Forza e prevenzione: matrimonio possibile?

“Aumento netto e vistoso degli infortuni che hanno falcidiato soprattutto gli organici delle grandi società”, questa è laconica e soprattutto veritiera affermazione del mio amico Vincenzo Pincolini in un suo articolo apparso recentemente proprio su questa stessa rivista (Maggio, 2001).

Al di là di queste purtroppo esatte affermazioni, che inevitabilmente ci portano in un secondo tempo a tutta una serie di considerazioni sulle ragioni del fenomeno in questione, vorrei in queste poche righe cercare di fornire qualche strategia di ordine pratico per quantomeno cercare di prevenire il “problema infortunio”, ovviamente per quanto possibile questo sia.

Coniugare allenamento di forza e prevenzione, come anticipato nel titolo, missione impossibile? Direi proprio di no, anzi al contrario, possibilissima ed oltretutto molto redditizia, sia in termini di economia di tempo dedicato all’allenamento muscolare, che di risultati, e poi molto onestamente direi che, visti i possibili benefici, varrebbe proprio la pena di tentare di prendere i classici ” due piccioni con una fava”, nel senso di cercare di mettere in pratica un piano di allenamento muscolare che tocchi, sia caratteristiche muscolari definibili come “classiche”, (forza, potenza, elasticità… ) e che ottenga contestualmente un condizionamento muscolare di tipo preventivo.
Il periodo della preparazione pre-campionato mi sembra in effetti il momento ideale per poter cercare di attuare nel migliore dei modi questo tipo di strategia, per molte ragioni , sia per il periodo relativamente lungo a disposizione, sia per la “relativa calma psicologica” che andrà ben presto persa non appena la vicinanza del campionato si farà sentire e vuoi anche per la migliore attitudine mentale dei giocatori nei confronti della preparazione. Vediamo quindi di fornire in primo luogo una serie di mezzi di lavoro, ovviamente spiegandone e giustificandone l’uso, che racchiudano questo “doppio indirizzo”: allenamento della forza muscolare/condizionamento preventivo e successivamente cerchiamo di indicare una serie di principi metodologici a cui questi mezzi di lavoro devono attenersi per poter programmare un piano di lavoro razionale e coerente.

1°mezzo di lavoro: l’eccentrico : come ottimizzarlo.

L’allenamento eccentrico da un punto di vista prettamente “atletico” ci permette, come tutti ben sanno, di poter aumentare notevolmente la forza muscolare dell’atleta, oltretutto il miglioramento della forza eccentrica può avere, rispettando alcuni principi metodologici, anche delle positive ricadute sulla forza massima dinamica. Unico neo dell’allenamento eccentrico è l’utilizzo di carichi sovramassimali, normalmente compresi tra il 100 ed il 120% di 1RM. L’eccentrico comporta una forte perturbazione strutturale delle fibre muscolari, soprattutto di quelle veloci (Armstrong e coll., 1983; Friden e coll., 1981; Newham e coll, 1983) e conseguenza induce un importante ristrutturazione a livello muscolare, cogliendo in pieno quindi uno dei principi basilari dell’adattamento muscolare enunciabile come “break down and build up”, che possiamo tradurre nel più italico principio di “destrutturare prima e ristrutturare dopo”. Tuttavia l’eccentrico non solo ci permette di migliorare le qualità di forza dell’atleta ma, come già visto ne “I quaderni del Nuovo Calcio. Prevenzione, cura e recupero degli infortuni , seconda parte” (Maggio 2001), è un ottimo mezzo per “condizionare” la muscolatura nel resistere al violento fenomeno del sovrastiramento (overstretching) alla quale quest’ultima viene sottoposta durante gli impegni di tipo esplosivo. L’eccentrico quindi è il nostro primo, ottimo esempio, di matrimonio perfetto tra l’allenamento della forza muscolare ed il condizionamento preventivo. Come ottimizzarlo quindi?

L’eccentrico variabile.

Rendere allenante il carico durante tutto l’arco del movimento è un principio di base per tutte le metodologie di lavoro che comportino l’utilizzo di sovraccarichi, vediamo come farlo con l’eccentrico. Prendiamo una delle esercitazioni in eccentrico maggiormente allenanti e condizionanti a livello muscolare come il semi squat. Nel semi squat sino a circa la posizione di _ di squat si possono utilizzare carichi elevati, dal _ di squat sino alla posizione di _ squat la forza massimale diminuisce di circa il 20-25%, a causa del cambiamento del braccio di leva articolare (Bisciotti, 2000). Per poter utilizzare un carico adatto a rendere allenante tutto l’arco del movimento occorrerà quindi adottare un primo carico, più pesante, sino ad _ di squat ed un secondo carico, più leggero di circa il 20-25%, dalla posizione di _ di squat sino a quella di _ di squat. Questo è il concetto da utilizzare in quello che ho voluto chimere “eccentrico a carico variabile” e che si può facilmente metter in pratica con l’utilizzo dello stratagemma adottato in figura 1. Come è facile notare quando l’atleta arriva alla posizione di _ di squat, i pesi vincolati alle due catene toccano terra, scaricando l’atleta del 25% del peso, permettendo in tal modo di eseguire correttamente, con il secondo carico, l’ultima parte dell’esercizio. Per sensibilizzare un’omogenea ripartizione del carico sulle due gambe sarebbe consigliabile l’uso di due semplici bilance sotto i piedi dell’atleta.

Serie consigliate: da 3 a 5
Carico: dal 100 al 120% del carico massimale
Ripetizioni: da 4 a 6
Recupero: tempi di recupero molto lunghi compresi tra 5 e 7’
Nota: lo stesso principio del “carico variabile” è adottabile anche in concentrico.

Fotografia 1: L’ eccentrico “variabile” permette di ottimizzare il carico utilizzato, adattandolo al cambiamento del braccio di leva, lungo tutto il decorso del movimento. Per rendere omogenea e sensibilizzare la ripartizione del carico, sarebbe inoltre consigliabile l’uso di due semplici bilance poste sotto i piedi dell’atleta.

Fotografia 2: Gli ischio crurali mostrano una forte diversità nella capacita di forza eccentrica in rapporto alla parte del range totale di movimento utilizzato. Per questa ragione è giusto considerare due range di movimento, il primo da 90° a 135° ed il secondo da 135° a 180°.

Per quello che riguarda gli ischio-crurali, muscolatura che necessita di un forte allenamento e condizionamento in eccentrico, il principio dell’eccentrico a carico variabile non è facilmente adottabile. Osservate in fatti le due fotografie che si riferiscono ad un esercizio eccentrico effettuato sul leg curl: il movimento può essere sostanzialmente suddiviso in due range, il primo che va dai 90° ad 135° ed il secondo dai 135° ai 180°. Ebbene nella seconda parte di movimento (135°-180°), la forza eccentrica degli ischio-crurali può essere addirittura superiore di tre volte rispetto a quella registrabile nella prima parte del movimento stesso (90°-135°). Da qui la necessità di considerare i due movimenti separatamente, adottando i due diversi rispettivi carichi di allenamento.

Eccentrico + super slow

Sempre nel Quaderno del Nuovo Calcio dedicato alla prevenzione, cura e recupero degli infortuni. (seconda parte. Maggio 2001) prima citato, ricordavamo come il muscolo si insulti durante una contrazione eccentrica anche a causa della mancanza di ossigeno che sopravviene in simili condizioni di contrazione. Un secondo principio metodologico nell’ambito dell’eccentrico è quello che ho voluto denominare “rinforzare in eccentrico-capillarizzare in concentrico”. Si tratta in pratica di eseguire una serie in eccentrico abbinata ad una particolare modalità di allenamento concentrico denominata “super slow”. Il super-slow, fattomi scoprire dal mio amico e collega Pincolini, è una metodologia nata in ambito fisioterapico ed ora “rubata” anche dai culturisti. Questo tipo di lavoro prevede delle contrazioni estremamente lente, di 5 secondi durante la fase eccentrica e di ben 10 durante la fase concentrica, per un totale di 6-8 ripetizioni, ossia per di 1’30-2’ di lavoro complessivo. Il super-slow, mette metabolicamente in crisi il distretto muscolare allenato, inducendo una forte capillarizzazione di quest’ultimo. Data la natura del super-slow, che ovviamente non si adatta perfettamente alla connotazione balistica del gesto tecnico del calciatore, è consigliabile un inserimento di esercitazioni di forza esplosiva a fine concatenazione. La scaletta utilizzabile potrebbe essere quindi:

Eccentrico (con le modalità sopra-descritte)- 3’ di recupero – super slow- 3’-4’ di recupero, serie di forza esplosiva. In alternativa il mini-blocco di forza esplosiva può essere inserito a fine seduta.

Serie consigliate: da 2 ad un massimo di 3
Carico: dal 100 al 120% del carico massimale in eccentrico, un carico che permetta almeno 6 ripetizioni (10’’ in concentrico + 5’’ in eccentrico) per il super-slow.
Ripetizioni: da 4 a 6 per l’eccentrico, 1’30’’-2’ di lavoro totale per il super slow.
Recupero: tempi di recupero molto lunghi compresi tra 5 e 7′
Nota: osservare un tempo di recupero di circa 3’-4’ tra la fine del super slow e la serie di forza esplosiva, che dovrebbe essere basata su 4-5 ripetizioni. Osservare inoltre, soprattutto nella fase iniziale della programmazione, un tempo di recupero di 3’- 3’30’’ tra l’eccentrico ed il super-slow.

2°mezzo di lavoro: L’eccentrico flash con carico: alleniamoci al cambio di direzione

La fase eccentrica di un cambiamento di direzione, come d’altronde anche quella di un salto o di uno sprint, costituiscono un momento estremamente delicato e potenzialmente pericoloso per l’integrità del complesso muscolo-tendineo. Tuttavia se analizziamo tutta la cinematica del movimento possiamo accorgerci che in effetti la fase eccentrica fa parte di un continuum che, in quanto tale, si svolge senza soluzione di continuità e che è giusto considerare ed allenare nella sua totalità, perché è proprio in tal modo che il muscolo si comporta durante l’attività specifica. Osserviamo la sequenza fotografica sottoriportata che illustra proprio un cambiamento di direzione. Nella prima fase (immagine A) il muscolo cede eccentricamente verso il basso, in questa fase in un primo tempo il complesso muscolare viene bruscamente stirato e solo verso la fine dell’allungamento produce una forza eccentrica molto alta per frenare il movimento stesso , forza dell’ordine di circa 2 / 2.5 volte il proprio peso (quindi circa 150 — 180 kg per un atleta di 75 kg). E’ proprio in questa fase che il muscolo rischia di insultarsi, sia per la violenza dello stiramento (nella prima fase), che per la forte tensione che deve sviluppare (seconda fase). Immediatamente dopo la fase eccentrica segue una brevissima fase che potremmo definire di “stabilizzazione isometrica” (immagine B) , sulla quale s’innesta senza soluzione di continuità una contrazione concentrica di tipo esplosivo (immagine C) che corrisponde al momento in cui la gamba si estende. Come riprodurre “a secco”, durante l’allenamento di muscolazione, la stessa sequenza di attivazione muscolare, in modo da allenare e condizionare il muscolo al movimento specifico? Il concetto di quello che ho denominato “eccentrico flash con carico” è proprio questo: riprodurre nell’allenamento di muscolazione in palestra lo stesso pattern di attivazione neuromuscolare che ritroviamo nel ciclo eccentrico-isometrico-concentrico esplosivo, tipico dei movimenti balistici come il cambio di direzione il balzo ecc. Per capirne l’esecuzione pratica osserviamo la seconda sequenza fotografica: come possiamo vedere si tratta di lasciare cadere un carico da un’altezza prefissata e di ammortizzarlo eccentricamente in un dato spazio e dopo una brevissima fissazione isometrica, ritornare verso l’alto in modo esplosivo. Per fare un esempio pratico se porto un carico di 25 kg all’altezza di 30 cm al di sopra della gamba, lo lascio cadere e lo ammortizzo, realizzando il ciclo stiramento eccentrico- fissazione isometrica-spinta concentrica, nello spazio di 10 cm (come illustrato appunto dalla sequenza sotto riportata), esercito una forza eccentrica d’impatto di ben 1471.5 N (ossia 150 kg), che come abbiamo detto precedentemente è circa lo stesso valore di forza eccentrica che sviluppo durante la fase eccentrica di un cambio di direzione, il tutto rispettando inoltre la stessa sequenza di attivazione neuromuscolare. L’eccentrico flash con carico quindi è probabilmente la miglior sintesi del concetto: allenamento della forza muscolare/condizionamento preventivo.

Serie consigliate: da 3 a 6
Ripetizioni: 6
Tempi di recupero: circa 5’, possibilmente attivo

Fotografia 3: le tre fasi di un cambiamento di direzione: alla prima fase eccentrica (A) segue una brevissima fase di “stabilizzazione isometrica” (B) , alla quale a sua volta segue una contrazione concentrica di tipo esplosivo (C).

 

Fotografia 4: L’eccentrico flash con carico costituisce un’ottima sintesi del concetto: allenamento della forza muscolare/condizionamento preventivo, proprio perché ripropone il pattern di attivazione che si ritrova durante un movimento di tipo balistico come il cambio di direzione, il salto, il momento di appoggio e spinta di uno sprint etc.

 

Fotografia 5: lo stesso tipo di eccentrico flash proposto al leg curl per il bicipite femorale

3°mezzo di lavoro: il lavoro sul picco di potenza ovvero: il lavoro a “doppio rendimento”.

Perché ho voluto definire il lavoro sul picco di potenza lavoro a doppio rendimento? Tutti sappiamo come alla fine di un movimento i muscoli antagonisti si attivino per frenare l’arto accelerato dalla contrazione degli agonisti. Immaginate un estensione della gamba sulla coscia effettuata contro due carichi di diversa grandezza: il primo molto leggero ed il secondo pressoché massimale. Nel primo caso la muscolatura antagonista (in questo caso gli ischiocrurali) si dovrà attivare, verso l’ultimo terzo della fase di estensione, per frenare l’azione degli agonisti (il quadricipite femorale), che in questo caso svilupperanno molta velocità ma poca forza , dato che il carico spostato è come abbiamo detto leggero. L’attivazione a cui saranno sottoposti gli antagonisti sarà quindi di media entità. Prendiamo il caso opposto, ossia quello in cui il carico spostato sia molto elevato: in questo secondo caso la muscolatura agonista svilupperà una grande forza ma produrrà una bassa velocità di accorciamento. Anche in questo caso l’attività degli antagonisti per frenare il movimento sarà di media entità. Nel caso invece in cui si sposti un carico con il quale si produca la massima potenza, la forza e la velocità del movimento saranno entrambe a valori discretamente elevati (circa il 50% della forza massimale e circa il 50% della massima velocità contrattile), ragione per cui l’attività che gli antagonisti dovranno sviluppare sarà necessariamente importante. Il lavoro sul picco di potenza quindi ha questo doppio interesse, allena gli agonisti alla produzione di potenza, soprattutto interessando le fibre veloci, e condiziona gli antagonisti in eccentrico. Sarebbe consigliabile effettuare il lavoro monitorizzandolo con un apparecchiature che quantifichi la potenza espressa, come ad esempio il Real Power (Globus Italia) ma se ne foste sprovvisti ci si può accontentare di adottare un carico di circa il 50% del carico massimale ed eseguire la spinta alla massima velocità esecutiva possibile: non si sarà molto lontani dalla massima produzione di potenza.

Serie consigliate: 4-5
Carico: circa il 50% del carico massimale, è comunque indicato se possibile eseguire il Power Test (vedi l’articolo apparso sul numero di Aprile del Nuovo Calcio intitolato “Come salvarsi dal terremoto).
Ripetizioni: sino a quando si riesca a mantenere il 90% della potenza massimale se si lavora “monitorizzati”, sino a che non diminuisce vistosamente la velocità esecutiva in mancanza di monitorizzazione.
Recupero: 5’ circa

Fotografia 6: il lavoro effettuato con un carico che permetta di esprimere la massima potenza può rivelarsi doppiamente utile, allenando sia gli agonisti in concentrico, che gli antagonisti in eccentrico.

4°mezzo di lavoro: elasticità: diversifichiamo il lavoro

Avere un complesso muscolo-tendineo elastico non significa solamente potenziare il gesto esplosivo e renderlo maggiormente economico, possedere delle buone caratteristiche elastiche vuol dire anche aver una maggior garanzia di salvaguardia delle strutture articolari e periarticolari (Bisciotti e coll., 2001; Bisciotti 2001). Balzi, andature elastiche, pliometria classica… sono tutte ottime esercitazione per allenare le caratteristiche elastiche del complesso muscolo-tendineo, tuttavia anche in quest’ambito, come d’altronde in senso metodologico generale, è buona norma diversificare l’allenamento, proprio perché la diversificazione permette di stimolare sotto diversi aspetti e con diverse modalità l’apparato muscolare e quindi di indurre processi adattivi più sostanziali. Anche gli esercizi con l’utilizzo di sovraccarichi si prestano ottimamente all’allenamento dell’elasticità muscolare, a condizione che vengano rispettate alcune condizioni. In primo luogo la scelta del carico che deve essere compreso tra il 30 ed il 35% del carico massimale, con questo tipo di sovraccarico infatti il muscolo riesce ad ottimizzare l’accumulo di energia elastica durante la fase eccentrica del movimento ed a restituirla in gran parte durante la successiva fase concentrica (Bisciotti, 2000). Quante ripetizioni eseguire? Anche in questo caso il lavoro andrebbe monitorizzato e le ripetizioni andrebbero interrotte non appena si scenda al di sotto del 90% della massima potenza ottenibile con il carico in questione, se questo non fosse possibile, varrà la solita regola adottabile anche nel caso dell’allenamento della potenza ossia: interrompere la serie nel momento in cui la velocità esecutiva scade vistosamente. Esercitazioni particolarmente interessanti in quest’ambito sono lo squat (sia _ che _), la pressa (sia orizzontale che a 45°) ma anche il leg curl od il leg extension. Lo schema riassuntivo quindi sarà:

Serie consigliate: 3-5
Carico: 30-35% del carico massimale
Ripetizioni: sino a quando si riesca a mantenere il 90% della massima potenza relativa al carico utilizzato se si lavora “monitorizzati”, sino a che non diminuisce vistosamente la velocità esecutiva in mancanza di monitorizzazione.
Recupero: 5’ circa.

I principi metodologici

    • Non eccedere con l’utilizzo del super-slow, che è in effetti una tecnica che “mortifica”, in un certo qual modo, le caratteristiche meccaniche della fibra veloce. In tutti i casi ricordiamoci sempre di inserire delle esercitazioni di tipo esplosivo per compensare questo tipo di lavoro. A questo proposito occorre un’attenzione particolare, dal momento che il super slow è comunque un allenamento lattacido, il richiamo esplosivo deve essere inteso veramente come tale (ossia senza esagerazioni) e non divenire una vera e propria seduta anaerobica alattacida, dal momento che far seguire un allenamento di questo tipo ad uno a connotazione lattacida, aumenterebbe il rischio di incidenti muscolari.
    • Ricordiamoci che effettuare un buon lavoro sul picco di potenza ci permette, sia di allenare gli agonisti su di un pattern di attivazione di tipo esplosivo, sia di condizionare in modalità eccentrica gli antagonisti. Da un punto di vista programmatico, il lavoro di potenza necessita di tempi di supercompensazione minori rispetto a metodologie come l’eccentrico e si presta quindi ad essere inserito anche più a ridosso degli impegni agonistici. Il lavoro di potenza inoltre, ovviamente se ben dosato e giustamente inserito, è molto interessante anche in periodo agonistico, come metodica di richiamo delle qualità di forza esplosiva.
    • Diversifichiamo il lavoro sull’elasticità muscolare, effettuando un giusto “melange” tra esercitazioni a carico corporeo come balzi, andature elastiche, pliometria… ed esercizi con sovraccarico. Le considerazioni riguardanti i tempi necessari alla supercompensazione ed il conseguente inserimento da un punto di vista programmatico, fatte per il lavoro di potenza, restano valide anche per ciò che riguarda il lavoro rivolto all’elasticità.
    • Come ultimo punto , ma non per ultimo, vorrei ricordare che questa metodologia di lavoro per poter essere “pagante” in termini di redditività, deve potersi adattare nel modo maggiormente preciso possibile alle caratteristiche neuro-muscolari dell’atleta. Per questo motivo, sia la scelta dei carichi di lavoro (carichi sovrastimati o sottostimati non produrranno gli adattamenti funzionali ricercati), sia la corretta esecuzione e motivazione dell’atleta risulteranno essenziali ai fini dei risultati. Vorrei ricordare ancora un punto, a mio parere essenziale, per ottenere un adattamento funzionale occorre che il sistema (in questo caso il sistema biologico muscolare) sia sollecitato con una certa frequenza ed intensità: chi sperasse di ottenere dei risultati concreti con solamente una decina di sedute di allenamento di questo tipo è certamente fuori strada!

Per chi volesse saperne di più….

Armstrong RB., Ogilvie RW., Schwane JA. Eccentric exercice induced injury to rat skeletal muscle. Journal of Applied Physiology. 54: 80-93, 1983.

Bisciotti GN., Bertocco R., Gaudino C., Iodice PP. Insulto traumatico e deficit elastico muscolare. Sport e Medicina. In corso di stampa.

Bisciotti GN. Cosa significa essere elastico? Il Nuovo Calcio. Giugno (107), 2001.

Bisciotti GN. A prova di strappo. In: I quaderni del Nuovo Calcio, Prevenzione cura e recupero degli infortuni (seconda parte). Maggio 2001.

Bisciotti GN. Come salvarsi dal terremoto. Il Nuovo Calcio. Aprile (106): 100-103, 2001.

Bisciotti GN. Teoria e Metodologia del Movimento Umano . Teknosporting Ed. , Ancona 2000.

Friden J., Sfakianos PN., Hargensen AR. Muscle soreness and intramuscular fluid pressure: comparison between eccentric and concentric load. Journal of Applied Physiology. 61: 2175:2179, 1986.

Newham DJ., Jones DA., Tolfree SEJ., Edwards RHT. Skeletal muscle damage: a study of isotope uptake, enzyme efflux and pain after stepping. European Journal of Applied Physiology. 55: 106-112, 1986.

Pincolini V. Infortuni muscolari dalla guarigione biologica alla rimessa in campo. In: I quaderni del Nuovo Calcio. Prevenzione cura e recupero degli infortuni (seconda parte). Maggio 2001

 

Gian Nicola Bisciotti
Dr. in scienze motorie

1° CAMPIONATO ITALIANO NATURAL BODYBUILDING – NBFI/WNBF

1° edizione del Campionato Natural NBFI e selezione per il Campionato Mondiale Professionisti di New York in USA della WNBF.
AFFILIAZIONE ALLA NBFI da parte degli atleti che vogliono gareggiare:

Prima di poter gareggiare in una qualsiasi competizione indetta dalla NBFI, tutti gli atleti che si iscrivono a un evento NBFI devono pagare una quota di 40 Euro come quota di affiliazione per ottenere una NBFI Membership Card. La NBFI Membership Card ha validità un (1) anno a partire dal mese di registrazione.

La quota comprende: abbonamento a quattro numeri alla rivista Natural Bodybuilding & Fitness di 100 pagine; tessera Superintegrativa della NBFI convenzionata ACSI-CONI. ACCETTAZIONE: Tutti gli atleti NATURAL devono essere drug free almeno da 7 anni, tutti gli atleti devono avere il certificato medico di Agonista per le gare di Bodybuilding LOCATION: Figline Valdarno (Firenze) presso il Business & Convention Center “La Grande Mela”: http://www.lagrandemela.biz/home.php
Inizio:               venerdì 9 ottobre 2009 alle ore 10.00
Fine:                 sabato 10 ottobre 2009 alle ore 23.00
Luogo:             Business & Convention Center “La Grande Mela”
Indirizzo:         Piazza della Libertà
Città/Paese: Figline Valdarno, Italy – Guarda la mappa
Telefono:        0550513467
E-mail:              info@nbfi.it

CATEGORIE DI PESO BODYBUILDING OPEN MASCHILE LE CATEGORIE DI PESO RESTANO UGUALI IN TUTTE LE GARE

• Pesi gallo sotto i 68 kg;
• Pesi leggeri >68-75 kg;
• Pesi medi >75-80 kg;
• Pesi medio massimi >80-86 kg;
• Pesi massimi oltre gli 86 kg

CATEGORIE DI PESO BODYBUILDING OPEN FEMMINILELE CATEGORIE DI PESO RESTANO UGUALI IN TUTTE LE GARE

• Pesi leggeri sotto i 53,5 kg;
• Pesi medi 53,5 kg e oltre

Nota: Per formare una categoria devono essere presenti almeno 5 atleti, altrimenti la categoria verrà raggruppata con quella superiore.

PROGRAMMA: Il giorno 9 ottobre si terrà la registrazione atleti, dalle ore 10 in poi presso la palestra Olympian’s Gym di Figline Valdarno, Firenze, che dovranno essere già tesserati alla NBFI ed iscritti alla gara, e poi si svolgeranno le operazioni del peso e del test del poligrafo.

La gara si terrà il giorno 10 Ottobre 2009:
Pre Gara: mattina ore 10:00 Gara: Pomeriggio ore 17:00
Gli atleti si devono presentare almeno 1 ora prima degli eventi.

Peso ed Esame poligrafo:
Il giorno 9 Ottobre 2009 si svolgeranno le operazioni del peso e l’esame del Poligrafo su tutti gli atleti partecipanti i quali dovranno fissare l’ora in cui vogliono fare il test. Attenzione perché l’esame del poligrafo impiegherà da 15 a 30 minuti a persona, quindi prenotate il vostro test prima possibile, perché dobbiamo avere tempo per tutti!

Quota per esame poligrafo: 40 Euro per atleta.

Tickets di iscrizione alla gara: 20 Euro per ogni atleta
I Tickets possono essere prenotati per email a info@nbfi.it

Data di Iscrizione: Entro il 10 Settembre 2009, dopo questa data possiamo accettare ma con una penale di 50 Euro per ritardata iscrizione

Test Antidoping: Il test delle urine sarà fatto ai primi tre classificati di ogni categoria il giorno 10 Ottobre 2009.

Per tutte le informazioni relative al regolamento atleti:
http://www.nbfi.it/regolamento_atleti_nbfi.cfm

 

Lo Staff cresce e si evolve a 360°

Delineando nei tre dogmi sport, salute e bellezza la propria identità, il network www.bodytraining.it ,ora, aggiunge al suo già folto Staff di esperti un nuovo membro, il dr. Gianluca Salernitano, Posturologo e presidente dell’associazione italiana posturologi.

In qualità di affermato esperto del settore il dr. Gialuca Salernitano – che da oggi collaborerà con bodytraining.it rispondendo ai vostri quesiti nella nuova sezione “postura e benessere” – vi potrà guidare nell’importante e, spesso, trascurata corretta postura da tenere o correggere nella vita quotidiana ed in presenza di patologie muscolo-scheletriche.

Attento a “come” metti i Piedi!

Infatti oggi parliamo del rapporto che c’è tra i nostri piedi e la nostra Postura, ossia come, il nostro modo di camminare o comunque di poggiare i Piedi a terra, condizioni la nostra posizione nello spazio. Il Piede è una struttura molto complessa, pensate che per quanto piccolo e sproporzionato in confronto al resto del corpo,

Esso ha l’arduo compito di mantenerlo in equilibrio, ma non solo quando siamo in piedi e fermi, sarebbe ben poca cosa, esso ci consente di saltare cadendo in equilibrio, di correre, anche su terreni sconnessi, di salire e scendere le Scale, mantenendoci in equilibrio anche quando tra uno scalino e l’altro rimaniamo poggiati su un Piede solo.

Questa premessa l’ho ritenuta opportuna poichè spesso non facciamo caso o dimentichiamo quanto siano complesse le azioni che svolgiamo quotidianamente e quanto sia perfetto il corpo che ci consente cio. Forse lo ricordiamo solo quando un acciacco non ci consente più questo e quel movimento e ciò non lo ritengo giusto. Ora andiamo nello specifico, vorrei darvi giusto qualche informazione ma senza annoiarvi troppo, il vostro caro Piede è composto pensate da ben ventotto Ossa, Astragalo e Calcagno posteriormente, Navicolare al centro ,i tre cuneiformi (mediale intermedio e laterale) ed il Cuboide, cinque Metatarsi e quattordici Ossa a livello delle Dita, le Falangi, tre per ogni Dito, tranne l’Alluce che ne ha due, due ossa Sesamoidi dell’Alluce in rapporto con la superficie plantare della testa dell’Osso metatarsale.

Immagine a: 1 Astragalo, 2 Calcagno, 3 Tarso, 4 Metatarso, 5 Falangi.

 

Immagine b: piede destro di scheletro umano, visione plantare (fonte: Wikimedia – autore: Minervaaa)

Queste sono solo le Ossa, se volessimo parlare delle trenta articolazioni e dei venti Muscoli intrinseci penso che non ne usciremmo più o finirei con l’annoiarvi. Ora che ci siamo resi conto della complessità strutturale dei nostri Piedi non sarà difficile comprendere quanto un mal funzionamento di un solo muscolo o di una sola articolazione di questi ultimi possa discriminare il perfetto funzionamento di questa splendida struttura che trovandosi a sua volta alla base del nostro corpo condiziona il corretto sviluppo e funzionamento di quest’ultimo. Per fare un esempio, un Bambino con un piede piatto o valgo che dir si voglia, sicuramente se non corretto in tempo andrà incontro a patologie delle Ginocchia, della Colonna Vertebrale e dell’apparato masticatorio (deglutizione atipica, mal’occlusione dentale). Tutti gli squilibri muscolari, anche quelli che provocano dolori Osteo articolari e deviazione della disposizione dei segmenti Ossei, derivano da mal funzionamento di alcune zone della pianta dei Piedi.

Oggi fortunatamente si possono prevenire questi problemi o risolverli se parliamo di soggetti adulti.Attraverso una visita posturologica, con lo studio e l’osservazione della Postura da parte di uno specialista si può risalire alla causa primaria del sintomo Osteo articolare evitando cosi di assumere farmaci o di ricorrere in taluni sfortunati casi all’intervento Chirurgico. Un saluto!

Dr. Gianluca Salernitano
Posturologo e Presidente dell’ associazione italiana posturologi

Dispendio energetico e metabolismo basale

Il dispendio energetico totale rappresenta il consumo globale di energia di un individuo nelle 24 ore ed è la risultante di 3 componenti: la termogenesi indotta dalla dieta (TID), ovvero l’incremento della spesa energetica prodotto dall’assunzione degli alimenti, il livello di attività fisica (LAF),

e cioè il costo energetico che varia in funzione allo stile di vita, al tipo ed all’intensità dell’attività sportiva ed infine il metabolismo basale (MB o Basal Metabolic Rate, BMR) che rappresenta la quantità di energia impiegata da un individuo sveglio, in condizioni di neutralità termica (cioè ad una temperatura tale da non attivare i meccanismi di termoregolazione), di riposo fisico, di rilassamento psichico e di digiuno da circa 12 ore.

Questa energia è sufficiente per il solo funzionamento degli organi vitali e costituisce la componente più rilevante del dispendio energetico totale (Total Energy Expenditure, TEE) con una stima pari a circa il 65-70% in un soggetto adulto sano e sedentario (mentre la TID corrisponde circa al 7-15% del TEE ed il LAF al 15%).

Il MB è più alto negli uomini rispetto alle donne e diminuisce con l’età fino ad arrivare al 30% in meno superati i 70 anni. Questo perché il muscolo, contribuendo per il 22% alla spesa energetica ed essendo un tessuto metabolicamente attivo, consuma molte calorie. Pertanto, negli uomini, la disponibilità di testosterone aumenta la massa magra incrementando il MB e negli anziani, la prevalenza di massa grassa e lo scarso esercizio fisico inducono, invece, l’effetto opposto.

Il metabolismo basale è influenzato inoltre da:

    • fattori ormonali;
    • innalzamento della temperatura corporea;
    • stato nutrizionale;
    • temperatura esterna;
    • stati fisiologici come la gravidanza e l’allattamento;
    • utilizzo di farmaci.

Viene espresso in Kcal/die, Kcal/min, Kj/die o Kj/min e può essere calcolato con diverse formule matematiche. Ne riporterò di seguito alcune.

Possiamo ottenere una stima più precisa del metabolismo basale in funzione della massa magra (FMM). Avendo a disposizione parametri facilmente misurabili come la massa grassa ed il peso corporeo si può calcolare il MB di un individuo.

Facciamo un esempio: in un soggetto con peso corporeo di 90 Kg, di cui il 20% di massa grassa,

la massa magra è pari a:

[90 – (90*0.20)] = 72Kg – Dalla seguente tabella si ricava che il metabolismo basale è di 1925 Kcal.

I dati della tabella confermano le affermazioni sopra riportate e cioè che, aumentando la massa magra, il metabolismo basale subisce un incremento di quasi 200 Kcal ogni 10 Kg di massa muscolare acquisita.

Esiste un’unità di misura per esprimere il costo di un esercizio in termini di energia e di ossigeno:

è il MET (Metabolic EquivalenT). Un MET corrisponde a 3,5 ml di ossigeno consumato per chilogrammo di peso corporeo per minuto. Questo parametro dipende, quindi, dal peso dell’individuo e dalla durata dell’esercizio. Dire che un’attività fisica ha 5MET significa che l’energia necessaria per compierla è 6 volte superiore a quella utilizzata dall’organismo in stato di riposo. Può essere considerato d’intensità lieve uno sforzo che comporti un dispendio attorno ai 3 MET (camminare normalmente o nuotare lentamente), moderata quando il dispendio metabolico è compreso tra 3 e 6 MET (camminare velocemente o in salita) e medio-elevata quando il dispendio è superiore a 6 MET (pari ad un V . O2 di 21 ml/kg/minuto).


Per accelerare il metabolismo, quindi, bisogna:

    • avere costanza nell’allenamento: almeno 3 volte a settimana e di durata non inferiore a 60 minuti;
    • seguire un programma misto di esercizi che comprenda sia la fase di attività di potenziamento e tonificazione sia un lavoro aerobico;
    • mangiare bene, attenendosi ad una dieta sana ed equilibrata, evitando schemi alimentari drastici che porterebbero solamente ad un depauperamento del muscolo;
    • rendersi attivi nella vita di tutti i giorni usando la macchina il meno possibile e magari dimenticarsi dell’ascensore!

Stefania Foroni,
Dr.ssa in Dietistica.

Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (quarta parte)

Effetti dell’esercizio fisico nella trasduzione intracellulare dei segnali insulinici (Chakravarth 2002, Zierath 2000)

L’esercizio fisico acuto determina fra l’altro un aumento del trasporto del glucosio a livello della membrana del muscolo scheletrico tramite l’attivazione di un processo di traslocazione delle GLUT4 non insulino dipendente.

Così effetti immediati dell’esercizio fisico acuto sulla omeostasi glucidica avvengono primitivamente a livello del traffico GLUT4 piuttosto che tramite un’elevata trasduzione mediata dal meccanismo insulinico (IRS1 e 2, PI 3-Kinasi).

Parecchie ore dopo la fine di una seduta di allenamento, nel muscolo scheletrico persiste un aumento del trasporto di glucosio da aumentata sensibilità insulinica. Gli effetti dell’esercizio fisico sono osservabili anche fino a 16 ore dopo. Misurazioni effettuate in questo periodo riflettono dei cambiamenti a livello di espressione genica (aumentata o soppressa), che avvengono in risposta anche ad una singola seduta di attività motoria. L’allenamento sembra contribuire ad aumentare la sensibilità dei recettori insulinici mediante un incremento di attività dei mediatori coinvolti nella trasduzione del segnale post recettoriale. L’aumento del trasporto di glucosio insulino mediato sembra essere correlato ad un incremento dei mediatori a livello degli IRS1 e 2 e PI 3-Kinasi. Questo è particolarmente importante poiché l’attività degli IRS 1 e 2 e della PI 3-Kinasi è peggiorata nei pazienti affetti da diabete tipo 2 e nei soggetti obesi. L’esercizio fisico induce anche l’attivazione della GSK3 le cui conseguenze fisiologiche riguardano l’aumentata sintesi di glicogeno, anche se questo sembra essere solo una parte del meccanismo riguardante la regolazione glicogenosintetica. E’ molto probabile che la GSK3 abbia un ruolo nella regolazione dei processi addizionali metabolici e trascrittivi. Capire i meccanismi tramiti i quali si traducono i segnali biochimici e meccanici in risposte metaboliche e trascrittive è essenziale per una migliore comprensione degli adattamenti benefici del muscolo scheletrico in risposta all’esercizio.

Sistemi non insulino dipendenti in grado di potenziare il trasporto e il metabolismo del glucosio nel muscolo scheletrico (AMP Kinasi e MAP Kinasi) (Zierath 2002, Aronson 1997)

I due sistemi, AMPK e MAPK, vengono attivati nel muscolo scheletrico direttamente dalla contrazione dove sono in grado di determinare mediante meccanismi diversi significativi effetti per quanto riguarda il trasporto del glucosio attraverso la membrana ed intervenire direttamente sulla espressione genica di proteine in grado di migliorare il metabolismo dello zucchero. Esistono fra i due sistemi, la cui attività è completamente indipendente dal legame recettore insulina, delle interazioni reciproche, ad esempio l’AMPK è in grado di interferire con l’MAPK sui rispettivi substrati che andranno a regolare l’attività genica.

Attivazione dell’AMP proteina Kinasi.

L’AMP Kinasi è una proteina eterotrimerica composta da una subunità alfa catalica e da due subunità beta e gamma non cataliche. E’ attivata dallo stress cellulare associato ad una deplezione di ATP . L’AMPK è una proteina che ha il compito di monitorare lo stato energetico della cellula e di attivare eventualmente i necessari processi metabolici finalizzati a riportare ad un livello normale le concentrazioni dei fosfati altamente energetici. Pertanto un incremento di attività dell’AMP Kinasi è correlato con i seguenti parametri:

    • aumentata attività di traslocazione delle GLUT4 e quindi del trasporto del glucosio nel muscolo scheletrico;
    • aumentata ossidazione degli acidi grassi liberi nel muscolo scheletrico;
    • diminuita lipogenesi e lipolisi negli adipociti;
    • diminuita sintesi di acidi grassi liberi e colesterolo negli epatociti.

Recenti risultati scientifici hanno evidenziato il ruolo centrale dell’AMP Kinasi nella regolazione dell’omeostasi glucidica in risposta all’esercizio. L’attivazione dell’AMP kinasi (AMPK) è coinvolta quale importante mediatore che potenzia il trasporto del glucosio a seguito della contrazione muscolare scheletrica. Anche se l’attività dell’AMPK non sembra essere incrementata in risposta all’insulina, costituisce tuttavia nel muscolo scheletrico uno dei regolatori critici degli eventi metabolici in risposta all’esercizio. Recenti evidenze scientifiche documentano il ruolo centrale dell’AMPK nella regolazione dell’omeostasi glucidica in risposta all’esercizio fisico. Infatti, l’esercizio fisico di varia intensità , preferibilmente di tipo aerobico, induce un incremento di attività dell’AMPK intervenendo in questo modo nella regolazione dell’assunzione di glucosio in risposta all’esercizio. Poiché l’AMPK sembra incrementare il metabolismo del glucosio da meccanismi insulino indipendenti, questa via costituisce una strategia alternativa per incrementare la rimozione del glucosio dal circolo ematico negli stati di insulino resistenza, muscolare o generale.

MAPK (Mitogenic Activated Protein Kinasi) e trasduzione dei segnali (Widegren 2001)

E’ questo il secondo sistema che, a livello muscolare, è attivato dallo stress cellulare indotto dalla contrazione, dalle citochine, dai fattori di crescita. E’ costituito da tre sistemi separati posti in parallelo, cioè ERK 1/2, p38 MAPK e JNK la cui attività può dipendere sia da fattori locali che sistemici o da entrambi. In futuro si cercherà di identificare i vari componenti che intervengono nell’attivazione di questo sistema il cui fine ultimo è quello di regolare l’attività trascrittiva tramite i rispettivi fattori e quindi l’espressione genica associata al miglioramento intracellulare del metabolismo del glucosio. Il MAPK riveste un ruolo importante negli adattamenti a lungo termine che avvengono nel muscolo scheletrico a seguito dell’esercizio fisico ripetuto con importanti effetti anche per quanto riguarda la differenziazione e proliferazione cellulare.

CONCLUSIONI

Le conclusioni sono le seguenti. E’ possibile contrastare l’incidenza della patologia diabetica facendo svolgere alla popolazione un’adeguata attività fisica abituale in grado di modificare positivamente proprio quei fattori molecolari che risultano coinvolti nella genesi dell’insulino resistenza. Lo stile di vita attuale porta sempre più verso l’inattività fisica, cioè verso l’assenza di forme fisiologiche di stress cellulare in grado di mantenere l’equilibrio biodinamico, e quindi verso l’acquisizione, molto spesso inconscia, di uno dei principali fattori di rischio di malattia non solo del diabete tipo 2.

Figura 1: Trasduzione del segnale insulinico e della contrazione nel muscolo scheletrico

 

Figura 2: Cinetica delle GLUT4 nel muscolo scheletrico

Un doveroso ringraziamento a mia moglie Laura e a mio figlio Alberto per la loro insostituibile collaborazione tecnica.

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VEDI ANCHE:

Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (prima parte)
Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (seconda parte)
Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (terza parte)


Laurea in Scienze Motorie

Tesi di laurea: Ruolo dell’esercizio fisico nella prevenzione primaria del diabete tipo 2: aspetti molecolari
Relatore: Ch.mo Prof. Federico Schena
Laureando: Ginetto Bovo
Anno accademico 2001-2002

Ginetto Bovo
Dr. in scienze motorie, docente di educazione fisica

Seconda Edizione Expo Fitness (Pisa) 9 – 10 e 11 Ottobre 2009

Seconda Edizione Expo Fitness, secondo tuffo nello sport per la città di Pisa. Divertimento, ospiti e tante novità dal mondo del fitness vi aspettano nei giorni 9 – 10 e 11 Ottobre 2009 nell’area espositiva Expo Pisa.

Ecco alcuni dei nostri ospiti:

REALRYDER : presenta la 1° ed unica bici indoor – si piega, oscilla e sterza come una vera bicicletta da strada.

MARCO CASTELLANO : Presenter internazionale e da 5 anni master trainer e personal trainer dei ragazzi della Scuola di “AMICI” di Maria De Filippi, famoso per la fantasia e la fluidità delle sue lezioni, è inoltre responsabile tecnico del “FREETIME” prestigioso Centro di Roma.

STRIKE ZONE : Enrico Olivieri e il suo Master Team saranno presenti in questa edizione con lezioni del metodo d’allenamento più efficace e innovativo per la mente e per il corpo con focus sugli addominali.

JILL COOPER : L’abbiamo conosciuta come insegnante della scuola di “Amici”, oggi è il volto principale di Media shopping. Jill Cooper lancia una nuova tecnica di allenamento per poter ritrovare la perfetta forma fisica: consiglia l’Aerobic Accelerator System, metodo rivoluzionario importato dall’America, che con solo un tappeto elastico, permette senza stress di allenare il sistema cardiocircolatorio ed il tono muscolare.

ENRICO CERON : Titolare ed insegnante del “Centro Attività Motorie Ceron” di Udine, dove tiene corsi di FitBall, Funtional Training, Back School, Pilates Mattogheter, YogaFlex, Zero. Istruttore internazionale di FitBall dal 1995, con masters negli U.S.A., Italia, Portogallo, Spagna e Germania. Insegnate Back School e socio onorario dell’Associazione Back School Italia; Istruttore di Pilates Mattogheter.

ALFREDO PETROSINO :  Laureato in Scienze Motorie e Fisioterapia, Laureato in Scienze Riabilitative Specializzato in Ginnastica Posturale, Aerobica Master Trainer, Step Master Trainer Muscle Conditioning Master Trainer,European Bosu Master Trainer, Power Combat Master Trainer Functional Training Master Trainer, Body & Mind Trainer, Docente di Formazione per Tecnici del Settore Campione Italiano Kick Boxing, International Fitness Presenter.

JAIRO JUNIOR :  Uno dei talenti emergenti del fitness; ha iniziato la sua carriera quando era molto giovane insegnando nelle palestre dopo un lungo periodo da atleta. Come presenter è noto per la didattica, il carisma , la pulizia e la fluidità coreografica. Specialista in step e aerolatino,ha creato dei programmi di allenamento come la capoeiratrainee e il Bodytrainee utilizzando le sue conoscenze nel settore fisioterapico e atletico.

CRISTIANO LOLLO : Dottore in Scienze Motorie e Sportiva Docente Nazionale FIN (Federeazione Italiana Nuoto) Presenter per FESTIVAL DEL FITNESS (Firenze -Roma 2009) Polestar Pilates Teacher Certified Master Trainer per Gymstick International Master Trainer per Bosu Balance 1° e 2° Livello di istruttore per PancaFit. Partecipazione,come presenter per crunch c/o: Convention “Alto Impatto” per Life a Montecatini (1-2-3-4 Novembre ‘07); Festival del Fitness in Costiera Amalfitana (27-28-29 Ottobre ‘07); per F.I.N. ARENA, alle convention di Acqua Fitness a Milano e a Napoli . TOP TRAINER PER VIRGIN ACTIVE.


I.C.W. ITALIAN CHAMPIONSHIP WRESTLING
: La I.C.W. Italian Championship Wrestling è la Federazione Italiana di Wrestling, nata nel 2001 con lo scopo di promuovere e diffondere anche in Italia lo sport-spettacolo che riscuote così grande successo in America, Europa e Giappone.Gli spettacoli I.C.W. sono supportati da personale tecnico altamente qualificato e da professionisti di settore tra i migliori in Europa per competenza ed esperienza.


ANDREA PEROTTO
: Insegnante, docente e ideatore del Programma HB RACING. Personal trainer e Postural. Per un allenamento che non lascia nulla al caso…..


MICAELA CILLERAI
: Insegnante e docente Aquafitness. Ex atleta, impegnata in progetti e programmi legati all’attività motoria e al divertimento. La fantasia e l’estro applicato al fitness Acquatico: un po’ di ordinata follia per nuovi modi di muoversi in acqua!


GIOVANNI MANZONE
: specializzato nell’insegnamento dell’aerobica e lo step, presente in numerosi eventi di carattere nazionale. È apprezzato per le sue lezioni coinvolgenti e sempre con una didattica chiara e fluida. Collabora con il Centro Studi PAF nell’ambito della formazione per le suddette discipline.


MASSIMO COLANTONI
: Ex atleta di livello nazionale di karate approccia al mondo del fitness avvicinandosi alle discipline legate alle arti marziali. La passione per le attività musicali lo porta a specializzarsi nello step e nell’aerobica coreografica fino ad arrivare a presentare le sue lezioni in eventi di carattere nazionale. Apprezzata la sua didattica nel rendere chiare e fluide le sue classi.


STRIDING
:

FAUSTO CHERUBINI – Presidente Dell’International Striding Academy Master Instructor Italia

DAVIDE CHIAVERINI – Regional Presenter Striding Toscana

NIKKI WHEELER -International Master Istructor Striding Australia

Striding ® e’ un perfezionamento del movimento naturale della camminata attraverso un gesto facile e piacevole che tutti siamo in grado di compiere. E’ una disciplina indoor che attraverso l’utilizzo di un tapis roulant meccanico ad inclinazione fissa e su un percorso musicale coinvolgente aiuta i partecipanti a scandire il tempo di marcia, dando la possibilità di aumentare o diminuire l’ampiezza e la frequenza del passo.

ALESSANDRO FROILICH : atleta professionista, K1 Stail, KICKBOXE e attualmente campione italiano 2007-2008. Nel 2007 ha lavorato come responsabile Fitness Valtur Club ed istruttore del programma Italian’s NEXTOPMODEL su Sky TV.


SAMIRA BEN JEBALI
: Istruttore internazionale, approvato dal EFA, IFF, SCUOLA SHALLENGER, Master Trainer aerobica, Step Master Trainer Master Trainer Muscle condizionata, famosa per il sue stile, tecnica, fantasia e la fluidità delle sue lezioni, coreografo e stato di laurea tunisino.


STEFANO CARLINI
: Diplomato ISEF, docente alla facoltà di Scienze Motorie di Chieti, post laurea in Relazioni Pubbliche alla Sapienza di Roma. Preparatore atletico. È specializzato nel settore tonificazione e body mind.


FABIO BIASOLO
: inizia la sua carriera di sportivo praticando karate dall’età di 13anni fino al 1993; attualmente è Cintura Nera 3°DAN e istruttore tecnico federale FILPJK-CONI – varie le sue attività nel campo del carate – Nel 1989 conquista il titolo di vice campione italiano di combattimento non-stop. Negli stessi anni iniziano le sue performance in bicicletta. NEL 2009 : ad Aprile vince la prima edizione della Montello 24H “Memorial Mauro Marcato”, Campionato italiano di Ultracycling, compiendo 19,75 giri (663 km); RAS 2009 (Slovenia), è nono con il tempo di 2 giorni 3 minuti e 30 secondi (quasi 1.200 km); Melfar 24H (Danimarca), è quarto avendo coperto 751 km in 23 ore e 58 minuti alla media di 31,3 km/h con piu’di 3.000 m. di dislivello.

Per scaricare gratuitamente la riduzione in pdf ed altre informazioni, consultate il sito ufficiale: http://www.expofitness.it/

Mr Olympia 2009

Si è tenuta a Las Vegas dal 24 al 27 settembre 2009 un’importante manifestazione in ambito sportivo-culturistico: l’Olympia Weekend, dove al suo interno si è svolta la più importante gara di body building del mondo, il Mr Olympia.

Nel 2009, protagonista e vincitore di questa esibizione è Jay Cutler che si riprende il titolo perso nel 2008, e si aggiudica il terzo Sandow.

Cutler a detta di tutti i tecnici del settore, si è presentato nella sua migliore condizione fisica. La sua netta superiorità relativa alla massa muscolare ed alla definizione rispetto agli avversari gli ha garantito la vittoria. Per quanto fosse sfavorito Cutler è riuscito in un anno a colmare e migliorare alcune evidenti lacune presenti nell’edizione del Mr Olympia 2008 dove perse il titolo contro Dexter Jackson.

La classifica:

1 Jay Cutler
2 Branch Warren
3 Dexter Jackson
4 Kai Greene
5 Phil Heath
6 Victor Martinez
7 Ronny Rockel
8 Toney Freeman
9 Hidetada Yamagishi
10 Moe Elmoussawi
11 Melvin Anthony
11 Silvio Samuel
13 Gustavo Badell
14 Dennis James
15 Markus Ruhl
16 Ahmad Haidar
16 Bill Wilmore
16 Darrem Charles
16 Dennis Wolf
16 Joel Stubbs
16 Martin Kjellstrom
16 Michael Kefalianos
16 Troy Alves

Le foto dei primi tre:



Artrosi e sport

Alcuni dei nostri affezionati iscritti a Bodytraining .it potranno chiedersi l’utilità di questo articolo. Personalmente lo considero un piccolo contributo alla maturazione del buon senso in chi pratica attività fisica a 360 gradi.

Definizione

L’ artrosi è una malattia della cartilagine articolare caratterizzata da una sua usura precoce, cronica e inesorabilmente progressiva. Colpisce entrambi i sessi, prevalentemente le persone anziane, ma non ne sono risparmiati i soggetti più giovani.

Le lesioni osservate a carico delle articolazioni sono molteplici e coinvolgono la cartilagine, l’osso subcondrale e le inserzioni tendinee. Molto spesso l’infiammazione può coinvolgere la membrana sinoviale presente nelle articolazioni, causando versamenti e dolore. I distretti più frequentemente interessati sono: la colonna vertebrale, l’anca, il ginocchio, le spalle.

L’artrosi riconosce due cause: quella primaria o della terza età (importante la componente genetica nelle forme giovanili-45-50 anni), spesso diffusa a molte articolazioni (poliarticolare), e quella da sovraccarico, più frequentemente localizzata, che può colpire spesso soggetti giovani ed è legata, ad esempio, ad intensa attività sportiva (calcio), traumi (fratture), obesità, malformazioni, lavoro, lesioni vascolari (necrosi ischemica dell’osso articolare).

Quali sono i sintomi?

Il sintomo più frequente lamentato dal malato con artrosi è il dolore, accentuato dal movimento e ridotto dal riposo. Nelle fasi più avanzate può essere presente anche a riposo e accompagnarsi alla sensazione di rigidità mattutina, generalmente di breve durata. Quando la degenerazione dell’articolazione è avanzata il malato presenta una riduzione della funzionalità dell’articolazione colpita (igiene personale quando colpisce le spalle, deambulazione per le ginocchia, alzarsi dal letto o fare le scale per le anche). Diversamente l’artrosi della colonna (cervicale o dorso-lombare) oltre al dolore e alla rigidità locale, può associarsi una alterazione dei dischi intervertebrali con patologia compressiva sulle radici dei nervi (discopatia, NON ERNIA) e quindi dolore irradiato lungo gli arti (rachialgia, sciatalgia, cruralgia), talora associato a formicolii (parestesie).

Come fare la diagnosi?

La diagnosi di certezza è basata su una semplice radiografia eseguita in opportune modalità . Attenzione, però. È fondamentale che sia il medico o meglio ancora lo specialista a prescrivere l’esame sulla base di una accorta valutazione clinica: infatti molto spesso anche se il dolore viene avvertito dal paziente in un punto ben preciso come il ginocchio, la causa dello stesso può nascere nell’anca, o nella colonna vertebrale lombare (cruralgia). Similmente dolori avvertiti su una o entrambe le spalle possono trarre origine da fenomeni degenerativi della colonna cervicale. Non è infrequente osservare pazienti disorientati e avvelenati (passatemi il termine) da esami costosi quanto inutili, poiché guidati dal parere di un medico di famiglia poco attento o da consigli di amici superficiali. Basta una visita specialistica accurata di pochi minuti per mettere a fuoco il problema e indagarlo nel modo più efficiente per la salute del paziente e del portafogli. I segni radiologici di artrosi sono 4 e rispecchiano l’essenza della patologia stessa:

    1. la riduzione dello spazio articolare (usura della cartilagine)
    2. la sclerosi subcondrale (deposizione di calcio nell’osso malato)
    3. la formazione di geodi (cavità da riassorbimento dell’osso)
    4. osteofitosi marginale (deposizione di calcio nei tessuti molli-capsula articolare, legamenti).

La terapia

Come in tutte le decisioni che riguardano la nostra salute, la prima regola è mantenere il buon senso. Artrosi non è sinonimo di protesi. Non dobbiamo mai dimenticare che lo specialista può suggerire molti trattamenti in funzione dello stadio della patologia, in relazione stretta all’età del paziente e le sue richieste funzionali (cosa si aspetta di fare dopo o durante il trattamento). L’insoddisfazione del paziente nasce dalla disillusione delle sue aspettative. Un paziente con artrosi dell’anca, soprattutto se giovane e attivo, non vuole solo tornare a camminare senza dolore; vuole riavere l’efficienza dei trenta anni. Questo è impossibile. La chirurgia ortopedica dovrebbe dare sollievo dalla sofferenza, non vendere fumo. Diffidate sempre da chi promette mari e monti posizionando una protesi. Per quanto malato, quello che viene portato via è il vostro patrimonio osseo, nessuno ve lo può più restituire, e quella che avrete sarà un surrogato di una articolazione, non il silenzioso custode del movimento di cui il buon Dio ci ha dotato.

Le soluzioni terapeutiche che si possono fornire tendono ad essere comuni in tutte le articolazioni malate e comprendono: terapie fisiche e riabilitative magari effettuate in ambiente termale, farmaci antiinfiammatori non steroidei ad azione analgesica, infiltrazioni intrarticolari di sostituti della cartilagine che ne lubrificano le superfici.

Ciononostante, quando la malattia è evoluta e l’inabilità e il dolore irreversibili, la soluzione chirurgica ortopedica, rappresentata dal posizionamento di protesi, può comunque offrire grandi vantaggi e migliorare consistentemente la qualità di vita.

La terapia fisica (fisioterapia) sfrutta, mediante svariate strumentazioni, le proprietà del calore, applicato o indotto sulle articolazioni colpite, per indurre riduzione del dolore e migliore perfusione circolatoria. Molti soggetti artrosici trovano infatti sollievo in ambiente caldo, secco e nell’esposizione al sole. Ciò mima, in modo naturale, la condizione che può essere artificialmente creata mediante le strumentazioni. Quando un paziente artrosico presenta un versamento articolare (liquido in articolazione) l’esposizione al sole può peggiorare i suoi sintomi e vi sono poi una serie di controindicazioni dipendenti da cause diverse (ipertensione, foto-sensibilità, flebiti e altro). Il movimento in acqua (nuoto) fornisce spesso giovamento, poichè il semplice galleggiamento permette movimenti in assenza di carico e favorisce quindi la tonificazione muscolare e l’incremento della escursione articolare. I vari esercizi fisici prescritti dall’ortopedico o dal fisiatra, eseguiti con il fisioterapista possono essere appresi dai pazienti e praticati quotidianamente. Un aspetto fondamentale della terapia dell’artrosi è costituito dall’apprendimento, da parte del malato, di gestualità in grado di proteggere le articolazioni da movimenti potenzialmente lesivi (economia articolare).

Dr. Luigi Mossa
Medico Chirurgo specializzando in Ortopedia

Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (terza parte)

Fattori recettoriali

Recettore per l’insulina (Gomperts 2002)

Il recettore per l’insulina è una glicoproteina costituita da due subunità alfa completamente extracellulari che legano l’insulina e da due subunità beta che possiedono attività tirosina chinasica.

Dopo il legame con l’insulina, a seguito probabilmente di un cambiamento conformazionale fra unità alfa e unità beta che si propaga attraverso la membrana cellulare, si determina un processo di autofosforilazione dei due specifici residui Tyr localizzati sul lato citoplasmatico delle due subunità beta (regione protein chinasica).

La reazione catalizzata dall’enzima proteina tiroxina chinasi (PTK) è la seguente:

residuo Tyr + ATP –> TyrP + ADP

A seguito di questa attivazione molte proteine chiave intracellulari vengono fosforilate da una serie di reazioni a catena la cui sequenza è la seguente: IRS-1 (substrato recettore insulico-1), PI3-Kinasi (fosfatidilinositolo – 3 Kinasi, classe IA), PIP2 (fosfatidilinositolo difosfato), PIP3 (fosfatidilinositolo trifosfato), PKB (proteina kinasi B), PKC (proteina Kinasi C).

La fosforilazione di queste proteine è essenziale per la determinazione cellulare dell’insulina sui seguenti eventi biologici:

a) stimolazione della trascrizione o repressione dei geni del DNA a livello del nucleo;

b) stimolazione della sintesi proteica;

c) stimolazione intracellulare dei processi anabolici e inibizione di quelli catabolici (carboidrati, lipidi, proteine);

d) traslocazione delle unità di trasporto del glucosio dal citoplasma alla membrana cellulare e tubuli a T.

Questo recettori possono essere geneticamente difettosi e determinare quindi insulino resistenza. Fattori genetici e acquisiti possono profondamente influenzare la sensibilità dei recettori insulinici. Difetti genetici dei recettori insulinici sono piuttosto rari, ma rappresentano la forma più severa di insulino resistenza.

Fattori postrecettoriali (intracellulari)
(Lodish 2000, Gomperts 2002)
Recettori e trasduzione del segnale: brevi caratteristiche generali

L’informazione nei sistemi biologici viene trasferita mediante segnali e recettori aventi affinità chimico o fisica. I segnali sono solitamente di tipo molecolare (es. insulina, ecc), ma possono anche essere di tipo non molecolare (es. luce, suoni, onde elettromagnetiche, variazione di potenziale elettrico di membrana). I recettori sono complessi proteici o glicoproteici la cui funzione primaria consiste nel raccogliere e trasmettere l’informazione biologica proveniente da altre molecole chimiche. Essi possono essere localizzati sulle membrane delle cellule bersaglio che si legano con molecole di natura proteica non in grado di attraversare la membrana cellulare (es. insulina), e recettori intracellulari che si legano invece a molecole di natura lipidica in grado di attraversare la membrana plasmatica grazie alle loro caratteristiche di idrofobicità (es. ormoni steroidei, ecc..). I recettori di membrana per funzionare necessitano di un trasduttore, detto anche secondo messaggero, che trasferisce il segnale dalle membrana ai sistemi che devono essere attivati dentro la cellula (effettori biologici). Essi sono molto importanti in quanto possono intervenire nella modulazione dell’informazione sia in senso qualitativo che quantitativo. I trasduttori del segnale consentono di amplificare enormemente l’azione di ogni singolo recettore attivato, ma sono possibili anche effetti di retroazione inibitoria, che nel caso specifico dei recettori insulinici può portare allo sviluppo di insulino resistenza. In condizioni fisiologiche normali, a seguito del legame insulina recettore si attiva una proteina chinasi che, tramite la fosforilazione di proteine, innesca l’attivazione di una serie di funzioni biologiche ma nello stesso tempo, però, il recettore stesso viene fosforilato in una preciso sito aminoacidico con conseguente disattivazione della sua funzione (meccanismo di feed-back negativo). Questo significa perdita di affinità di legame fra recettore e l’insulina, cioè sviluppo di insulino resistenza che è la causa principale preliminare essenziale che precede diverse importanti patologie metaboliche fra cui il diabete tipo 2.

GLUT4 (Booth 2002, Zierath 2002)

L’insulina è un’importante molecola segnale che aumenta il trasporto di glucosio nel tessuto adiposo e nel muscolo mediante la stimolazione della traslocazione delle proteine GLUT4 dai siti intracellulari alla membrana plasmatica. Le GLUT4 si trovano in vescicole che continuamente si trasferiscono dai depositi intracellulari alla membrana plasmatica. L’insulina aumenta il trasporto transmembrana del glucosio aumentando l’esocitosi delle vescicole contenenti GLUT4. Recenti evidenze scientifiche dimostrano che queste vescicole si muovono fino ad agganciarsi e a fondersi con la membrana plasmatica. Anche questi processi si effettuano comunque sempre sotto il controllo insulinico. La quantità di GLUT4 proteine è il fattore primario che determina il massimo tasso di glucosio che può essere trasportato all’interno della cellula muscolare. Perciò è importante capire come l’esercizio fisico regola l’espressione del GLUT4. La capacità di trasporto del glucosio attraverso la membrana cellulare dipende, nel muscolo scheletrico, principalmente dall’insulina e dalla contrazione muscolare in cui il contenuto di glicogeno ha un importante ruolo regolativo. La cascata tradizionale di reazioni riguardano la PI-3 kinasi e la PKB quali enzimi chiave, ma altri trasduttori alternativi comprendono la proteina kinasi C. Le GLUT4 costituiscono nel tessuto adiposo un elemento chiave nel trasporto dello zucchero. Normalmente, l’insulina stimola i muscoli e le cellule adipose a traslocare le GLUT4 verso la membrana cellulare, per far iniziare il trasporto di glucosio attraverso il doppio strato di fosfolipidi ad esso impermeabile verso l’interno della cellula dove viene trasformato in carboidrati complessi e grasso oppure ossidato. La riduzione delle GLUT4 nelle cellule adipose va considerata come un importante fattore di rischio nello sviluppo della resistenza insulinica che costituisce il primo passo verso la patologia diabetica. Le GLUT4 nel muscolo scheletrico sono il maggior trasportatore di glucosio. In contrasto con gli altri trasportatori di glucosio che costitutivamente risiedono nella membrana cellulare, le GLUT4 fanno da shuttle fra la il citoplasma e la membrana cellulare. In condizioni basali la distribuzione delle vescicole delle GLUT4 è prevalentemente intracellulare. A seguito della stimolazione mediata dall’insulina, oppure dalla contrazione muscolare, si verifica una ridistribuzione delle GLUT4 per cui nel giro di qualche minuto una larga frazione di esse si trova sulla superficie della membrana cellulare o sui tuboli a T. Le GLUT4 sono costituite da un polipeptide composto da 509 aminoacidi che è codificato da un gene localizzato nel cromosoma 17. Queste proteine trasportatrici sono presenti ad elevati livelli nei tessuti insulino dipendenti quali il muscolo scheletrico e il tessuto adiposo. L’esercizio fisico determina un incremento di captazione di glucosio da parte del muscolo scheletrico. La contrazione muscolare induce un aumento della sensibilità e dell’azione insulinica. Il meccanismo dell’aumentata captazione di glucosio durante e dopo esercizio non è attualmente ben conosciuto. I fattori che potrebbero essere coinvolti comprendono il MAF (muscolar activity factors), un aumento del flusso sanguigno nei muscoli sottoposti ad esercizio, un aumento del legame dell’insulina e cambiamenti nella concentrazione citoplasmatica del calcio. Poiché nel muscolo il trasporto del glucosio è il fattore che più limita l’ossidazione del glucosio stesso, la regolazione di questo sistema gioca un ruolo fondamentale nel corso dell’esercizio. Recentemente, molti studi hanno dimostrato che una singola seduta di esercizio fisico può aumentare il numero e l’attività intrinseca delle proteine trasportatrici di glucosio presenti nella membrana plasmatica delle cellule muscolari (effetti acuti dell’esercizio). L’allenamento determina come effetto un aumento dell’abilità dell’insulina di stimolare la captazione di glucosio nei tessuti insulino dipendenti (muscolo, tessuto adiposo). Nel muscolo scheletrico, le proteine GLUT4 costituiscono il sistema di trasporto del glucosio più rilevante. Le proteina GLUT4 sono traslocate da una localizzazione intracellulare, quale ad esempio i microsomi a bassa intensità, alla membrana plasmatica con la quale si fonde per rilasciare le proteine coinvolte nel trasporto del glucosio dall’esterno verso il citoplasma. Le GLUT4 sono distribuite nel muscolo scheletrico, nel tessuto adiposo bruno e bianco e nel muscolo cardiaco. Nel muscolo le GLUT 4 potenziano il trasporto transmenbrana del glucosio sia per effetto mediato dall’insulina (legame recettore insulina, IRS-1, PI 3-Kinasi, stimolazione traslocazione GLUT4) sia per effetto derivante dalla contrazione muscolare. IRS-1 e PI 3-Kinasi sono componenti essenziali per la stimolazione dell’insulina delle GLUT4 nel muscolo scheletrico e non costituiscono parte del meccanismo tramite il quale l’esercizio fisico, cioè la contrazione muscolare, stimola la traslocazione delle GLUT4. La traslocazione è comunque solo la prima tappa del movimento delle GLUT4 dal pool vescicolare del citoplasma. Le altre tappe comprendono l’aggangio (docking) e la fusione delle GLUT4 con la membrana plasmatica, cui segue l’internalizzazione e l’endocitosi da parte del pool vescicolare. Difetti del movimento delle GLUT4 possono contribuire a peggiorare lo stato di insulino resistenza nel muscolo a causa di una parziale insufficienza delle GLUT4 di traslocare, di agganciarsi e di fondersi con la membrana plasmatica.

Trasporto e metabolismo del glucosio nel muscolo scheletrico (Zierath 2002)

Il trasporto del glucosio, nel muscolo scheletrico, può essere attivato da 2 vie indipendenti: la via mediata dal legame insulina recettore e la via mediata dalla contrazione muscolare (quest’ultima è costituita da due sistemi di attivazione AMPKinasi e MAP kinasi). Il muscolo scheletrico è quantitativamente il più importante tessuto coinvolto nel mantenimento dell’omeostasi glucidica; capta circa l’80% del glucosio disponibile in seguito all’ingestione dello stesso. Sono state fornite prove dirette che dimostrano che deficit nel trasporto del glucosio e nella traslocazione delle proteine GLUT4 sono responsabili diretti dell’insulino resistenza. Le GLUT4 sono essenziali non solo per lo stimolo dell’insulina, ma anche per l’ipossia/esercizio (contrazione). Il livello di attività fisica è legato al miglioramento dell’omeostasi glicemica. L’allenamento ha effetti multipli sul metabolismo del glucosio e sull’espressione genica a livello muscolare. L’espressione di tutte le proteine di trasporto è maggiore nelle fibre ossidative rispetto a quelle glicolitiche . Questo potrebbe significare che i muscoli con prevalente metabolismo aerobico sono più colpiti dalle malattie metaboliche quali ad esempio il diabete.

Trasduzione intracellulare del segnale insulinico (Pessin 2000, Lodish 2000, Zierath 2002)

L’insulino resistenza si può determinare a causa di difetti nei meccanismi intracellulari di trasduzione del segnale dalla membrana cellulare verso l’interno della cellula. Al riguardo è essenziale illustrare i meccanismi che operano internamente alla cellula tenuto conto che il muscolo, in caso di insulino insensibilità, è il tessuto che più di ogni altro contribuisce allo sviluppo dell’insulino resistenza di carattere generale.

Sistema insulino dipendente

A livello muscolare, così come negli altri tessuti insulino dipendenti, il glucosio per attraversare la rispettiva membrana cellulare bisogna che l’insulina si leghi al suo rispettivo recettore. Questo è costituito da una glicoproteina in cui sono presenti due subunità alfa rivolte verso la parte esterna della cellula e due subunità beta rivolte invece verso il citosol, cioè la parte interna, tenute insieme da due ponti disulfurici. L’insulina, legandosi alla parte esterna del recettore, cioè alle componenti alfa, determina una variazione conformazionale del recettore a livello delle due subunità beta con conseguente attivazione del recettore tirosina-chinasi localizzato nelle due subunità beta (auotofosforilazione). In questi ultimi anni sono stati fatti studi importanti per identificare gli eventi postrecettoriali in grado di attivare le azioni biologiche finali che caratterizzano il metabolismo intracellulare dell’insulina. Tali reazioni riguardano l’attivazione dei substrati insulinici 1 e 2 (IRS 1 e 2 ), della fosfatidilinositolo 3 Kinasi (PI 3-Kinasi), della proteina kinasi B (PKB) e C (PKC), del fosfatidilinositolo difosfato (PI2) e fosfatidilinositolo trifosfato (PI3).

Substrati recettore insulina (IRS1 e 2)

La trasduzione intracellulare del segnale insulinico consiste in una serie di eventi complessi che coinvolgono effettori di natura proteica che regolano le diverse risposte cellulari. La via della trasduzione del segnale insulinico non è necessariamente lineare in quanto c’è un alto grado di reciproca influenza fra i trasduttori di segnali. L’IRS1 e 2 che si attivano immediatamente dopo il legame insulina recettore si fanno da tramite fra lo stesso recettore e gli eventi molecolari a cascata finalizzati ad attivare le varie risposte metaboliche (azioni intracellulari dell’insulina). Le molecole costitutive degli IRS contengono numerosi siti tirosinici che diventano fosforilati dopo stimolazione insulinica giocando un ruolo selettivo nella regolazione della risposta metabolica nei tessuti insulino dipendenti (fegato, muscolo, tessuto adiposo).

Fosfatidilinositolo 3 kinasi (PI 3-kinasi) ed effettori

Il fosfatidilinositolo 3 kinasi (PI3-Kinasi) è uno degli intermedi molecolari più caratterizzati che si lega da una parte agli IRS1 e 2 e dall’altra ad altre molecole coinvolte nella trasduzione intracellulare del segnale insulinico. La PI 3-kinasi associata alla fosforilazione tirosinica degli IRSs dopo stimolazione insulinica catalizza la formazione del fosfatilinositolo trifosfato (PIP3 trifosfato), che serve quale regolatore allosterico del fosfatidilinositolo kinasi dipendente (PI 3-kinasi). Questo enzima ha un ruolo importante nel trasporto del glucosio mediato dalle GLUT4, cioè dal complesso proteico che potenzia il trasporto del glucosio attraverso la membrana cellulare (traslocazione delle GLUT4). I meccanismi di questo processo non sono ancora ben chiari. Sembra che la PI 3-kinasi attivi un’altra proteina kinasi B o C che determinerebbe successivamente la traslocazione delle GLUT4 e conseguentemente una aumentata captazione del glucosio a livello della membrana. L’attività della PI 3-kinasi conseguente al legame recettore insulina nel muscolo scheletrico è peggiorata nei pazienti affetti da diabete tipo 2 e nei soggetti obesi mettendo in evidenza il ruolo determinante dello stato di insulino resistenza nelle due patologie sopra citate. Una persistente sensibilità all’insulina è osservabile nel muscolo anche dopo parecchie ore dalla fine di una singola seduta di allenamento. L’aumentata attività della PI 3-Kinasi da elevata fosforilazione tirosinica nelle ore immediatamente dopo esercizio fisico può parzialmente contribuire al persistente incremento di captazione del glucosio. L’esercizio fisico regolare aumenta l’attività della PI 3-kinasi nel muscolo scheletrico. Poiché la PI 3-kinasi è un importante sistema che interviene nel regolare l’assunzione del glucosio, questo meccanismo può notevolmente contribuire a migliorare le azioni intracellulari dell’insulina nel muscolo scheletrico. L’allenamento determina un aumento generalizzato della captazione del glucosio ematico. Questo effetto è correlato con l’aumentata espressione proteica delle GLUT4 come risposta adattiva nell’espressione e funzione delle molecole chiave attivate in conseguenza del legame recettore insulina. Anche se le conoscenze attuali sulla trasduzione dei segnali che regolano la captazione del glucosio sono limitate, stanno tuttavia per essere messe in evidenza importanti meccanismi che mediano il trasferimento intracellulare di questa molecola.

IRS1 e 2 ed esercizio

L’IRS1 e 2 sono importanti mediatori chimici dei segnali nel muscolo scheletrico. Sono stati messi in evidenza gli effetti dell’allenamento che inducono un aumento di attività degli IRS 1 e 2 osservabili fino a 16 ore dalla fine della seduta di esercizio.

 

 

VEDI ANCHE:

Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (prima parte)
Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (seconda parte)
Esercizio fisico e diabete di tipo 2 (quarta parte)


Laurea in Scienze Motorie

Tesi di laurea: Ruolo dell’esercizio fisico nella prevenzione primaria del diabete tipo 2: aspetti molecolari
Relatore: Ch.mo Prof. Federico Schena
Laureando: Ginetto Bovo
Anno accademico 2001-2002

Ginetto Bovo
Dr. in scienze motorie, docente di educazione fisica