Il termine “cellulite” rappresenta una parola che non dovrebbe più essere utilizzata nel campo medico, infatti etimologicamente indica un’infiammazione acuta di cellule non ben precisate.
I mass media hanno, però, da anni utilizzato questo termine che, oggi, è divenuto di accezione comune per indicare una situazione inestetica del corpo femminile. Da ciò non ci resta che accettarlo e vedere cosa esattamente viene indicato con lo stesso.
Con il termine improprio di “cellulite” vengono oggi comprese delle situazioni inestetiche che, pur presentando in comune un aumento volumetrico a livello della faccia supero-esterna della coscia, riconoscono eziologie diverse e richiedono, perciò’ dei trattamenti correttivi o terapeutici diversi.
Queste particolari salienze del corpo femminile hanno rappresentato, nel mondo occidentale, per vari secoli uno dei canoni estetici della bellezza femminile. Pittori e scultori dall’antica Grecia allo scorso secolo hanno rappresentato la bellezza femminile arricchita dalla così detta “cellulite”.
Ma dai tempi di Afrodite i canoni della bellezza femminile sono cambiati e nell’epoca moderna, dove la cultura anglosassone ha preso il sopravvento su quella mediterranea, i canoni della bellezza sono cambiati ed oggi il concetto di bello è rappresentato dal corpo androide delle top model californiane o australiane causando afflizione nelle donne occidentali a struttura mediterranea.
Oggi tre donne su quattro lamentano gli emblematici cuscinetti delle Tre Grazie del Rubens.
– I Quadri Clinici
– La Valutazione
– Trattamento dei Quadri Clinici
– Metodiche di Trattamento
– Classificazione della Cellulite
La cellulite: i quadri clinici
Con il termine improprio di “cellulite” vengono oggi comprese delle situazioni inestetiche che, pur presentando in comune un aumento volumetrico a livello della faccia supero-esterna della coscia, riconoscono eziologie diverse e richiedono, perciò’ dei trattamenti correttivi o terapeutici diversi.
E’ quindi fondamentale un corretto inquadramento clinico – strumentale prima di procedere in trattamenti medici, chirurgici o fisioterapici.
L’inestetismo su esposto può’ essere attribuito a tre diverse condizioni:
1) Disarmonie della Silhouette
Questa condizione, ereditaria e supportata da una particolare struttura ossea del bacino, non esprime uno stato patologico ma determina soltanto una disarmonia della figura non accettata dai canoni estetici della moda di oggi.
Si ha un divario più o meno importante tra il diametro bitrocanterico e quello biomerale. L’eccesso volumetrico della faccia supero-esterna della coscia è sostenuta dal grande trocantere del femore: è quindi impossibile ridurre questo inestetismo localmente.
2) Eccesso Di Adiposità Localizzata
Alcune volumetrie del tessuto adiposo condizionate dall’azione degli ormoni estrogeni, entro certi limiti, debbono essere considerate come una presenza normale. Infatti, esse svolgono un ruolo estetico nel corpo femminile mascherando le salienze ossee e le sporgenze muscolari. Un trattamento delle adiposità’ localizzate e’ richiesto solo in caso di notevole eccedenza.
Le zone di adiposità localizzata nel distretto inferiore del corpo femminile sono individuabili a livello dei glutei, dell’addome, dei fianchi, della faccia supero esterna della coscia e al ginocchio, medialmente.
L’adiposità localizzata in eccesso può essere costituita da numerose cellule di dimensioni normali (iperplasia), da un numero normale di cellule di grandi dimensioni (ipertrofia), da un misto delle due situazioni. Il trattamento lipolitico potrà dare risultati soprattutto sulle adiposità localizzate che dal punto di vista istomorfologico presentano una situazione ipertrofica: è utile anche nel trattamento iniziale delle forme miste e questo per la particolare tendenza che ha l’adiposità a mantenere costante il proprio volume.
3) Panniculopatia Edemato-Fibro-Sclerotica
Un’affezione degenerativa a carattere evolutivo del tessuto sottocutaneo dovuta ad alterazioni del microcircolo (Cellulite e Microcircolo).
Si sviluppa su un substrato costituzionale legato a tutta una serie di fattori predisponenti e scatenanti.
Fattori Predisponenti
– la razza occidentale
La meiopragia costituzionale delle pareti vasali e la cellulite sono caratteristiche evidenti nelle donne occidentali: le donne asiatiche o quelle di colore non presentano questi problemi.
– l’ereditarietà
Esiste una meiopragia costituzionale delle pareti vasali ereditata geneticamente e che viene trasmessa dagli ascendenti ai discendenti.
– la scarsa componente muscolare
La ridotta quantità di muscolatura è un aspetto che caratterizza il sesso femminile e si può tradurre, a livello delle gambe, in una insufficienza della pompa muscolare con conseguente compromissione della vis a tergo.
Fattori Scatenanti
– i difetti posturali e i difetti nell’appoggio plantare
Alterazioni posturali determinano iperappoggio su di un arto con relativa contrattura spastica della muscolatura responsabile di un’alterazione funzionale della circolazione venolinfatica e quindi di un fenomeno di stasi. Ugualmente un appoggio plantare non corretto (cavismo, piattismo) determina nella fase dinamica del movimento una irregolare spremitura della suola venosa del Lejard e conseguente disfunzione del circolo veno-linfatico di ritorno.
– la stazione eretta prolungata
Nel caso di una stazione eretta prolungata si comprende il fattore gravitazionale nella induzione di una insufficienza venolinfatica, l’insufficienza della pompa muscolare della gamba, l’insufficiente spremitura della suola venosa del Lejard.
– le cattive abitudini
Gambe vicino a fonti di calore ( radiatori, fuoco ), gambe flesse per diverse ore, uso di calzature non idonee ( es. calzare di frequente scarpe con i tacchi alti causa di cavismo o scarpe da tennis causa di piattismo ), abbigliamento non idoneo ( es. jeans troppo aderenti o indumenti analoghi che costringono impedendo il ritorno venoso ), fare il bagno in vasca con acqua calda superiore ai 30° (è da preferire la doccia), esporsi al sole e coprire le gambe con un asciugamano bagnato ( si crea un effetto serra più dannoso di una esposizione diretta al sole ).
– la dieta ipoproteica, ipovitaminica e povera di fibre
La povertà in fibre si traduce in un ristagno del materiale fecale con dilatazione dell’ampolla rettale e fenomeni di compressione sulle vene iliache e quindi ostacolo al deflusso venoso dell’arto inferiore. Per il metabolismo delle pareti vascolari sono ormai note le funzioni ottimizzanti delle vitamine A, E, C. Una dieta povera in proteine si tradurrà in un situazione deficitaria del corredo miocontrattile delle fibrocellule muscolari lisce delle pareti venose e dei vari enzimi preposti al metabolismo energetico.
– l’impiego di anticoncezionali
L’assunzione di anticoncezionali ormonali in donne con Insufficienza Venosa Cronica (IVC) va valutata attentamente consigliando l’opportunità di altri metodi di contraccezione. I progestinici quando associati agli estrogeni ne esaltano l’azione favorente la ritenzione idrica forse attraverso un incremento dell’aldosterone.
Le minipillole attualmente in commercio per le donne affette da insufficienza venosa cronica forse rappresentano un rischio minore che non una gravidanza.
– la vita sedentaria
L’esercizio fisico,attraverso l’azione della cosiddetta “pompa muscolare” ( contrazione dei muscoli e movimenti del diaframma), ha importanti significati per il normale flusso venoso.
– la gravidanza
Il progesterone prodotto dal corpo luteo e dalla placenta riduce l’eccitabilità della muscolatura liscia.
La relaxina prodotta dal corpo luteo esplica rilassamento della sinfisi pubica e un’azione miolitica sistemica ( potenzia l’azione del progesterone).
Gli estrogeni causano un aumento della ritenzione idrica (edema) per aumentata permeabilità capillare.
Le dimensioni dell’utero gravidico, che dopo il 6° mese comprimono il sistema cavale inferiore , la riduzione della vis a fronte per ridotta espansibilità delle escursioni diaframmatiche con il pacchetto intestinale che di conseguenza comprime le vene iliache peggiorano la situazione.
– l’obesità
1) per riduzione della vis a fronte (viene ostacolata l’escursione diaframmatica e l’espansibilità toracica);
2) riduzione della vis a tergo;
Un deficit di effetto insulinico può essere conseguente alla insulino-resistenza, ad un deficit di vitamina B1, alla comparsa di autoanticorpi anti-insulina, anti-recettore, anticellule b, a turbe neurormonali come un aumento di somatostatina che è un inibitore multifunzionale che esplica la sua azioni anche nei confronti dell’insulina o meglio delle cellule b delle insule pancreatiche di Langherans, all’impiego di ormoni e farmaci diabetogeni, alla gravidanza. Un deficit di effetto insulinico si tradurrà in un deficit bioenergetico per difettosa utilizzazione della principale molecola utilizzabile dall’organismo per scopi energetici: il glucosio. La naturale espressività clinica di un deficit bioenergetico è l’astenia con conseguente ridotta attivazione della pompa muscolare e ridotta spremitura della suola venosa del Lejard.
3) aromatizzazione degli androgeni operata dal tessuto adiposo. L’iperestrogenismo favorisce il passaggio degli elettroliti e dell’acqua negli spazi interstiziali stimolando la secrezione di aldosterone e adiuretina.
La cellulite: la valutazione
Sul piano operativo la visita medica verterà su:
Esame Anamnestico
1) La presenza di una familiarità per malattie flebolinfologiche.
Nell’anamnesi familiare sarà ancora importante ricercare la presenza di un habitus ginoide accentuato negli ascendenti o collaterali.
2) L’anamnesi fisiologica che dovrà essere particolarmente accurata perché in essa si potranno riscontrare gli errori comportamentali e di igiene di vita alla base di un’eventuale alterazione venolinfatica degli arti inferiori.
Si evidenzierà in particolare:
– l’alimentazione ed in particolare l’eventuale eccesso di assunzione di zuccheri e sali, sostanze ad attività igroscopica che peggiorano la ritenzione idrica tessutale;
– l’attività motoria degli arti inferiori,fondamentale per una corretta circolazione venolinfatica che progredisce in senso centripeto principalmente per l’azione di contrazione ritmica dei muscoli;
– la regolarità dell’alvo, perché il ristagno fecale determina compressione delle iliache e stasi venosa;
– la presenza di iperestrogenismi assoluti, relativi o iatrogeni: gli estrogeni attivano a livello periferico le chinine vasoattive determinando vasodilatazione e aumento di permeabilità capillare.
Esame Obbiettivo
Ispezione
Con l’Ispezione si valuterà le zone di incremento volumetrico, l’aspetto e il colorito della cute, l’eventuale presenza di segni di insufficienza flebo-linfatica (varici,teleangiectasie,edemi).
Palpazione
La palpazione ci fornirà indicazioni riguardo il grado di pastosità, elasticità e plicabilità della cute.
Esami Strumentali
Valutazione antropometrica
Verrà calcolato l’habitus, il peso ideale soggettivo, la massa adiposa, il body mass index e il total body water mediante misurazioni classiche, plicometria ed impedenziometria. L’elaborazione dei dati ottenuti ci permetterà di valutare gli eventuali eccessi ponderali assoluti, gli eccessi adiposi, le carenze muscolari, gli assetti ossei e gli incrementi di massa acquosa.
Valutazione posturale
Con il risultato dato dalla osservazione diretta e dal plantoscopio si valuterà lo stato posturale del soggetto. Situazioni di alterazione dell’ortostatica determinano iperappoggio su di un’ arto con contrattura spastica della muscolatura dello stesso, a questo consegue una non corretta stimolazione della circolazione venolinfatica e, conseguentemente, stasi.
Ugualmente un appoggio plantare non corretto determinerà nella fase dinamica del movimento una irregolare spremitura della “suola venosa del Leyar”, il cuore del sistema venoso, e alterazione del circolo venolinfatico.
Valutazione flebolinfologica
Prevederà una semeiotica manuale ed una strumentale. La prima valuterà la situazione cutanea (discromie, distermie, teleangectasie, ecc.), la dolorabilità sia alla pressione delle interruzioni di fascia a livello della faccia interna della gamba, segno di stasi venosa, che al pinzettamento dei tessuti, segno di compressione delle terminazioni nervose per edema. La semeiotica strumentale prevede l’uso della ultrasonografia doppler per valutare la continenza del circolo venoso superficiale e profondo e un esame ecografico del tessuto adiposo.
Ecografia del tessuto adiposo
Per lo studio ecografico del tessuto adiposo si utilizzano apparecchi muniti di sonda lineare da 7,5 Mhz con interposizione di un distanziatore sintetico di superficie.
Sonde lineari di minore frequenza ( 5 MHz ) presentano una minore risoluzione e l’ecogramma ha echi più grossolani.
Si eseguono scansioni assiali e longitudinali con relative misurazioni in ogni distretto.
Le regioni esaminate comparativamente sono:
– la trocanterica
– la sottotrocanterica
– la sovracondiloidea mediale
– l’interna del ginocchio
– la premalleolare interna
– la premalleolare esterna
Le misurazioni devono includere lo spessore del derma compreso tra la linea iperecogena dell’epidermide e quella profonda del derma e lo spessore del tessuto adiposo compreso tra la linea iperecogena del derma e la fascia iperecogena del perimisio.
Con l’Ecografia del tessuto adiposo possiamo non soltanto differenziare una adiposità localizzata da una panniculosi ma persino valutare lo stadio di quest’ultima. Ciò ci permette di scegliere correttamente il tipo di intervento terapeutico e, soprattutto, di fare una prognosi sul possibile risultato.
Doppler del tessuto adiposo
In Medicina Estetica si realizza uno studio doppler flussimetrico del sistema venoso degli arti inferiori . Esso ha lo scopo di stabilire:
– la pervietà del sistema venoso profondo
– la continenza valvolare safenica
– la localizzazione delle vene perforanti sede di refflussi
Si utilizzano ultrasuoni con frequenze variabili da 2 a 10 MHz. Le più usate sono quelle di 4 e 8 MHz.
Un funzionamento a bassa frequenza (4 MHz) fornisce una migliore penetrazione nei tessuti ed è adatta all’esplorazione di strutture profonde (sistema venoso profondo), un funzionamento ad alta frequenza (8 MHz) offre una penetrazione più superficiale (sistema venoso superficiale) per un maggiore assorbimento dell’onda da parte dei tessuti.
Dal punto di vista auscultatorio quello venoso è un flusso fasico, a soffio di vento, variabile di intensità con gli atti respiratori e con la posizione.
Studio del Sistema Venoso
Gli assi venosi vengono studiati ponendo la sonda sul loro decorso e constatando la fasicità del flusso in rapporto alla respirazione.
Nell’arto inferiore possiamo esplorare per il circolo profondo la vena iliaca comune e l’esterna, le femorali comune ed superficiale, la vena poplitea, la vena tibiale posteriore.
Per il circolo superficiale esploreremo la grande e piccola safena, le vene collaterali e le perforanti.
Nello studio delle patologie venose degli arti inferiori il Doppler ci fornisce informazioni sulla pervietà della vena e sulla continenza valvolare dei tre sistemi degli arti inferiori: superficiale, profondo, comunicante.
La pervietà degli assi venosi profondi viene studiata ponendo la sonda sul loro decorso e constatando la fasicità del flusso in rapporto alla respirazione e la trasmissibilità di impulsi impressi con la compressione manuale delle masse muscolari a monte.
La continenza valvolare viene saggiata grazie a manovre di compressione-decompressione effettuate sulle masse muscolari a valle della sonda, o alla manovra di Valsalva (inspirazione profonda seguita da espirazione forzata a bocca e naso chiusi) con sonda sempre posizionata sulla vena da esplorare.
Per studiare la continenza valvolare ostiale della grande safena si pone la sonda esploratrice (capsula piezoelettrica) in corrispondenza della crosse safeno-femorale (punto di incontro del circolo venoso profondo e del circolo venoso superficiale) al triangolo dello Scarpa. Si localizza prima l’arteria satellite (sono udibili degli schiocchi sincroni all’attività pulsatile dell’arteria) e poi la vena. Il paziente è in ortostatismo e lo si invita a tossire o ad eseguire una manovra di Valsalva. Acusticamente si percepirà un rumore di reflusso più o meno intenso se la valvola è incontinente. In caso di continenza valvolare si avrà un arresto del flusso .Per studiare la giunzione safeno poplitea si dispone la sonda nel cavo popliteo. Si provoca un aumento della pressione venosa a monte mediante compressioni manuali osservando la competenza valvolare nel caso si arresti il flusso o al contrario il cedimento della valvola stessa in caso si abbia reflusso al termine della manovra. Di notevole interesse pratico è la ricerca delle comunicanti insufficienti. Per localizzarle si usa il metodo di Pratt dei due lacci con i quali si delinea progressivamente l’area in esame mentre la sonda raccoglie i segnali di reflusso della vena comunicante insufficiente provocati da compressioni manuali dell’arto a monte e a valle dei lacci. La tensione dei lacci dev’essere tale da bloccare solo il deflusso superficiale. Il paziente è in decubito supino.
Si sposta la sonda nel tratto in esame esercitando contemporaneamente una compressione a valle e a monte del segmento compreso tra i lacci emostatici laddove esiste una comunicante incontinente si avrà un suono bifasico.
Lo studio Doppler del sistema venoso viene sempre completato dal rilievo delle pressioni venose in clinostatismo e ortostatismo del circolo profondo e superficiale degli arti inferiori.
Si pone il manicotto di uno sfigmomanometro al di sopra del malleolo interno dell’arto da studiare e si ricerca la vena (safena interna e/o tibiale posteriore) con la sonda Doppler distalmente a dove è stato disposto il manicotto.
Si gonfia il manicotto ad una pressione tale da provocare l’occlusione venosa, quindi gradualmente si sgonfia il manicotto è si considera significativo il valore in cui riprende il flusso venoso (rumore a colpo di vento). Tale manovra va ripetuta 2-3 volte al fine di ottenere un valore affidabile e preciso. In condizioni normali la pressione venosa in clinostatismo varia da 10 a 25 mm Hg sia alla vena tibiale posteriore che nella vena grande safena. In ortostatismo si registrano pressioni di 40-60 mm Hg sia nel sistema venoso profondo che in quello superficiale (negli arti inferiori).
La cellulite: trattamento dei quadri clinici
Lo schema operativo che proponiamo è basato su un principio didattico, infatti molto spesso i quadri clinici non si presentano da soli ma sovrapposti gli uni agli altri.
In caso di sovrapposizione dovremo sempre iniziare il nostro trattamento curando l’unica vera patologia, la PEFS, e pianificando un giusto programma preventivo.
Solo dopo passeremo al trattamento di correzione delle altre situazioni inestetiche.
DISARMONIE DELLA SILHOUETTE
Questa situazione corrisponde, di solito, a:
– peso ideale soggettivo normale
– divario più o meno importante tra il diametro bitrocanterico e il biomerale
– normalità degli esami strumentali eseguiti
Trattamento
Su queste basi, l’intervento si dovrà limitare ad una riarmonizzazione della figura della paziente attraverso lo sviluppo del torace e la stimolazione della muscolatura del cingolo scapolare.
Infatti, questa situazione e’ supportata da un particolare assetto scheletrico di bacino e l’eccesso volumetrico della faccia supero-esterna della coscia e’ sostenuta dalla testa del grande trocantere del femore: e’ quindi impossibile ridurre questo inestetismo localmente. La riarmonizzazione deve, quindi, prevedere una integrazione delle volumetrie della porzione superiore del corpo ottenibile con l’aumento volumetrico del torace e l’eventuale ipertrofizzazione dei capi muscolari del cingolo scapolo-omerale.
L’aumento del volume della cassa toracica si ottiene con un’opportuna ginnastica aerobica (nuoto, corsa, etc.). L’ipertrofizzazione può essere ottenuta sia con body-building attivo sia con elettrostimolazione muscolare che, a fini ipertrofizzanti, prevede tempi di contrazione superiori agli otto secondi.
E’ preferibile trattare i muscoli da ipertrofizzare con questa particolare elettrostimolazione e ciò perché l’ipertrofia del muscolo non e’ un processo fisiologico, infatti l’incremento volumetrico e’ dovuto non solo alle fibrocellule muscolari ma anche all’ipertrofia connettivale. Meglio, perciò, stimolare solo i capi muscolari che a noi interessano senza coinvolgere i muscoli accessori come avviene nel movimento attivo.
Un’altra situazione che può sempre rientrare tra le disarmonie della silouette è quella che consegue alla ipotrofia del muscolo gluteo. In questo caso la diminuzione del volume muscolare determina caduta del gluteo per gravita’ e conseguente compressione dei tessuti della porzione posteriore della coscia con fuoriuscita laterale di un eccesso volumetrico di tessuto a livello della faccia supero-esterna della coscia.
Sempre all’ipotrofia del muscolo gluteo va attribuita la comparsa di buchetti sulla cute in posizione ortostatica. Questa situazione non va confusa con la cute a materasso caratteristica dell’ultimo stadio della PEFS e determinata dallo stiramento dei tralci fibrosi neoformati, inestetismo permanente sia in orto che in clinostatismo.
In caso di ipotrofia muscolare i tessuti soprafasciali tendono a cadere per gravità e stirando i filamenti connettivali che normalmente li tengono adesi alla fascia muscolare determinano l’inestetismo.
Anche in questo caso la riarmonizzazione prevederà una ricostruzione del muscolo gluteo con body-building attivo o, meglio, con elettrostimolazione ipertrofizzante.
Fondamentale è ricordare alla paziente la necessità di un giusto apporto di proteine necessarie alla costruzione del muscolo e di una supplementazione argininica che stimolando la formazione del GH incrementa la massa muscolare a discapito di quella adiposa.
ECCESSO DI ADIPOSITA’ LOCALIZZATA
In questa situazione clinica rileveremo:
– peso soggettivo normale o aumentato
– normale rapporto tra diametro biomerale e bitrocanterico
– normalita’ degli esami strumentali eseguiti fatta eccezione per un accentuato “effetto bordo” (aumento di spessore) all’esame ecografico
Trattamento
L’intervento si occuperà, in questo caso, della riduzione ponderale, se necessaria, mediante trattamento dietetico equilibrato ipocalorico e della riduzione dell’adiposità localizzata con mezzi farmacologici, fisioterapici e/o chirurgici.
Il trattamento riduttivo degli eccessi volumetrici localizzati del tessuto adiposo deve prevedere un’azione locale e questo perché eventuali stimoli alla lipolisi effettuati con trattamenti generalizzati (ad esempio una dieta ipocalorica) porteranno a perdita di grasso dai distretti a metabolismo normale, accentuando ulteriormente la disarmonia locale. Si osserverà, cioè, perdita di tessuto adiposo a livello del seno e del viso della nostra paziente mentre le zone di adiposità localizzata resteranno quasi inalterate.
Il trattamento locale delle adiposità localizzate prevede interventi lipolitici e interventi lipoclasici.
Interventi Lipolitici
Sono da preferire rispetto agli interventi lipoclasici perché non determinano danni tessutali, ma spesso sono insufficienti come risposta per le particolarità strutturali del tessuto adiposo. Infatti l’adiposità localizzata in eccesso può presentarsi tale o perché costituita da numerose cellule di dimensioni normali, o perché costituita da un numero di cellule normali ma di grandi dimensioni o, ancora, da un misto delle due situazioni.
Il trattamento lipolitico potrà dare risultati solo sulle adiposità ipertrofiche o sul trattamento iniziale di quelle miste e questo per la particolare tendenza che ha l’adipocita a mantenere costante il proprio volume. Infatti se stimoliamo la liposintesi intradipocitaria avremo un aumento dei grassi contenuti nella cellula fino ad un massimo oltre il quale non è possibile salire perché scompaiono sulla cellula adiposa i recettori per l’insulina, strutture presenti sulla parete cellulare che permettono l’ingresso del glicerolo necessario alla sintesi dei trigliceridi (grassi): la cellula potrà, ora, solo diminuire di volume ma non accrescersi ulteriormente. Stessa cosa avviene nel processo inverso, cioè nell’eccessiva riduzione dei grassi intracellulari. Ne consegue che qualunque nostra azione per variare la volumetria dell’ adipocita sarà annullata al variare delle condizioni ambientali dello stesso. E cioè l’azione lipolitica porterà a diminuzione dell’adiposità ipertrofica o mista fino al volume normale dell’ adipocita, riduzioni ulteriori avranno solo un risultato transitorio e scompariranno alla sospensione dell’azione lipolitica.
I trattamenti lipolitici prevedono l’attivazione del metabolismo del tessuto adiposo. Essi sono :
– La Mesoterapia Allopatica
– La Mesoterapia Omotossicologica
– L’Elettrolopolisi
– La Carbossiterapia
Questi trattamenti risolvono un’adiposità localizzata ipertrofica e migliorano un’adiposità localizzata iperplastica preparandola ad un miglior risultato con eventuali trattamenti lipoclasici.
Interventi Lipoclasici
Quando il trattamento lipolitico e’ inutile o insufficiente. E’ necessario effettuare un trattamento con mezzi lipoclasici.
I trattamenti lipoclasici sono sia medici che chirurgici e sono attualmente rappresentati da:
– la liposuzione
– l’ idrolipoclasia ultrasuonica
– l’ossigeno-ozonoterapia
I mezzi lipoclasici determinano un danno tessutale che porta a diminuzione del volume in eccesso. Il mezzo più rapido, anche se ovviamente il più traumatico, per eliminare il tessuto adiposo è dato dalla liposuzione.
Questa e’ un intervento chirurgico basato sull’aspirazione del grasso frantumato da una cannula a punta smussa.
Il vantaggio della liposuzione rispetto ai mezzi medici e’ dato dalla rapidità con la quale si ottiene il risultato, ma la metodica richiede una esperienza, un ambiente ed un’assistenza chirurgica. L’alternativa medica alla liposuzione è oggi l’ idrolipoclasia ultrasuonica. Questa metodica prevede l’infiltrazione dell’adiposità localizzata con soluzioni al fine di aumentare notevolmente e in modo parcellare la massa liquida del tessuto. Successivamente si applicano gli ultrasuoni a 3 MHz e a 6 Watt/cmq che determinano danno da cavitazione (continua formazione ed esplosione di microbolle di vapore).
Va ricordato che questa terapia, come tutti gli interventi lipoclasici, non determina solo la distruzione degli adipociti ma di tutto il materiale biologico interessato al trattamento.
L’ossigeno-ozonoterapia, che però presenta numerose perplessità, prevede l’introduzione di questa miscela gassosa nel tessuto in eccesso. I radicali liberi dell’ossigeno che si formano per decomposizione di questa miscela determinano una lipoperossidazione delle membrane biologiche con danno e frammentazione delle stesse.
Anche in questo caso va ricordato che l’azione lesiva dei radicali liberi non agisce solo sugli adipociti ma su tutte le membrane cellulari con danno di ogni tipo di cellula.
Riassumendo
Da quanto esposto risulta che il trattamento dell’adiposità localizzata deve essere affrontato con le seguenti tappe:
a) normalizzazione dell’eventuale eccesso adiposo generale con dieta (Cronodieta) e attività fisica;
b) attivazione della lipolisi con mesoterapia , con elettrolipolisi o con la carbossiterapia.
c) trattamento lipoclasico con ILCUS, liposuzione o infiltrazione di ossigeno-ozono per diminuire definitivamente le volumetrie in eccesso. Ai trattamenti clasici è utile far seguire
PANNICULOPATIA EDEMATO-FIBRO-SCLEROTICA
In questa situazione clinica rileveremo le alterazioni clinico-strumentali caratteristiche di questa microangiopatia.
Trattamento
Il trattamento terapeutico sarà modulato in funzione dei risultati strumentali:
– se all’esame doppler del circolo venoso si riscontrano alterazioni della funzionalità valvolare responsabili dell’insufficiente ritorno venoso, si imposterà prima di ogni altro intervento un programma di correzione chirurgica. Sarebbero, infatti, inutili i trattamenti medici e fisioterapici in presenza di una ipertensione venosa da danno anatomico;
– in caso di esame doppler negativo il trattamento terapeutico sarà impostato sulla base dei risultati ecografici (Ecografia del Tessuto Adiposo), ricordando che il danno strutturale potra’ essere corretto terapeuticamente nella fase edematosa e nello stadio iniziale della risposta fibrotica: nulla potrà essere variato quando la risposta connettivale avrà raggiunto la fase sclerotica o scleronodulare.
Il trattamento terapeutico si avvarrà di interventi farmacologici abbinati ad interventi fisioterapici. Per via mesoterapica (Mesoterapia) si utilizzano farmaci flebotropi ed antiedemigeni nel primo stadio e farmaci fibrinoliti nel secondo stadio.
E’, in questo caso, quasi obbligatoria la somministrazione locale e questo perché i farmaci somministrati per via sistemica prevedono la veicolizzazione nei punti d’azione attraverso la via ematica, in caso di PEFS esiste un rallentamento circolatorio nei punti da trattare e, conseguentemente il farmaco può raggiungere con difficoltà la zona dove e’ richiesto.
Di aiuto al trattamento farmacologico sono le metodiche fisioterapiche che migliorano la progressione del sistema linfatico riducendo l’edema tessutale (Drenaggio Linfatico).
La carbossiterapia permette vasodilatazione e liberazione dei dispositivi di blocco che regolano il flusso del microcircolo e riduzione dell’ affinità dell’ emoglobina per l’ ossigeno e conseguente aumentato rilascio dello stesso, per questo riconosce un’utilità nel trattamento delle prime fasi della PEFS.
Anche l’elettrolipolisi riconosce, negli ultimi studi, la possibilità di essere utilmente utilizzata per ridurre l’edema nella PEFS. Il meccanismo di azione è ancora oggetto di verifica anche se i risultati strumentali positivi portano ad inserirla nel protocollo di trattamento della PEFS.
E’ da ricordare, infine, che le terapie descritte daranno risultati transitori od inutili se non accompagnate da una rieducazione delle scorrette norme comportamentali e di igiene di vita alla base dell’alterazione della circolazione venolinfatica degli arti inferiori.
In particolare si dovrà agire sui fattori predisponenti e sui fattori scatenanti curando l’alimentazione, l’assunzione di farmaci, gli stimoli stressogeni, la regolarità dell’alvo, il tipo di calzature e di abbigliamento, l’ambiente e il tipo di lavoro e, soprattutto, l’attività motoria degli arti inferiori.
Da quanto esposto l’operatività pratica nel trattamento della PEFS prevede:
a) eliminazione delle cause scatenanti e, per quanto possibile, delle predisponenti l’insufficienza venolinfatica degli arti inferiori
b) attivazione del circolo linfatico con DL manuale o meccanico
c) trattamento farmacologico locale ad azione flebotrofica, antiedemigena e fibrnolitica
d) miglioramento degli scambi microcircolatori con carbossiterapia
e) possibile uso dell’elettrolipolisi come azione antiedemigena
La cellulite: metodiche di trattamento
LE METODICHE DI TRATTAMENTO
elettrostimolazione
carbossiterapia
drenaggio linfatico
idrolipoclasia ultrasonica
ettrolipolisi
liposuzione
mesoterapia
ossigeno-ozonoterapia
La cellulite: classificazione della cellulite
L’inestetismo su esposto può essere attribuito a quattro diverse condizioni:
1) ACCENTUAZIONE DEL NORMALE HABITUS GINOIDE
Questa condizione, ereditaria e supportata da una particolare struttura ossea del bacino, non esprime uno stato patologico ma determina soltanto una disarmonia della figura non accettata dai canoni estetici della moda di oggi.
Si ha un divario più o meno importante tra il diametro bitrocanterico e quello biomerale. L’eccesso volumetrico della faccia supero-esterna della coscia è sostenuta dal grande trocantere del femore: è quindi impossibile ridurre questo inestetismo localmente.
2) IPOTONIA MUSCOLARE
In questo caso la diminuzione del volume muscolare dovuto ad una non corretta stimolazione determina caduta del gluteo sulla parte posteriore della coscia con fuoriuscita laterale di un eccesso volumetrico di tessuto a livello della faccia supero-esterna della coscia.
3) ECCESSO DI ADIPOSITA’ LOCALIZZATA
Alcune volumetrie del tessuto adiposo condizionate dall’azione degli ormoni estrogeni, entro certi limiti, debbono essere considerate come una presenza normale. Infatti, esse svolgono un ruolo estetico nel corpo femminile mascherando le salienze ossee e le sporgenze muscolari. Un trattamento delle adiposità’ localizzate e’ richiesto solo in caso di notevole eccedenza.
Le zone di adiposità localizzata nel distretto inferiore del corpo femminile sono individuabili a livello dei glutei, dell’addome, dei fianchi, della faccia supero esterna della coscia e al ginocchio, medialmente. In tali distretti, il tessuto adiposo tende a consolidarsi perché, mentre è regolare l’azione di liposintesi non lo è quella di lipolisi, inibita localmente dall’attività estrogenica. Stimoli alla lipolisi effettuati con trattamenti generalizzati (una dieta ipocalorica) porteranno a perdita di grasso dai distretti a metabolismo normale, accentuando ulteriormente la disarmonia locale.
Si osserverà la perdita di tessuto adiposo a livello del seno, del viso mentre le zone di adiposità localizzata resteranno quasi intatte. Una perdita di tessuto può riguardare anche gli organi interni: se si realizza a carico della capsula adiposa renale si può verificare ptosi renale e inginocchiamento dell’uretere.
L’adiposità localizzata in eccesso può essere costituita da numerose cellule di dimensioni normali (iperplasia), da un numero normale di cellule di grandi dimensioni (ipertrofia), da un misto delle due situazioni. Il trattamento lipolitico potrà dare risultati soprattutto sulle adiposità localizzate che, dal punto di vista istomorfologico, presentano una situazione ipertrofica: è utile anche nel trattamento iniziale delle forme miste e questo per la particolare tendenza che ha l’ adipocita a mantenere costante il proprio volume. Se stimoliamo la liposintesi intradipocitaria avremo un aumento del volume del vacuolo adiposo intracellulare fino ad un massimo. Oltre tale valore non è possibile che si verifichi un ulteriore aumento volumetrico dell’ adipocita perché scompaiono sulla cellula i recettori per l’insulina. Dalla interazione dell’insulina con tali recettori si realizzano diversi effetti biologici quali quelli a carico del metabolismo lipidico. L’insulina esplica un effetto inibitorio, all’interno dell’ adipocita, sulla lipasi che catalizza l’idrolisi dei trigliceridi. Inoltre, gran parte della captazione del glucosio mediata dall’insulina a livello adipocitario viene utilizzata per la formazione di alfa-glicerofosfato che è indispensabile per l’esterificazione degli acidi grassi che potranno, così, essere utilizzati per la biosintesi dei trigliceridi.
Una volta scomparsi i recettori per l’insulina, la cellula non potrà accrescersi ulteriormente ma potrà solo diminuire di volume. Nel processo inverso la riduzione del vacuolo intracellulare adipocitario non potrà scendere sotto certe dimensioni minime. Ne consegue che qualunque nostra azione per variare la volumetria dell’ adipocita sarà limitata. L’azione lipolitica porterà ad una diminuzione dell’adiposità ipertrofica o mista fino al raggiungimento da parte dell’ adipocita del volume minimo possibile. Riduzioni ulteriori avranno solo un risultato transitorio e scompariranno alla sospensione dell’azione lipolitica indotta dal nostro intervento terapeutico distrettuale.
La corretta diagnosi citomorfometrica dell’adiposità localizzata rappresenta un elemento essenziale per programmare un approccio terapeutico adeguato. Tale tipo di diagnosi si può effettuare solo con un esame istologico. Purtroppo il prelievo bioptico è un’indagine particolarmente traumatica e poco accettata dal paziente. Sommariamente, tale pratica diagnostica può essere sostituita dalla valutazione anamnestica dell’epoca d’insorgenza dell’adiposità e dal tasso insulinemico (meglio se valutato dopo carico glucidico).
La comparsa dell’eccesso volumetrico nel periodo prepuberale, quando le cellule grasse tendono a moltiplicarsi, depone per un adiposità di tipo iperplasico e un tasso insulinemico alto indica la scomparsa dei recettori per quest’ormone sull’ adipocita, situazione che si verifica quando la cellula ha raggiunto le sue massime dimensioni possibili (adiposità ipertrofica ). Si realizza quanto è di frequente riscontro nell’obesità, la cosiddetta down regulation o internalizzazione recettoriale. Si tratta di un processo di endocitosi. Il numero dei recettori si riduce perciò l’insulina rimane inattiva nel circolo.
L’ insulinoresistenza non è dovuta solo alla down regulation ma anche ad una diminuita sensibilità delle subunità alfa dei recettori per l’insulina e ad una difettosa trasduzione del segnale da parte delle proteine omologhe della parete cellulare deputate all’attivazione dell’ adenilciclasi, ad una difettosa trasduzione del segnale a livello post-recettoriale,alla comparsa di autoanticorpi (anticorpi anti-recettore, anticorpi anti-insulina ).
4) PANNICULOPATIA EDEMATO-FIBRO-SCLEROTICA
Un’affezione degenerativa a carattere evolutivo del tessuto sottocutaneo dovuta ad alterazioni del microcircolo.
Si sviluppa su un substrato costituzionale legato a tutta una serie di fattori predisponenti e scatenanti.
Un ringraziamento speciale
all’ autore e redattore dell’ articolo: Enrico De Stefani