Come discusso precedentemente, un importante risvolto dell’allenamento è quello dell’adattamento e quindi dei ritmi derivati durante tale condizione.
È risaputo che il corpo cerchi di divenire sempre più efficiente nel svolgere un lavoro, attraverso l’utilizzo della minor quantità di tessuto muscolare possibile per realizzarlo.
In effetti, per costruire nuovo muscolo, dobbiamo trovarci in presenza di uno stress inusuale, ossia, di un programma di allenamento diverso da ciò che il nostro organismo è
abituato ad eseguire normalmente.
La ragione per cui il corpo diviene così resistente e riluttante a guadagnare nuova massa muscolare (questo diventa particolarmente vero negli atleti avanzati) è data dal fatto che è in grado di stabilire un bioritmo basato sugli stimoli e le risposte che ne derivano. Il nostro organismo è in grado di imparare velocemente a riconoscere uno dato stimolo come “tipico” (ad esempio allenarsi al momentaneo cedimento muscolare ogni “x” giorni per “Y” serie). Se il ritmo (omeostasi) non viene disturbato o forzato verso nuovi livelli, cioè oltre a ciò che è tipico, come ad esempio raddoppiando il volume o la frequenza, o provando nuovi esercizi, nuove attrezzature, o metodologie di lavoro, ci sono poche ragioni, per il nostro organismo, di cambiare, e quindi, aumentare la massa muscolare.
Lenti aumenti dei carichi di lavoro, per esempio, diventano progressivamente inadatti al fine di condizionare la crescita di nuova massa muscolare. Il primo adattamento organico al lavoro con i pesi si concreta generalmente in un miglioramento delle capacità neuromuscolari di attivazione delle catene muscolari allenate e utilizzate in un dato movimento.
Quindi, se non viene creata nuova massa muscolare da allenamento ad allenamento e tuttavia
progrediamo attraverso l’incremento della forza muscolare, questo significa che stiamo assistendo all’instaurarsi di un nuovo ritmo (adattamento) oppure abbiamo
raggiunto il nostro massimo potenziale genetico, accompagnato da migliori capacità neuromuscolari.
Il cambiamento dei ritmi costituiti richiede uno stimolo estremamente forte e inusuale, come ad esempio un aumento del volume, allenarsi più frequentemente o duramente (se non ci alleniamo già fino al momentaneo cedimento muscolare).
E’ importante inoltre notare che dal momento che l’alterazione sia della dieta che dell’allenamento può influenzare i nostri bioritmi, come ad esempio le nostre capacità di recupero locale e sistemico, diviene necessario considerare sia le influenze positive che quelle negative quando stendiamo il nostro piano di lavoro. Parlando di esercizio, l’aumento in volume può essere benefico per indurre crescita muscolare, ma
dobbiamo tenere presente che se è mantenuto troppo a lungo potrebbe portarci velocemente ad una situazione di sovrallenamento. Messo in un altro modo, se la domanda diventa troppo grande per troppo tempo, ciò che ne potrebbe derivare è il progressivo deterioramento dell’organismo.
Dovrebbe quindi essere chiaro, a questo punto, che esiste un’importante differenza tra ciò che può essere tollerato per brevi periodi di tempo e ciò che invece può essere tollerato per lunghi periodi.
Concludendo, per portare il nostro organismo a nuovi livelli di adattamento è necessario variare i nostri schemi di lavoro attraverso metodologie che aumentino i livelli di stimolo (aumento della domanda totale) in modo da forzare i muscoli a rispondere attraverso la loro crescita, o il sistema cardiovascolare a diventare più efficiente.
Allenarsi sempre nello stesso modo risulta essere insufficiente, dal momento che il corpo su lunghi periodi di tempo si adatta inesorabilmente a qualsiasi schema fisso.
Articolo tratto dal mio libro: ” L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio “
Enrico Dell’olio,
Personal Trainer & Heavy Duty and Nutritional Expert