da otto o dieci riducendo il recupero a un minuto. Infine come esercizio complementare o di isolamento( cioè che coinvolge l’uso di un unica articolazione che è quella della spalla) eseguo tre o quattro serie di croci su panca da dieci o dodici ripetizioni. Alterno questo esercizio facendolo ai cavi, dove la tensione sul muscolo è costante per tutta la durata del movimento.

Un esempio pratico di una delle mie tabelle di allenamento per i pettorali:

ESERCIZIO SERIE RIP. REC.

DISTENSIONI SU PANCA PIANA CON BIL. 4×5/6 – 1,30’
DISTENSIONI SU PANCA 45° CON MAN. 3/4×8/10 – 1’
CROCI SU PANCA 45° 3/4×10/12 – 1’
PARALLELE (facoltativa) una ad esaurimento

Per un buon risultato per l’ipertrofia muscolare è di fondamentale importanza esaurire il glicogeno muscolare (scorta di zuccheri all’interno del muscolo sfruttabile come energia) nel più breve tempo possibile, con questa routine vi assicuro un ottimo risultato e soprattutto è garantito che per almeno 4/5 giorni sentirete il vostro petto aver lavorato!

Roberto Eusebio
Campione nazionale assoluto di body fitness

La ricerca della perfezione

Nella costante ricerca della perfezione, Bodytraining.it è lieto di annunciarvi che lo staff si amplia con tre nuovi professionisti dell’allenamento funzionale:

Professor Luca Ceria – Dr. in Scienze Motorie, l’Istruttore Castellucci Roberto – Allentore di Kettlebell Training, Functional Training e Istruttore di Body Building ed il Professor Bianco Franco – Dr. in Scienze e Tecniche dello sport e dell’allenamento.

Questi tre professionisti, insieme, compongo lo staff del sito http://www.ftkgym.com che da oggi avrà la sua sezione di discussione all’ interno del network bodytraining.it.

Il functionaltraining.tk è un’organizzazione nata con l’obiettivo di divulgare l’allenamento funzionale e la corretta applicazione dei suoi attrezzi: kettlebells, ring, water pipe, trx, box jump, sbarra, scaletta orizzontale e verticale, tappeti meccanici, hammer, copertone, sand bag, bilanceri e manubri, rope, bulgarian bag, ma, soprattutto, il proprio corpo.

Nasce un nuovo modo di concepire l’allenamento, non più isolato come il vecchio bodybuilding, ma inteso nella propria completezza, sfruttando le catene cinetiche del corpo e rispettando i reali e naturali parametri del movimento. La vecchia era del movimento settoriale lascia il posto al movimento dell’insieme: “il corpo umano non è nato a piccoli pezzi, ma nella sua completezza”. ll nostro allenamento rende protagonista la persona in ciò che fa, seguita passo dopo passo nel proprio percorso di miglioramento fisico, rendendo vario, motivante e divertente l’allenamento.

Il metodo FTK SYSTEM rende l’allenamento completo, allenando ciclicamente le capacità condizionali: velocità, forza, resistenza e flessibilità, unite all’intervento di varie capacità coordinative: destrezza fine, equilibrio, capacità di reazione, memorizzazione motoria e anticipazione motoria… La progressione e programmazione seguirà 3 semplici parametri: dal facile al difficile, dal noto all’ignoto e dal semplice al complesso. All’interno di tale meccanismo varieranno tempi di lavoro, ripetute, serie, tempi di recupero. L’idea, l’organizzazione la metodologia viene applicata concretamente all’interno di una vera e propria palestra funzionale (FTK GYM) a Biella in via Torino 61.

 

staff allenamento funzionale ftk kettlebellsnella foto in ordine abbiamo Castellucci Roberto, Luca Ceria e Bianco Franco (FTK System)

L’allenamento funzionale

Oggi la novità nel mondo del fitness è l’allenamento funzionale. Stanno nascendo Trainer che si occupano di questo tipo di allenamento proclamando di aver inventato questo o quello.

Dall’altro lato c’è tutto il popolo dei bodybuilder e fautori del fitness e del wellness che cercano di capirlo o screditarlo. La domanda che più spesso viene posta da questi ultimi è: funzionale a che cosa?

La ragione come spesso accade sta nel mezzo. Partiamo dal dire che nessuno ha inventato nulla o quasi. L’allenamento oggi chiamato funzionale esiste da sempre. Dai lottatori di Pancrazio e gli atleti delle Olimpiadi dell’antica Grecia ai monaci shaolin in Cina, dalle popolazioni maya ai pescatori delle isole giapponesi. Tutti utilizzavano un tipo di allenamento e delle attrezzature che oggi rientrerebbero nel contesto del functional training. Solo a partire dagli anni ’60 con l’avvento del bodybuilding che guardava più all’ipertrofia rispetto all’atleticità della persona, l’allenamento è cambiato.

kettlebells ring water pipe trx box jump sbarra scaletta orizzontale verticale tappeti meccanici hammer copertone sand bag bilanceri manubri rope bulgarian bag

E’ stato trasformato da un allenarsi a tutto tondo ad allenarsi in modo settoriale, dividendo i gruppi muscolari, aiutati anche dalla comparsa delle prime macchine isotoniche. Queste attrezzature permettevano di sviluppare i muscoli settorialmente, l’aspetto estetico del praticante migliorava e il tutto avveniva in totale sicurezza. Le macchine isotoniche infatti non sono assolutamente da demonizzare, in determinate casistiche possono sicuramente essere considerate utili. Riabilitazione, persone anziane o con problemi fisici possono sicuramente lavorare su questo tipo di attrezzature. Del resto tra poco e nulla, poco è sicuramente meglio. Dopo questa breve introduzione storica ritorniamo alla prima affermazione.

Funzionale a che cosa? Cerchiamo prima di capire cosa significa Funzionalità. Per funzionalità si intende la “capacità di rispondere perfettamente alle specifiche esigenze per le quali si è stati progettati”. L’allenamento funzionale interessa più aspetti della fisiologia e dell’anatomia del corpo umano, dato che per rispondere a specifiche esigenze vengono coinvolti il potenziamento, l’allungamento, la respirazione, il rilassamento e quindi un insieme di fattori legati all’allenamento.

E’ correlato all’allenamento dell’equilibrio, della stabilizzazione o della propriocezione. Un’attività che allena il “movimento” e includerebbe un tipo di attività che richiede la produzione di forza muscolare sia statica che dinamica. La capacità di essere consapevoli di come l’intero corpo, o una parte di esso è posizionata in ogni singolo momento nello spazio, deve essere sviluppata attraverso un allenamento specifico.

Essere forti non significa assolutamente essere funzionali! Un soggetto per ritenersi funzionale dovrebbe avere un mix di qualità che comprendono elasticità muscolare, mobilità articolare, forza, coordinazione, equilibrio, capacità di controllo del corpo nel suo insieme oltre che resistenza muscolare ed una buona capacità aerobica. Il classico e tradizionale allenamento che la maggior parte delle persone svolgono nella sala fitness non consente di raggiungere un buon equilibrio di tutte queste qualità.

“Successful training is intelligent training. Intelligent training is knowing the why of an exercise, as well as what and how” John Hawley (Director of High Performance Laboratory Sport Science Istitute of South Africa)

“L’allenamento con la miglior resa è un allenamento intelligente. L’allenamento intelligente è conoscere il conoscere il perchè di un esercizio allo stesso modo del cosa e come lo fai”.

Credo che ora la risposta siate in grado di darvela da soli………….

 

FTK Staff

SPINNING® for TIBET

DOMENICA 29 NOVEMBRE per la seconda edizione di SPINNING® for TIBET la palestra Armonia 2000 di Grottaferrata sita in Via della Pedica 163, ospita tre fantastiche ride di SPINNING® a scopo benefico. I ricavati saranno devoluti all’associazione ASIA ONLUS utile ad adottare a distanza un bambino meno fortunato di noi.

Ogni team-teach ride ha il costo base di € 7,00 si parte da un minimo di 50 bici per ogni ride fino ad aumentare…Ecco il programma:

Ore 10 30
Barbara Pauri – Francesca Savina

ore 11 30
Giorgio Lombisani – Enrico Romanzi

ore 12 30
Fabrizio Croce – Claudio Guerrini

Infoline: Claudio 335.6992923 – Palestra 06.9415298

Aspettiamo le vostre adesioni. Una buona causa addolcisce la vita!!! Spinning® the ORIGINAL!

Spinning for tibet 29 novenbre 2009 beneficienza

Il Gran Dorsale

E’ sicuramente uno dei gruppi muscolari che prediligo, o per lo meno uno tra i più interessanti e stimolanti che adoro allenare. Il gran dorsale per la sua vastità ed ampiezza è sicuramente uno dei muscoli più imponenti del corpo umano, determinato in ognuno di noi dalla genetica.

Proprio il sistema scheletrico determina lo sviluppo di tale muscolo in ampiezza data dal rapporto tra l’asse bisacromiale con quello bisiliaco di 2 a 1, ovvero che la larghezza delle spalle dovrebbe superare quella della vita e lo spessore rappresentato dalla capacità di volume della cassa toracica.

Altro fattore genetico importante determinante l’ipertrofia è la tipologia delle fibre che costituisce il muscolo stesso. Prima di parlare degli esercizi primari per lo sviluppo del gran dorsale volevo dare dei cenni di anatomia dove è situato questo muscolo e della sua funzione nel nostro corpo.

Il gran dorsale è un muscolo che origina sulla colonna vertebrale per un lungo tratto che va dai processi spinosi della sesta e settima vertebra dorsale fino ad arrivare posteriormente alla fascia toraco lombare e alla cresta iliaca. L’inserzione prossimale invece è situata sul piccolo tubercolo a livello della testa dell’omero, alcune volte le fibre del dorsale si inseriscono anche sulla scapola. La funzione di questo muscolo è quella di adduzione ed intrarotazione del braccio verso il tronco, se il punto fisso è il braccio sarà il tronco ad avvicinarsi (trazioni alla sbarra). Il muscolo dorsale lavora tuttavia in sinergia con altri muscoli, tra i più importanti ricordiamo il trapezio, teso tra la colonna e la spina della scapola, la contrazione di questo muscolo comporta un avvicinamento della scapola verso la colonna vertebrale, il deltoide spinale, comunemente chiamato deltoide posteriore, il grande rotondo, ed il bicipite brachiale.

Proprio perché è un muscolo vasto e compromette l’utilizzo di tanti altri agonisti l’allenamento del dorso comporta un alto dispendio energetico, a livello muscolare e a livello neuronale, preferisco allenarlo una volta solo durante il microciclo settimanale onde evitare di sovrallenarmi.

Quindi il mio allenamento settimanale lontano dal contesto gare è strutturato in questo modo:

LUNEDI’: mattina, addominali, bicipiti – pomeriggio, petto spalle e richiamo dei tricipiti.

MARTEDI’: mattina stretching e preparazione atletica che servono ad un eventuale coreografia da gara.

MERCOLEDI’: mattina,polpacci, e richiamo dei bicipiti e tricipiti – pomeriggio quadricipiti e femorali.

GIOVEDI’: mattina, stretching e preparazione atletica che servono ad un eventuale coreografia da gara

VENERDI’: mattina, addominali, tricipiti – pomeriggio, dorsali, deltoidi spinali, e richiamo dei bicipiti.

SABATO E DOMENICA: riposo.

gran dorsale roberto eusebio campione assoluto body fitness

La seduta di allenamento per i dorsali la incomincio facendo dello stretching, per la schiena, in ginocchio piego il busto verso il pavimento cercando di abbassare il petto il più possibile, tenendo la testa alta e le braccia distese avanti, questo esercizio interessa particolarmente i dorsali nella fascia laterale; poi in piedi con una parete alle spalle, giro il busto e la testa indietro, tenendo le ginocchia leggermente flesse.

Appoggio le mani alla parete forzando la tensione di allungamento in questa fase di stretching coinvolgo la parte alta e centrale della schiena. Il primo e forse il più completo esercizio che esista per la schiena, le trazioni al pulley basso o alto (a seconda di dove si vuole concentrare il lavoro alzando la traiettoria della forza il lavoro si sposta sulla parte alta della schiena e sul trapezio). Questo esercizio costruisce sia spessore che ampiezza nei dorsali e pone una sollecitazione rilevante su trapezi ed erettori spinali. La sollecitazione secondaria è sui deltoidi spinali, bicipiti, brachiale e flessori degli avambracci, personalmente essendo debole di questi ultimi utilizzo dei ganci onde evitare che mi scappi la presa visti i carichi elevati di lavoro che utilizzo con questo esercizio.

Con questo esercizio eseguo 4 serie da 6/8 ripetizioni con un recupero tra una serie e l’altra di 2 minuti. Premetto che malgrado i carichi elevati, l’esecuzione non deve mai essere errata, afferrata la maniglia, colloco i piedi contro la sbarra di fermo vicino alla puleggia sul pavimento e mi siedo sulla macchina, tengo le gambe leggermente flesse di circa 10 gradi durante tutto il movimento allo scopo di evitare sollecitazioni dannose alla parte inferiore della schiena, raddrizzo completamente le braccia e piego in avanti fino a quando il busto non sfiora le cosce, una posizione quest’ultima che tende completamente i dorsali. raddrizzo il busto e tiro la maniglia prima con un adduzione portando indietro le spalle e chiudendo le scapole, poi con una flessione ulteriore delle braccia, in questo modo sono sicuro di contrarre completamente la muscolatura.

Altro esercizio fondamentale sono le trazioni al lat machine, con questo esercizio aggiungo ampiezza ai miei dorsali. Le trazioni frontali sollecitano in primo luogo le sezioni inferiori e centrali del dorso, mentre le trazioni dietro al collo sono per la parte superiore dei dorsali e trapezi. Anche qui c’è una forte sollecitazione secondaria sui deltoidi spinali, bicipiti, e flessori degli avambracci. L’esecuzione di questo esercizio può essere variata in funzione di quale sbarra si utilizza ad esempio il trazibar o la sbarra dritta in tutti e due i casi l’impugnatura deve essere di circa 30 cm più larga delle spalle.

Afferro la sbarra stendendo completamente le braccia, metto le gambe sotto la sbarra di fermo, per impedire al corpo di muoversi mentre eseguo l’esercizio. Tenendo la schiena arcuata durante l’esercizio, tiro il peso verso il basso fino a quando non tocco la parte superiore del petto poi lentamente rilascio allungando nuovamente le braccia e la muscolatura dorsale. Con questo esercizio eseguo sempre 4 serie da 8/10 ripetizioni e 90 secondi di recupero tra una serie e l’altra.

Le ultime ripetizioni le concludo effettuando delle scapolate, poiché la muscolatura del braccio si esaurisce prima rispetto a quella del dorso, quindi in questo caso l’esecuzione si limita solo all’abbassamento delle spalle. Alterno le trazioni al lat machine con trazibar utilizzando a volte il triangolo, in questo caso l’unica variante è che durante l’adduzione il gomito è attaccato al busto e la contrazione si sposta maggiormente nel centro schiena.

Concludo la mia sessione di allenamento dei dorsali con il pullover, questo movimento sollecita i dorsali e mi precongestiona i pettorali, importante anche il lavoro del gran dentato agonista nella stabilizzazione che ha nei confronti della scapola, mantenendo quest’ultima ben aderente alla parete toracica.

Mi sdraio su una panca ed afferro il disco superiore del manubrio con il palmo delle mani portandolo al di sopra dell’articolazione della spalla. Le braccia le tengo leggermente piegate di circa 15 gradi onde evitare di gravare l’articolazione del gomito. Mantengo comunque i gomiti in dentro verso la linea centrale del corpo durante tutto l’arco del movimento. Con questo esercizio faccio 3 set da 10/12 ripetizioni e 60 secondi di recupero tra un set e l’altro. Molto importante è eseguire una corretta espirazione durante la fase concentrica del movimento, questo per non creare pressioni endoaddominali che possono portare a fuoriuscite di ernie inguinali sopratutto quando i carichi sono elevati.

Un ultimo consiglio che posso dare per essere certi di congestionare al massimo la muscolatura dorsale è il seguente; ricordate in fisica il Lavoro è dato dalla Forza per lo Spostamento (L = F x S), la forza naturalmente è il carico che sollevate, lo spostamento è il movimento più completo possibile che le vostre articolazioni vi permettono di fare, quindi in parole povere, usate sempre dei grossi carichi ma mantenete l’esecuzione degli esercizi sempre corretta e vedrete vi stupirete dei risultati !!!!.

Roberto Eusebio
Campione nazionale assoluto di body fitness

L’allenamento dei deltoidi

Si deve alla linea e allo sviluppo delle spalle una buona percentuale dell’immagine di un “bel fisico”. Infatti, un fisico con un deltoide ben sviluppato, ma con carenze in braccia, pettorali o dorsali, viene meno percepito come disarmonico rispetto ad un fisico con spalle piccole e braccia petto e dorso più prominenti.

Il muscolo deltoide (chiamato anche spalla) è suddiviso in tre fasci denominati: clavicolare (anteriore), acromiale (centrale), spinale (posteriore). Il fascio clavicolare origina dal terzo laterale della clavicola, il fascio acromiale dall’acromion e il fascio spinale dal margine inferiore della spina della scapola. Tutti e tre i fasci si inseriscono alla tuberosità deltoidea.

I tre fasci muscolari, che costituiscono la spalla, hanno in parte un’azione sinergica ed in parte un’azione antagonista. Il deltoide è l’abduttore più importante dell’omero e fino a 90° entra in funzione solo il fascio acromiale; oltre entrano in funzione anche i fasci clavicolare e spinale. Il fascio clavicolare, aiutato parzialmente dal fascio acromiale, determina un’antiversione della spalla, mentre il fascio spinale, aiutato sempre dal fascio acromiale, determina invece una retroversione della spalla.

Questo ha importanza nei movimenti del braccio perché il fascio clavicolare può intraruotare il braccio addotto e ruotato all’esterno; mentre il fascio spinale può extraruotare il braccio se è ruotato all’interno. Il fascio clavicolare del deltoide lavora in modo significativo anche con l’allenamento dei pettorali; lo stesso è per il fascio spinale che lavora sinergicamente con i gran dorsali.

deltoide spalla allenamento

Quindi è opportuno tener presente che, nel micro ciclo settimanale di allenamento, l’allenamento dei deltoidi può essere abbinato all’allenamento dei pettorali e dei dorsali. Infatti, nella mia preparazione fisica, svolgo i miei allenamenti per i gran dorsali con qualche esercizio ad esaurimento del deltoide spinale, come ad esempio delle abduzioni con busto flesso a 90°, oppure con esercizi come il rowing torso, tenendo il gomito distante dal busto, spostando così il lavoro più a carico del deltoide spinale rispetto al gran dorsale.

Gli allenamenti del gran pettorale invece li svolgo con esercizi del deltoide clavicolare, facendo delle alzate frontali con bilanciere o con manubri. La parte acromiale, invece, che è la parte del deltoide che lavora anche sinergicamente con gli altri due fasci, può essere inserita negli allenamenti di entrambi i gruppi muscolari: del petto e del dorso; come ad esempio un esercizio di abduzioni laterali con manubri o cavi. Talvolta eseguo tali esercizi più volte alla settimana proprio perché ho questa disponibilità. Ma se dovessi scegliere di allenare i deltoidi da soli in un unico micro ciclo, svilupperei l’allenamento nel modo che ora indicherò.

Inizierei con un esercizio di base pluriarticolare, come ad esempio un lento dietro con manubri o bilancieri. Bisogna tuttavia tener presente che questo esercizio è poco indicato per coloro che hanno un atteggiamento cifotico, quindi un piano scapolare che porta ad una extrarotazione ed iperestensione della spalla, creando una situazione critica per l’articolazione stessa. In questo caso meglio eseguire un lento avanti.

In questo esercizio di base vi è una compromissione delle fibre abbastanza globale; è necessario quindi proseguire l’allenamento lavorando i fasci del deltoide, come già accennato in precedenza, cercando di isolare il lavoro. In particolare, per il fascio clavicolare: abduzioni frontali con manubri; per il fascio acromiale: abduzioni laterali; infine per il fascio spinale: abduzioni a 90°. La spalla non è un muscolo grande, ma il suo sviluppo, come ho già accennato, porta ad una armonia e a una completezza della forma e della linea globale del nostro fisico.

Roberto Eusebio
Campione nazionale assoluto di body fitness

Aiutiamo Emanuele Lo Bue

Tutto lo Staff di bodytraining.it è rimasto colpito dalla vicenda del picccolo Emanuele Lo Bue e, per questo, abbiamo deciso di supportare la sua causa aiutandolo, nel nostro piccolo, a diffondere la sua storia e spronando tutti i nostri visitatori – “sportivi e non” – ad aiutare questo bambino ed a sostenerlo nel lungo cammino che lo attende.

Di seguito troverete la storia di Emanuele e i recapiti con gli estremi per poter partecipare attivamente ad aiutare questo bambino che lotta ogni giorno con grande forza. Tieni duro Emanuele siamo tutti con te !

GIUSTIZIA PER EMANUELE LO BUE

Emanuele Lo Bue è un bambino di Cologno Monzese (MI) che a causa di una banale intervento chirurgico riversa in un stato di coma neurovegetativo.

Emanuele il 10 aprile del 2007 entrò all’ospedale San Raffaele di Milano per una semplice operazione di appendicite, ma durante la preanestesia, non si sa ancora esattamente per quale motivo, è rimasto in anossia per 15 minuti o più, successivamente è rimasto in terapia intensiva per 2 mesi e ha subito l’asportazione della teca frontale perchè la pressione endocranica è aumentata a dismisura. Il 28 maggio 2007 è stato dimesso con la corteccia celebrale distrutta, il cervello a macchia di leopardo, senza osso frontale e in stato di coma neurovegetativo. Il 10 settembre è tornato al San Raffale di Milano per rimettere la teca frontale, successivamente è stato ricoverato presso la clinica di Bosisio.

Emanuele ha subito in totale 5 operazioni. Ora è nella sua abitazione, dove viene nutrito artificialmente e sottoposto quotidianamente a terapie di riabilitazione quali fisioterapia e logopedia, ha bisogno di assistenza continua 24 ore su 24.Una vita spezzata in tenera età quando tutti i sogni ti sembrano possibili, quando guardi al futuro solo con entusiasmo ed ottimismo perché la vita ti sorride e pensi che tutto ciò che sogni e desideri si realizzerà al più presto….sogni e pensieri di bambino ai quali Emanuele ha dovuto bruscamente rinunciare. Ora finalmente pare si apra uno spiraglio nella triste vicenda di Emanuele: è stata fissata per il giorno 18 dicembre 2009 presso il Palazzo di Giustizia di Milano la prima udienza penale dove sono stati chiamati in giudizio i quattro anestesisti che hanno assistito il piccolo durante l’intervento di appendicite.Ciò che è stato tolto ad Emanuele nessuno potrà restituirglielo però confidiamo nella Magistratura affinché sia fatta chiarezza finalmente sui fatti che hanno determinato lo stato di coma neurovegetativo del bambino.

La famiglia chiede GIUSTIZIA, ma non solo…in questi due anni e mezzo migliaia e migliaia di persone hanno conosciuto la storia di Emanuele e attraverso un passaparola mediatico hanno creato gruppi sul principale social network Facebook (basti pensare che solo uno dei gruppi conta più di 25.000 iscritti). Oggi sono migliaia gli amici che quotidianamente seguono il “diario di bordo” che la mamma (la sig.ra Eleonora Crespi) tiene su facebook, aggiornandoli in tempo reale su come Emanuele trascorre le giornate.

EMANUELE VUOLE VIVERE! HA BISOGNO DEL SUO FUTURO!

Per contattare la mamma Eleonora:

e-mail: eleonora.crespi@alice.it
cellulare: 333 2915163
abitazione: 02 27303754
sito internet: http://www.salviamoemanuele.blogspot.com

Azione dinamica specifica (ADS)

Molte persone non sanno che in un regime alimentare bisognerebbe valutare anche l’ ADS (azione dinamica specifica) o meglio la spesa energetica che avviene durante l’assimilazione/metabolizzazione del cibo, nel conteggio calorico totale di un regime dietetico sia per la massa che la definizione.

Infatti, ogni alimento introdotto nel nostro organismo, per essere metabolizzato, causa un dispendio energetico in grado di aumentare per qualche tempo(circa 6 ore) il metabolismo.

Analizzando i principali macronutrienti vediamo che:

    • Le proteine su 100 kcal aumentano il metabolismo di 30 kcal, circa il 30%
    • I carboidrati su 100 kcal aumentano il metabolismo di 6 Kcal, circa il 6%
    • I grassi su 100 kcal aumentano il metabolismo di 4 Kcal, circa il 4%

In pratica ne consegue che la quantità calorica introdotta dai suddetti macronutrienti risulta ridotta proprio dall’azione dinamico specifica degli alimenti. Ovvero, per metabolizzare/assimilare proteine, grassi e carboidrati, si consuma energia che va sottratta dagli alimenti stessi o dalle riserve organiche.

A seconda del tipo di dieta e dalla quantità dei vari macronutrienti, mediamente, si attribuisce all’ADS una percentuale calorica che và dal 3 al 12% circa dell’introito calorico totale giornaliero.

Ciò significa che se avete calcolato il vostro fabbisogno calorico totale di circa 2000Kcal e la percentuale calorica maggiore di esse deriva dalle proteine, dovete considerare che il 10/12 % circa di 2000 kcal verrà consumato proprio per l’assimilazione degli alimenti presenti nella dieta, aumentando cosi il vostro metabolismo.

In un regime alimentare misto, invece, l’ ADS delle proteine è ridotta dalla presenza degli altri cibi, ad esempio i grassi, che limitano l’ ADS di ogni principio nutritivo se presi in concomitanza. L’ ADS è causata dal lavoro delle ghiandole che producono i succhi digestivi, dall’assorbimento e dalla trasformazione dei prodotti della digestione.

E’ ovvio che questa spesa calorica, in un regime dietetico atto alla definizione, deve essere oggetto di attenta considerazione, onde evitare di introdurre un apporto calorico troppo basso che rallenterebbe il metabolismo, impedendovi di ottenere il dimagrimento desiderato.

Volume, intensità e densità di carico

Seguire una scheda di allenamento è fondamentale poiché, oltre che a visualizzare gli esercizi, permette anche di evidenziare eventuali miglioramenti di forza muscolare e variazioni dei pesi rispetto agli allenamenti precedenti.

Questo strumento, se ben utilizzato (segnando, ad esempio, ogni progresso ottenuto), prende in considerazione vari distretti muscolari, definendone l’intensità, la densità, il volume di lavoro e la frequenza, a seconda degli obiettivi e delle caratteristiche del singolo atleta.

L’intensità di lavoro può, dunque, essere rappresentata dalla percentuale massima del carico utilizzato, ovvero, in sostanza, la percentuale della massima prestazione di cui è capace l’atleta. Se prendiamo, ad esempio, un culturista che solleva 100Kg di massimale di panca (una sola volta), la sua percentuale sarà il 100% di intensità, se nella successiva ne alza 90Kg avremo l’intensità al 90% e così via… L’intensità appropriata per aumentare il volume muscolare – nel più breve tempo possibile e con intelligenza – varia dal 65% all’ 85% del massimale. Diversamente, un’intensità superiore (dall’ 85% al 100%) stimolerà maggiormente la forza generale e/o massimale.

Per quanto, poi, concerne la densità, essa può essere definita come il rapporto del tempo tra le fasi di lavoro e quelle di recupero nella singola seduta. Essa, dunque, dipende direttamente dall’intensità in quanto più questa è alta, maggiori dovranno essere i tempi di recupero tra le serie. Un’adeguata densità di stimolo rende produttivo l’allenamento, il carico di lavoro ed evita che le risorse energetiche si esauriscano troppo rapidamente. Per un culturista che si allena ad una intensità tra il 65% e l’85%, i tempi di recupero variano dal minuto ai tre minuti circa. Per l’atleta di powerlifting, il recupero sarà di 5 minuti e così via. I tempi di recupero servono per ripristinare in parte o totalmente l’ATP (adenosintrifosfato).

Il volume di allenamento, invece, è la somma dei chilogrammi sollevati in una seduta di allenamento e, perciò, è dato dal numero delle serie e delle ripetizioni eseguite.

La frequenza, invece, dipende dall’intensità, dal volume e dalla densità di lavoro. Più questi saranno elevati e minore sarà la frequenza di allenamento. E’, infatti, provato scientificamente che debbono trascorre 4 giorni circa – se non di più – prima di riallenare uno stesso muscolo per il principio della supercompensazione.

Molto importante è anche la velocità del movimento durante le ripetizioni di ciascuna serie. Più volte ripeto ai miei allievi che durante la fase eccentrica del movimento e, dunque, quella cedente o negativa, la velocità deve essere controllata (generalmente di 2 secondi), mentre quella attiva o concentrica o positiva, deve essere eseguita in modo esplosivo al fine di poter implicare tutte le fibre disponibili (un secondo circa). Non dimentichiamo mai un elemento fondamentale e di base: la massa muscolare aumenta con carichi elevati e con un costante loro incremento. Altrimenti perche esisterebbero vari tagli di pesi se potessimo crescere tutti con pesi da 4Kg?

Le credenze lasciano il tempo che trovano.Largo spazio, invece, allo studio e alla scienza concreta, cercando di accumulare più esperienza possibile, utilizzando sempre il cervello.

Francesco Crisafulli,
Personal Trainer e 2 volte campione Italiano F.I.P.C.F. CONI.