L’evento lesivo a livello muscolare, costituisce uno degli insulti traumatici più ricorrenti in ambito sportivo. L’entità della lesione può andare dal semplice stiramento, spesso associato a rottura dei piccoli vasi, con comparsa di dolore e tumefazione, sino allo strappo muscolare completo.
Le conseguenze per lo sportivo, che appaiono ovviamente correlate all’entità della lesione subita, sono sempre comunque sgradevoli e comportano sempre una sospensione, più o meno lunga, dell’attività agonistica e l’attuazione di un’ idonea terapia fisica.
Ma le lesioni muscolari possono essere correlate ad un particolare tipo di attivazione muscolare? Ed inoltre si possono mettere in atto delle strategie, per cosi dire “preventive” a riguardo?
Nelle poche righe che seguono cercheremo di rispondere, anche se non ovviamente in modo esaustivo, data la complessità del problema, a queste domande, cercando, oltre che di fare chiarezza sugli eventi fisiologici che normalmente caratterizzano l’evento traumatico, di fornire alcune indicazioni di ordine pratico per cercare di mettere in atto un condizionamento muscolare il più idoneo possibile alla prevenzione, entro ovviamente certi limiti, di questo tipo di traumi.
Danno strutturale e modalità di contrazione
Il danno strutturale della fibra muscolare può essere causato, sia da una singola contrazione muscolare, come dall’effetto cumulativo di una serie di contrazioni (Armstrong, e coll., 1991). In ogni caso, il meccanismo maggiormente correlato al possibile danneggiamento della fibra muscolare, risulterebbe essere la contrazione di tipo eccentrico (Armstrong, 1990; Garret, 1990). La ragione della maggior incidenza traumatica a livello muscolare, riscontrabile durante una situazione di contrazione eccentrica, è soprattutto imputabile alla maggior produzione di forza registrabile nel corso di quest’ultima, rispetto a quanto non avvenga nella modalità di attivazione di tipo concentrico od isometrico (Stauber, 1989; Garret, 1990). Infatti durante una contrazione eccentrica, effettuata alla velocità di 90° · s-1, la forza espressa dal distretto muscolare risulta essere di ben tre volte maggiore di quella espressa, alla stessa velocità, durante una contrazione concentrica (Middleton e coll., 1994). Inoltre, durante una contrazione eccentrica, risulta maggiore anche la forza prodotta dagli elementi passivi del tessuto connettivo del muscolo sottoposto ad allungamento (Elftman, 1966). Soprattutto in riferimento a quest’ultimo dato, occorre sottolineare come anche il fenomeno puramente meccanico dell’elongazione, possa giocare un ruolo importante nell’insorgenza dell’evento traumatico, visto che quest’ultimo può verificarsi, sia in un muscolo che si presenti attivo durante la fase di stiramento, come in un distretto muscolare che sia passivo durante la fase di elongazione (Garrett e coll., 1987). Durante la contrazione eccentrica il muscolo è in effetti sottoposto ad un fenomeno di “overstretching” che, in quanto tale, può determinare l’insorgenza di lesioni a livello dell’inserzione tendinea, della giunzione muscolo-tendinea, oppure a livello di una zona muscolare resa maggiormente fragile da un deficit di vascolarizzazione (Middleton e coll., 1994). E’ interessante notare come siano i muscoli pluarticolarii quelli maggiormente esposti ad insulti traumatici, proprio per il fatto di dover controllare, attraverso la contrazione eccentrica, il range articolare di due o più articolazioni (Brewer, 1960). Anche la diversa tipologia delle fibre muscolari presenta una differente incidenza di evento traumatico. Le fibre a contrazione rapida (FT), sono infatti maggiormente esposte a danni strutturali rispetto a quelle a contrazione lenta (ST), probabilmente a causa della loro maggior capacità contrattile, che si traduce in un’accresciuta produzione di forza, e di velocità di contrazione, rispetto alle fibre di tipo ST (Garret e coll., 1984; Friden e Lieber, 1992). Inoltre i muscoli che presentano un’alta percentuale di FT, sono generalmente più superficiali (Lexell e coll., 1983) e normalmente interessano due o più articolazioni, fattori entrambi predisponenti al danno strutturale (Brewer, 1960; Garret, 1990). Inoltre è interessante notare come l’insulto traumatico sia prevalentemente localizzato a livello della giunzione muscolo-tendinea, a testimonianza del fatto che in questa zona, come del resto nella porzione finale della fibra muscolare, si verifichi il maggior stress meccanico (Garrett, 1990; Garrett e coll., 1987; Lieber e coll., 1991). In ultimo occorre sottolineare il particolare aspetto metabolico connesso alla contrazione di tipo eccentrico. Durante la contrazione di tipo eccentrico, dal momento che la vascolarizzazione muscolare viene interrotta, il lavoro svolto è di tipo anaerobico, questo determina, sia un aumento della temperatura locale, che dell’acidosi, oltre ad una marcata anossia cellulare. Questi eventi metabolici si traducono in un’aumentata fragilità muscolare ed in una possibile necrosi cellulare, sia a livello muscolare, che del connettivo di sostegno (Middleton e coll., 1994).
L’allenamento eccentrico come metodologia di allenamento muscolare di tipo “preventivo”
Considerando quindi il fatto che il muscolo si presenta particolarmente vulnerabile nel momento in cui venga sottoposto ad una contrazione di tipo eccentrico, soprattutto quando quest’ultima sia di notevole entità, come nel caso di uno sprint, di un balzo o di comunque un gesto di tipo esplosivo, nasce l’esigenza di “condizionare” i distretti muscolari maggiormente a rischio con un tipo di lavoro consono a questa particolare esigenza. Si tratta quindi di agire secondo una metodologiche di lavoro di lavoro che comporti la ricerca dell’ instaurazione di un ambiente muscolare acido, condizione immediatamente seguita, senza soluzione di continuità, da una serie di contrazioni eccentriche rapide (definibili come eccentriche-flash) effettuate sull’atleta da un operatore, oppure da una contrazione eccentrica lenta e controllata (che potremmo definire come eccentrica-classica). L’acidosi muscolare può essere prodotta da una serie di scatti a velocità massimale , ancor meglio se effettuati su distanze relativamente brevi (20-30 metri) con arresto e cambio di direzioni immediati, in modo da ricalcare, nella biomeccanica di corsa, il più possibile il modello prestativo. In tal modo il condizionamento muscolare è orientato verso un progressivo adattamento nello sviluppare contrazioni eccentriche rapide ed intense in condizioni di forte acidosi e di marcata anossia cellulare. Questo tipo di lavoro, come riportato nell’esempio 1, si dimostra particolarmente interessante per il bicipite femorale. Per provocare una marcata acidosi locale, del bicipite femorale, è possibile indurre quest’ultima attraverso un esercitazione muscolare settoriale, come l’esercizio di leg curl, eseguito ad esaurimento muscolare completo, immediatamente seguito dall’esercitazione eccentrica, come descritto dall’esempio 2.
Un altro schema di lavoro interessante, sempre a carico del bicipite femorale, è costituito da una serie di corsa calciata, eseguita ad alta intensità, con l’ausilio di bande elastiche, della durata di alcuni secondi, seguita da una serie di contrazioni eccentriche-flash (esempio 3) o da contrazioni eccentriche di tipo tradizionale (esempio 4). Ricordiamo che una serie eccentrica, definibile come di tipo “classico”, comporta l’utilizzo di un carico sovra-massimale (110%-120% del carico massimale) ed un numero di ripetizioni compreso tra 3 e 4, la fase eccentrica deve essere eseguita molto lentamente e naturalmente la fase concentrica deve essere effettuata grazie ad un aiuto esterno. Data la diversità della modalità di contrazione eccentrica tra il cosiddetto “eccentrico-flash” ed il metodo “eccentrico classico”, sarebbe buona norma adottare entrambi questi tipi di lavoro, al fine di ottenere un condizionamento muscolare consono ad entrambi i pattern di attivazione. Lo stesso tipo di lavoro è proponibile anche per il quadricipite femorale (esempio 5), in questo caso dopo una serie di skip con resistenza elastica, viene eseguita una serie di “eccentrico classico” al leg extension, oppure di contrazioni eccentriche “flash” (esempio 6). Questi esempi esercitativi, che naturalmente posso essere integrati o modificati, sempre restando in quest’ottica metodologica, possono quindi costituire sia un egregio lavoro di tipo preventivo nei confronti dei possibili danni muscolari, sia, ovviamente con i dovuti adattamenti, fornire una solida base di condizionamento muscolare per ciò che riguarda i piani di lavoro riabilitativo susseguenti ad eventi traumatici a livello muscolare.
Che cosa è la contrazione eccentrica…
La contrazione di tipo eccentrico è un particolare tipo di attivazione muscolare durante il quale il muscolo produce forza, anziché accorciandosi come durante il lavoro concentrico, allungandosi. Per spiegare in termini pratici questo concetto di meccanica muscolare, immaginiamo di tenere in mano con il braccio piegato a 90°, un manubrio il cui peso sia molto maggiore rispetto alla massima forza esprimibile dal mio bicipite, poniamo 60 kg. In questo caso, nonostante ogni sforzo, non posso certamente flettere il braccio e portare il manubrio verso la spalla, abbiamo appena detto che il suo peso è maggiore della mia forza, anzi il mio braccio si distenderà verso il basso, proprio in virtù del grosso carico che tengo in mano. L’unica cosa che sono in grado di fare in questa situazione, è cercare di rallentare al massimo la caduta del carico, grazie appunto ad una contrazione eccentrica del mio bicipite. In questa condizione il mio muscolo funziona come un vero e proprio “freno”, più riuscirò a rallentare la caduta del peso, maggiore sarà la forza di tipo eccentrico espressa.
Figura 1: La modalità di contrazione concentrica (riquadro di sinistra), prevede l’accorciamento del ventre muscolare, mentre quella eccentrica (riquadro di destra), vede il muscolo allungarsi.
Esempio 1: L’esercitazione è complessivamente composta una serie di 5 scatti a velocità massimale effettuati su di una distanza breve(20 metri), con arresto e cambiamento di direzione, effettuati senza soluzione di continuità, abbinati ad una serie di “contrazioni flash” (10 —15 ripetizioni per gamba) a carico del bicipite femorale.
Esempio 2 : Per provocare una marcata acidosi locale, del bicipite femorale, è possibile effettuare un esercitazione muscolare settoriale, come il leg curl, eseguito ad esaurimento muscolare completo (65-70% del carico massimale per 12-10 RM), immediatamente seguito da una serie di “contrazioni flash” (10 —15 ripetizioni per gamba).
Esempio 3: Un altro schema di lavoro a carico del bicipite femorale, può prevedere una serie di corsa calciata, eseguita ad alta intensità, con l’ausilio di bande elastiche, della durata compresa tra i 20 ed i 30 ‘’, immediatamente seguita da una serie di contrazioni eccentriche-flash (10 —15 ripetizioni per gamba).
Esempio 4: Lo stesso schema di lavoro dell’esempio precedente, nel quale però l’eccentrico “flash” è stato sostituito dall’eccentrico “classico” (carico pari al 120% del massimale, 3- 4 ripetizioni eseguite il più lentamente possibile). E’ sempre buona norma adottare entrambi questi tipi di lavoro, al fine di ottenere un condizionamento muscolare consono ad entrambi i pattern di attivazione.
Esempio 5: Lo stesso tipo di lavoro per il quadricipite femorale, in questo caso dopo una serie di skip con resistenza elastica della durata di 20-30’’ viene eseguita una serie di eccentrico “classico” al leg extension. (carico pari al 120% del massimale, 3- 4 ripetizioni eseguite il più lentamente possibile).
Esempio 6: Esercitazione simile alla precedente dove però,dopo una serie di skip con resistenza elastica sempre della durata di 20-30’’, viene eseguita una serie di eccentrico “flash” (10 —15 ripetizioni per gamba). Anche nel caso del quadricipite femorale è sempre consigliabile adottare entrambe le modalità di contrazione eccentrica (classica e flash).
Nota: In tutti gli schemi di lavoro sopra illustrati, il numero di serie consigliabile oscilla tra 3 e 6. Il tempo di recupero deve essere relativamente importante (dell’ordine di 3-4’ , all’occorrenza anche oltre) per poter permettere all’atleta di effettuare le serie successive ad un’alta intensità di lavoro, condizione essenziale per poter indurre un’apprezzabile acidosi muscolare.
Per chi volesse saperne di più…
Armstrong RB. Initial events in exercise induced muscular injury. Med. Sci. Sports Exerc. 22: 429-437, 1990.
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Brewer BJ. Instructional Lecture American Academy of Orthopaedic Surgeons 17: 354-358, 1960.
Elftman H. Biomechanics of muscle. J. Bone Joint Surg. 48A : 363, 1966.
Friden J., Lieber RL. Structural and mechanical basis of the exercise-induced muscle injury. Med. Sci. Sports Exerc. 24: 521-530, 1992.
Garrett WE., Safran MR., Seaber AV. Biomechanical comparison of stimulated and non stimulated skeletal muscle pulled to failure. Am. J. Sports Med. 15: 448-454, 1987.
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Garret WE. Jr., Califf JC., Basset FH. Histochemical correlates of hamstring injuries. Am. J. Sports Med. 12: 98-103, 1984.
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Stauber WT. Eccentric action of muscles: physiology, injury and adaptation. Exerc. Sport Sci. Rev. 17: 157-185, 1989.
Gian Nicola Bisciotti
Dr. in Scienze Motorie